Il quadro della concimazione del frumento in questa annata agraria è particolarmente difficile: tanti agricoltori hanno dovuto saltare la concimazione di fondo, molti per ridurre le spese in un momento di grave difficoltà finanziaria, altri perchè impossibilitati dall’andamento meteorologico e messi alle strette dalla necessità di seminare. D’altra parte, da dicembre 2024 i prezzi dei concimi hanno visto una crescita rapida e consistente, lasciando spiazzati coloro che pensavano di poter recuperare con la concimazione in uscita dall’inverno. Questa, infatti, risulta fondamentale, sia nei casi in cui non si sia concimato in presemina, sia laddove le temperature basse e le condizioni non ideali del terreno in fase di germinazione abbiano causato la nascita di piantine stentate e fragili.
In questo articolo approfondiamo il tema della concimazione, focalizzandoci su quella azotata, con l’aiuto di alcuni esperti tra tecnici e operatori del settore. Lo facciamo per sottolineare l’importanza di una adeguata nutrizione dei nostri cereali, per poter offrire quantità e qualità che siano sostenibili per l’azienda agricola e per le richiese della filiera. Ci aiutano Pasqualino Simeoni (Vice Presidente del Collegio dei Periti Agrari e Periti Agrari Laureati di Rovigo) e Stefano Tagliavini, (Professore dell’Università di Modena e Reggio Emilia e Presidente del Gruppo Fertilizzanti Specialistici di Assofertilizzanti) con i contenuti affrontati in un webinar dello scorso febbraio.
Gli elementi nutritivi
Gli elementi nutritivi per gli organismi vegetali sono classificati secondo numerosi criteri; il principale e più comune è quello che distingue macronutrienti, ovvero quelli presenti in quantità superiore allo 0,01% in peso, e micronutrienti, ovvero quelli presenti nella pianta in concentrazione fino allo 0,01% in peso. I principali macroelementi sono quelli più assorbiti ma anche maggiormente limitanti le rese: azoto, fosforo e potassio. I macroelementi secondari, poi, sono in genere presenti nel terreno in quantità non limitante: parliamo di calcio, zolfo e magnesio. Infine, i microelementi o oligoelementi agiscono in quantià ridottissime e vanno a comporre gli enzimi: si tratta di boro, zinco, manganese, molibdeno, rame e ferro. Altri elementi come il silicio, il sodio, l’alluminio e il cobalto vengono assorbiti dalle piante in piccolissime quantità.
Quale concimazione?
A seconda del livello rilevato dell’elemento nel nostro sistema colturale e dell’obiettivo che ci si vuole porre, si distinguono tre i tipi di concimazione:
- Di arricchimento: in questo caso l’elemento oggetto di attenzione è presente in scarsa quantità e con la concimazione se ne aggiunge una quota, affinchè il livello diventi ottimale. Si sopperisce alle perdite e alla riduzione del livello dovuta al consumo dell’elemento. E’ il caso tipico della sostanza organica.
- Di mantenimento: in questo caso l’elemento oggetto di attenzione è presente in sufficiente quantità e l’obiettivo della concimazione è apportare la dose necessaria a bilanciare le perdite previste, ad esempio per dilavamento o fissazione nel suolo.
- Di sfruttamento delle riserve: in questo caso l’elemento è ad un livello elevato in termini di quantità ed è possibile non apportarlo, se non in dosi molto ridotte, con la concimazione.
Concimare: il ruolo dell’azoto
Tra i macroelementi, l’azoto svolge innumerevoli funzioni negli organismi vegetali: quella principale è il rappresentare il componente di base degli aminoacidi e delle proteine. Si tratta di uno degli elementi che costituiscono il materiale genetico (Dna) e che svolge nelle piante un ruolo fondamentale in processi biochimici importantissimi come la fotosintesi clorofilliana. Ciò significa che, in caso di carenza di azoto, le cellule fanno fatica a moltiplicarsi e la pianta stenta a crescere. Per questo motivo è considerato l’elemento plastico per eccellenza: esso, infatti, ha un ruolo determinante nello sviluppo della vegetazione ed è, quindi, essenziale durante tutte le fasi di crescita delle colture.
La disponibilità dell’azoto
Sebbene l’elemento sia abbondante in atmosfera, affinché venga assorbito dalle piante deve subire un processo di trasformazione da parte dei microrganismi del suolo che rendono l’elemento assimilabile dalle radici. Solo le leguminose fanno eccezione, dal momento che sono aiutate dai batteri radicali azoto-fissatori che, nell’ambito di un processo simbiontico, mettono a disposizione l’elemento in cambio di altre forme di nutrimento a loro gradite.
Nel suolo l’azoto entra a far parte di un lungo e complesso processo di modificazione chimica: gli ioni NO3- (nitrico) e NH4+ (ammoniacale), sono il primo molto solubile in acqua e il secondo molto volatile in atmosfera: lasciano, quindi, il suolo rapidamente, per lisciviazione o per gassificazione. Questi due fenomeni sono alla base dell’impoverimento dei contenuti di azoto nei suoli, insieme ovviamente alle asportazioni colturali. Essi, però, rappresentano una minaccia rilevante per la qualità delle nostre acque e dell’aria, essendo oggetto di normative ormai consolidate che tanti limiti pongono all’attività agricola affinché essa sia eseguita nel rispetto degli ambienti naturali e della salute umana.
Più nello specifico, è la forma nitrica ad essere direttamente utilizzabile dalle piante; essa è anche quella meno adsorbita dai colloidi del terreno, caratteristica questa che la rende facilmente dilavabile. La forma ureica, invece, si assorbe facilmente a livello fogliare mentre nel suolo deve attraversare un processo di nitrificazione perché sia disponibile per la pianta. Questo processo è strettamente legato alla temperatura, motivo per cui è più veloce nella stagione calda e più lento in quella invernale.
Sintomi di carenza
Nel frumento l’azoto si accumula nelle parti verdi, fino alla foglia bandiera; da questo punto in avanti va a mobilizzarsi verso gli organi riproduttivi, quindi nella cariosside. Uno dei sintomi principali della carenza di azoto si manifesta come una crescita ridotta dei germogli e delle radici, con l’effetto di avere una pianta che appare spoglia e stentata. Le foglie restano più piccole del normale e, soprattutto se sono giovani, acquisiscono una colorazione giallastra. Nel caso delle foglie adulte, invece, si nota un colore giallo aranciato e, poi, una necrosi lungo i bordi. Poichè l’azoto è un elemento molto mobile, l’andamento della sintomatologia è dal basso verso l’alto, ovvero acropeto, spostandosi l’elemento con la crescita.
Nelle foto di seguito (mostrata da Stefano Tagliavini) si vedono sulla sinistra i classici segni di carenza di azoto in frumento, rispetto a piante con dotazione ottimale sulla destra: si nota come il terreno ancora in parte visibile, ci sia un ridotto accestimento, con culmi stentati, una colorazione giallastra – soprattutto alla base, una colorazione verde più tenue ed un numero ridotto di spighe per metro quadro.

Nel frumento la carenza d’azoto ha un effetto determinante anche sul livello qualitativo delle produzioni, riducendo la formazione del glutine e delle proteine. Assieme alla genetica e alla sanità della granella, infatti, la nutrizione azotata ha un impatto fondamentale sulle qualità molitorie e deve essere oggetto di gestione attenta in base agli obiettivi di mercato che vogliamo dare al nostro grano.
Autore: Azzurra Giorgio
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