Un giorno un collega di fronte ad un mio problema, mi rispose “fai di un problema un’opportunità” ed è quello che ritengo oggi la cerealicoltura e il mondo agricolo tutto, deve fare per salvarsi.
I problemi
Facciamo insieme una serie di considerazioni, analizzando in primo luogo i problemi in cerealicoltura:
Per questo, mi sono posto la domanda su quali possono essere le opportunità, per cercare di non arrivare a una riduzione ulteriore delle superfici cerealicole, come del resto è presumibile pensare, dopo un’annata così scarsa e una scarsa volontà di continuare a coltivare.
Le opportunità per il Sud
Cerchiamo quindi di capire quali potrebbero essere le opportunità, anche se rappresentano un palliativo ad una profonda crisi del settore:
Se guardiamo bene l’aiuto che viene garantito a colture differenti dal frumento duro, si hanno valori altamente variabili, al punto che si passa dai 44 euro per il favino ai 723 per la barbabietola da zucchero.
Considerando che opero al Sud e che è il Sud l’area in cui la flessione delle produzioni di frumento duro sono state le più rilevanti, è necessario garantire maggior redditività agli agricoltorie l’opportunità che a mio parere gli operatori dovrebbero sfruttare è quella di porre maggior attenzione ai semi oleosi (Girasole e Colza), colture per le quali sono previsti importi pari a 98,72 euro ad ettaro, ossia un contributo pari al più del doppio rispetto a quello garantito dal favino.
Perchè il colza al Sud
Analizziamo perciò quali possono essere i vantaggi e gli svantaggi di dette colture, il girasole è da sempre coltivato al Sud, ma in numerose zone ha perso interesse per il problema cinghiali e per la carenza di acqua, che rende spesso questa coltura improduttiva ed antieconomica, ma in determinati areali può ancora rappresentare un’ottima alternativa al favino.
Il colza invece ha una maggior flessibilità per quel che concerne il ciclo, potendo essere seminato anche in autunno e quindi in tal modo, in grado di sfruttare la piovosità invernale per arrivare a produzione, il che a mio parere può rappresentare “un’opportunità”, per contenere indirettamente la forte crisi del settore cerealicolo, sostituendo il favino come coltura da rinnovo.
Del resto è risaputo che il colza è una tipica coltura miglioratrice, quindi in grado di poter essere inserita in una classica rotazione, garantendo però un sostegno accoppiato maggiore, ma a questo punto qualcuno potrebbe obiettare sui costi di produzione e in tal senso, per meglio chiarire la sua utilità ho voluto fare un conto economico per dimostrarne la validità.
Qualche conto sul colza
Considerando una produzione media di almeno 25-30 ql ad ettaro ed un prezzo che a luglio 2024 era di 40.78 euro (dati ISMEA), il colza è in grado di garantire una PLV di 1225 euro circa, a cui si aggiungono i 98.72 euro di sostegno al reddito.
I costi di produzione considerando le scarse asportazioni della coltura non superano gli 800 euro ad ettaro (costi calcolati in eccesso), ma del resto oggi abbiamo a disposizione ibridi altamente performanti che garantiscono maggiori produzioni enon meno importante è la peculiarità della colza di essere resistente alla siccità e ben adattarsi ad ambienti poveri.
Complessivamente perciò a fronte di un favino, sicuramente più facile da coltivare, ritengo che il colza possa rappresentare una importante novità nel panorama delle colture da rinnovo epotrebbe rappresentare quindi un’ottima alternativa alle classiche leguminose, aiutando quindi i cerealicoltori che necessitano di nuove alternative al classico favino.
Per concludere perciò nel mio ruolo di Area Manager Sud di SIS vi invito a visitare il nostro sito www.sisonweb.com ed eventualmente contattarci per poter approfondire maggiormente i vantaggi della coltivazione del colza.
Autore: Fernando Di Chio – Sis
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