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-30% DI TERRA COLTIVATA A FRUMENTO

Prosegue l’intervista a Ignazio Gibiino sulla situazione siciliana.

Prosegue la chiacchierata con Ignazio Gibiino, Vice Presidente regionale di Coldiretti Sicilia e Presidente provinciale di Agrigento, agricoltore e produttore di grano duro nelle campagne dell’agrigentino (leggi la prima parte). In questo articolo Ignazio Gibiino (nella foto) ci racconta la sua stagione del grano duro e la difficile situazione della Sicilia.

Ci racconti la realtà della sua azienda…

La nostra è una azienda di circa 150 ettari: coltiviamo frumento duro ma anche leguminose, foraggere, uva da tavola, pesche, noci e mandorle. Ci troviamo in una zona irrigua ma le condizioni ambientali e territoriali non consentono l’irrigazione dei seminativi: l’acqua è poca anche per le colture di pregio.

Come è andata la stagione?

In Sicilia l’annata è stata disastrosa: tutto sommato la mia zona è un’oasi quasi felice, anche se abbiamo registrato il 40% di produzione in meno rispetto all’anno scorso. Ci sono zone interne, più argillose e collinari, in cui le trebbie non sono state nemmeno messe in moto. Si tratta di un dramma nel dramma, perchè sul mercato gli agricoltori riscontrano prezzi bassissimi. Ormai in Sicilia siamo in pochi a voler proseguire con la coltivazione del grano duro.

Con le quotazioni sotto i 30 centesimi e i costi di produzione alti che si sono avuti negli ultimi 3 anni, le aziende finiscono sul lastrico. Servirebbe una operazione rivoluzionaria che portasse alla strutturazione di filiere funzionanti, in grado di garantire la giusta remunerazione all’agricoltore.

La sua azienda aderisce ad un contratto di filiera?

Ancora no, putroppo in Sicilia ce ne sono pochi, anche a causa di un diffuso individualismo. Questo è uno dei maggiori problemi per l’agricoltura regionale: molte aziende non sono attrezzate con strutture di immagazzinamento e devono fare riferimento a centri di stoccaggio, dovendo sostenere costi di trasporto e immagazzinamento che erodono ancor più il margine reddituale. Se, ad esempio, il grano è a 30 centesimi, all’agricoltore ne vengono garantiti 27…

Ci sono realtà di piccoli consorzi che, però, non funzionano al meglio. A livello regionale, una soluzione su cui stiamo lavorando è la creazione di un polo di immagazzinamento e di stoccaggio gestito dagli agricoltori che possano proiettarsi verso contratti di filiera, una filiera 100% italiana e che possa dare il giusto valore al prodotto.

In tanti, quindi, abbandonano il frumento…

Si, purtroppo negli ultimi anni abbiamo perso almeno il 30% degli etteri coltivati a frumento nella nostra Regione. Si tratta di una stima dello scorso anno: un calcolo fatto oggi rischia di essere ancor più negativo. Non c’è neanche un effetto di sostituzione, perchè neanche la coltivazione del foraggio è conveniente: allora i terreni vengono abbadonati e questo è causa di incendi, smottamenti, incuria di territori prima custoditi dagli agricoltori.

Molte aree della Sicilia oggi vivono una realtà di spopolamento, in cui i giovani vanno in cerca di fortuna al Nord Italia o all’estero. Neanche le politiche dei sostegni europei riescono più a convincere i giovani a reinsediarsi in agricoltura, per i tempi e le lungaggini burocratiche esasperanti.

Da un lato il clima, dall’altro il mercato…

Purtroppo assistiamo ad una realtà disarmante: per le condizioni climatiche che stanno mandando sul lastrico molte aziende, per i costi di produzione esasperati, per le importazioni sfrenate. Il grano russo arriva indisturbato e senza passare dalle dogane, con piccoli porti in cui arrivano navi a scaricare partite provenienti da paesi stranieri. Gli agricoltori, purtroppo, non sono in grado di competere con questo sistema. E’ necessario che si mettano in gioco i grandi mulini, i grandi pastifici, insomma l’industria: o andiamo tutti nella stessa direzione o siamo costretti a chiudere, con la conseguente perdita di un tessuto sociale rilevante per il nostro paese.

La coltivazione del frumento in Italia è fatta di diversificazione di specie, biodiversità, produzioni tipiche, non di massa, che il resto del mondo apprezza. Tutto questo dovrebbe essere valorizzato: purtroppo il sistema globalizzato delle commodities non è adeguato per la nostra realtà.

Autore: Azzurra Giorgio

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