Tanti sono i patogeni fungini che possono attaccare la pianta di frumento causando danni economici e igienico-sanitari. Abbiamo chiesto a Claudio Cristiani, responsabile agronomico Ricerca e Sviluppo di CAI – Consorzi Agrari d’Italia, di illustrarci le principali malattie fungine del frumento, insieme ai metodi di difesa innovativi diffusi tra gli agricoltori.
Partiamo dalla semina: quali patogeni fungini sono pericolosi per il frumento?
«Vi sono patogeni che attaccano il seme o le giovani plantule, danneggiando la pianta nella sua parte basale e nelle prime fasi di sviluppo. Si tratta del cosiddetto complesso del mal del piede, determinato da diversi agenti, presenti singolarmente o insieme a seconda delle condizioni ambientali. Nei casi più gravi la malattia porta alla morte delle giovani plantule a causa dell’ostruzione dei vasi linfatici.
La concia del seme è un metodo di lotta fondamentale: oltre a quella con prodotti chimici, sempre più si diffondono semi conciati con prodotti biologici a base di funghi antagonisti ai patogeni, con risultati del tutto similari ai metodi tradizionali. Non si deve dimenticare, poi, che evitare la monosuccessione è fondamentale, come ci dice anche la nuova PAC: è bene inserire in rotazione colture da rinnovo come barbabietola da zucchero, erba medica, soia, orticole varie».
Quali sono le principali minacce per la fase di levata nei nostri areali?
«In questa fase una grave minaccia per il frumento è il complesso della septoriosi che attacca sia le foglie che le spighette e, in casi gravi, può arrivare a distruggere completamente l’apparato fotosintetico, con rischi di perdite fino al 50% della produzione. In genere la malattia si presenta ad inizio levata, ma la maggiore pericolosità si ha alla fine di questa fase, quando il fungo colpisce le ultime foglie, quelle destinate ad alimentare la spiga.
Qui in Italia e in Europa i mezzi chimici la fanno ancora da padrone rispetto a quelli biologici per la maggiore efficacia, sono le famiglie delle stobilurine, degli SDHI e dei triazoli. Ovviamente anche le pratiche agricole sono importanti, come evitare la monosuccessione, le semine troppo fitte e squilibrate concimazioni azotate».
Quali sono le pratiche innovative messe in atto dagli agricoltori?
«Negli ultimi tempi sono stati fatti passi da gigante con l’agricoltura di precisione, il precision farming per prevedere se e quanto questa malattia possa creare dei danni in un certo ambiente. All’interno di modelli previsionali digitali, gli algoritmi matematici prendono in esame dati agro-meteorologici come le temperature e l’umidità relativa rilevati da centraline in campo e forniscono agli agricoltori le indicazioni su dove e come intervenire, ovvero se e quando effettuare i trattamenti di difesa.
Fino a pochi anni fa non si applicavano parametri di precisione, con i trattamenti a calendario: oggi questi strumenti consentono una riduzione importante degli interventi in ottica di sostenibilità sia economica che ambientale. In CAI abbiamo i nostri modelli a cui si affidano agricoltori su grandi superfici seminate a frumento e riescono ad ottenere dei risparmi notevoli».
E in fioritura che rischi ci sono?
«Le spighette subiscono l’attacco di diversi agenti patogeni che afferiscono al complesso della fusariosi della spiga, malattia che ha implicazioni sia quantitative che qualitative sulla produzione. Le cariossidi striminzite, con peso specifico inferiore, determinano una perdita di produzione per l’agricoltore rispetto a un frumento sano, e le possibili contaminazioni da micotossine rendono invendibile la merce che, superate certe soglie, viene declassata a grano foraggero. L’attenzione è massima soprattutto in annate piovose durante il periodo di spigatura; i rischi sono maggiori per il frumento duro, più sensibile e contaminabile rispetto al tenero: i controlli sono una pratica diffusa tra chi conserva e riceve la merce, come avviene ad esempio nei nostri centri di stoccaggio.
Tecnici e agricoltori sanno che devono difendersi con anticipo dalla fusariosi, innanzitutto con il trattamento chimico che va fatto ad inizio spigatura, quando il fungo non è ancora entrato all’interno del fiore; qui i metodi biologici non sono ancora così efficaci e su tale tipo di coltivazione meglio utilizzare varietà tolleranti alla fusariosi. Importantissima, poi, è la gestione agronomica: fondamentale evitare la monosuccessione così come le semine dirette dopo mais e sorgo, colture che apportano un inoculo maggiore.
Anche qui esistono modelli previsionali digitali che, però, a differenza del caso della septoriosi, rivestono una minore importanza pratica: questo a causa dell’estrema brevità del ciclo biologico del fusarium che non lascia all’agricoltore il tempo di organizzare ed effettuare i trattamenti, una volta emersa la necessità di intervento».
Quali altre malattie si riscontrano in areali specifici?
«Soprattutto in Italia del centro e del sud possiamo ritrovare con maggiore frequenza il complesso delle ruggini, con septoriosi e fusariosi che perdono di importanza. La ruggine bruna fa danni più importanti in fase di fine levata e spigatura, sull’apparato fogliare: la lotta è attuabile anche qui con modelli previsionali, sebbene si richieda maggiore tempestività rispetto al caso della septoriosi a causa del ciclo biologico più corto dell’agente patogeno.
La cosiddetta ruggine nera, infine, di origine africana, ha fatto la sua comparsa in Italia del sud sulle varietà tardive nella scorsa stagione (parliamo di Sicilia, Puglia e Basilicata), a causa dell’andamento meteorologico piovoso. Anche qui il danno primario è sulle foglie e il trattamento è simile a quello della bruna».
Autore: Azzurra Giorgio