Prosegue l’analisi sul glifosate su colture erbacee. L’erbicida più utilizzato a livello mondiale, riveste una grande importanza all’interno nei sistemi erbacei anche in Europa e in Italia (leggi la prima parte dell’articolo). Continuiamo a capirne di più con l’aiuto del Prof. Aldo Ferrero, malerbologo dell’Università degli Studi di Torino.
Prof. Ferrero, che impiego viene fatto del glifosate nei sistemi produttivi che includono la coltivazione del frumento, in Italia?
«Nei sistemi colturali che includono il frumento (sistemi colturali erbacei) il glifosate viene prevalentemente utilizzato nel periodo intercolturale e in abbinamento con la falsa semina. Questa pratica prevede la preparazione del terreno per la semina, l’attesa della nascita delle malerbe, la loro successiva distruzione e, subito dopo, la semina la semina della coltura. L’erbicida trova anche ampia utilizzazione nei sistemi conservativi dove si effettua la semina diretta, senza lavorazioni, per eliminare tutta la vegetazione presente sul terreno.
Queste modalità di impiego sono principalmente legate al fatto che il glifosate, nelle applicazioni per cui viene utilizzato, consente di eliminare le malerbe che non possono venire adeguatamente controllate con altri prodotti o mezzi alternativi (es. meccanici). Oppure perché la loro applicazione darebbe luogo a dei costi non sostenibili. I limiti delle dosi di impiego nelle colture agrarie stabiliti con il rinnovo dell’autorizzazione (1,44 kg s.a./ha/anno (innalzabile a 1, 80 kg s.a./ha/anno in presenza di specie invasive) possono garantire una soddisfacente efficacia solo contro le malerbe annuali e alcune poliennali».
Quali altri impieghi esistono sulle colture erbacee in contesti extra-europei?
«Ad esclusione degli erbicidi, non vi sono pratiche, realmente alternative, usate in Paesi extra-europei, oltre a quelle già disponibili in Italia. In Europa, poi, con il rinnovo dell’autorizzazione non è possibile applicare il glifosate in pre-raccolta dei cereali, una utilizzazione già in precedenza non ammessa nel nostro Paese ».
Ricordiamo, infatti, che il glifosate viene impiegato su frumento negli areali freddi, come quelli canadesi, per sopperire ai problemi di maturazione del cereale. L’uso del prodotto, infatti, consente di ridurre il tenore di umidità della granella molto velocemente, facilitando la trebbiatura. Un obiettivo ulteriore è quello di evitare la pre-germinazione, fenomeno che limita fortemente la qualità della granella. Questo tipo di problematiche si presenta raramente nei contesti italiani e dell’Europa meridionale. Qui, infatti, la stagione della maturazione del frumento è quella più secca e calda.
E’ importante sottolineare come tante indagini, anche ad opera di associazioni di consumatori, abbiano rilevato la presenza di residui di glifosate in campioni di farina e pasta. In tutti i casi i valori erano al di sotto dei limiti di legge. Sottolineiamo, poi, che nel caso della pasta cotta con bollitura in acqua, gli eventuali residui di principio attivo sono trasferiti all’acqua di cottura stessa per l’elevata solubilità della molecola. Secondo un recente studio canadese (https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/19440049.2023.2264976) dopo appena tre minuti di cottura si ha un dimezzamento dei residui di glifosate. Dopo 15 minuti, al termine della cottura, circa il 73% dei residui del prodotto (come valore medio di tutti i campioni analizzati) si trasferisce all’acqua.