Scopri le proposte per la nuova PAC nel mercato del grano. Un'intervista esclusiva con Deborah Piovan di Confagricolatura.
Home » 3 PROPOSTE PER UNA NUOVA PAC

3 PROPOSTE PER UNA NUOVA PAC

Intervista a Deborah Piovan

Abbiamo parlato con Deborah Piovan, Presidente della Federazione Nazionale di Prodotto (FNP) Proteolaginose di Confagricolatura, di PAC e mercati. Con le sorelle, gestisce un’azienda agricola in provincia di Rovigo dedicata a cereali, barbabietola, soia, colza, pisello e noce da frutto. Al frumento dedica circa 200 ettari: coltiva soprattutto grano tenero da seme e una parte minore di grano duro.

Da cosa dipendono le vostre scelte di semina?

«Dall’anno scorso il premio PAC si è dimezzato, purtroppo bisogna partire da questo. Perciò è importante cercare le altre opportunità, seppur scarse, offerte dalla politica agricola…gli ecoschemi sono tra queste e dall’anno scorso vi abbiamo aderito. Le nostre scelte, quindi, si basano sulla PAC e sugli ecoschemi, in particolare l’ecoschema 4 per le colture estensive. Siamo, infatti, obbligati al set aside: in ogni caso, l’alternativa proposta dalla Commissione è poco applicabile perchè lascia le colture senza difese. Poi, ovviamente, si guarda al mercato: noi cerchiamo di stare il più possibile in filiera, questo ci aiuta ad avvicinarci al mercato e ad agire in modo coordinato con esso».

Come è andato il primo anno?

«Ci sono stati grossi problemi con gli ecoschemi: per il 4, in particolare, il premio indicativo stimato si è praticamente dimezzato a causa dello splafonamento. Questo sulle colture estensive fa la differenza! In più, per le colture per cui stipuliamo contratti di assicurazioine agevolata, la restituzione sarà molto più bassa del previsto, causando costi incrementali. In sintesi, l’annata trascorsa, purtroppo, ha visto esborsi ben maggiori e incassi ben minori del previsto».

Quali previsioni per il 2024?

«In termini di clima, nelle nostre zone la stagione per ora è favorevole. I mercati sono piuttosto depressi, non mi aspetto grosse impennate nè prezzi particolarmente interessanti. Sarà un’annata di sfide ma anche interlocutoria: le proteste di queste ultime settimane mi paiono epocali. Ho avuto già occasione di dichiarare che non le condivido nel metodo, così come non condivido alcune richieste che poco hanno a che fare con i problemi dell’agricoltura (dal tema della farina di insetti a quello della carne coltivata). Quello di cui abbiamo bisogno è che la politica europea e nazionale si concentrino sui reali problemi dell’agricoltura».

Cosa vede dietro le proteste?

«Non mi stupiscono, le stavo aspettando: sin da quando è stata pubblicata la Farm to Fork ho dichiarato che sarebbe stata un bagno di sangue: non è stata scritta pensando ai produttori e neanche ai consumatori. Chi dovrebbe produrre il cibo per gli europei se non si consente agli agricoltori europei di difendere le piante che coltivano? Puntare sul biologico non può essere la risposta, visti i problemi di produttività. E, allora, dovranno aumentare le importazioni…ci sono studi scientifici che dimostrano una correlazione tra l’incremento delle importazioni in Europa e la deforestazione nei paesi da cui importiamo: parliamo di circa 12 miln di ettari di foreste che dagli anni ’90 ad oggi sono sorte in Europa mentre sono calate di una superficie equivalente nei paesi da cui importiamo. E’ importante che i consumatori europei sappiano che più generiamo un calo produttivo in Europa, più deforestiamo e siamo responsabili di perdita di biodiversità e aumento di gas serra in quei paesi. Rinunciare alla produttività in Europa ha un impatto ambientale»!

In sintesi, ci dia 3 punti per lei prioritari per rinnovare la PAC

«1. Abbattimento degli oneri burocratici a carico delle aziende e dei CAA: deve essere dirompente, bisogna riformare alla base il sistema degli adempimenti e dei controlli.

2. Accelerazione nei pagamenti PAC; quest’anno, in particolare, sono tardati.

3. Incremento del fondo di sovranità alimentare che ad oggi ha due limiti forti: innanzitutto è limitato dal regime de minimis e, poi, premia solo gli ettari incrementali delle colture ammissibili. Penalizza le aziende medio grandi e non spinge all’obiettivo di crescita della quota di autoapprovvigionamento che il continente si è posto da anni, soprattutto in proteine per l’alimentazione animale».

Per concludere, cosa ci dice delle importazioni di grano?

«Sulle notizie dell’incremento dell’import dalla Russia, non ne conosco i motivi; di certo, qualità e sanità dei prodotti andrebbero indagate poichè gli standard qualitativi non sono gli stessi del nostro paese. In merito alle importazioni dal Canada, poi, è importante ricordare che l’Italia non è autonoma in termini quantitativi, nè tutti gli anni la qualità delle nostre produzioni è adeguata per le esigenze della pastificazione. Le importazioni, quindi, sono comprensibili, così come è dimostrato che il glifosate non ponga pericoli per la salute. Poi, se riduciamo l’import canadese in favore di quello russo, allora non si comprende bene il senso…
Infine, sulla reciprocità delle condizioni…andrebbe richiesta, sebbene difficilissima da ottenere: di certo, non possiamo accontentarci di controlli cartacei su questo tema».

Autore: Azzurra Giorgio

Puoi seguirci anche sui social, siamo su Facebook e Instagram

Iscriviti alla nostra Newsletter e al servizio Whatsapp!

Cliccando "Accetto le condizioni" verrà conferito il consenso al trattamento dei dati di cui all’informativa privacy ex art. 13 GDPR.

Informativa sulla Privacy

Informativa sulla Privacy - WhatsApp

* Campo obbligatorio