I mercati restano ribassisti per duro in entrambe le sedi in analisi, come avvenuto nella settimana precedente (LEGGI). Per tenero Milano propone quotazioni stabili ma a Bologna si registrano cali diffusi, significativi soprattutto per la merce estera. La guerra commerciale in corso genera incertezza e prospettive negative.
I RACCOLTI PROCEDONO AL MEGLIO, LA REMUNERAZIONE NO
Il mercato del grano duro ha mostrato un andamento fortemente contrastato a livello internazionale, influenzato principalmente dall’instabilità valutaria e dalle dinamiche geopolitiche. La guerra commerciale innescata dalle politiche trumpiane modifica le destinazioni privilegiate di diversi Paesi. Il Canada resta il principale fornitore Ue in questo frangente, qui nonostante il prezzo sia cresciuto in valuta locale, la flessione del cambio ha determinato un calo in euro. Anche negli Stati Uniti, il prezzo in dollari è rimasto stabile, ma ha subito una diminuzione in euro per effetto del rafforzamento della moneta unica. A livello europeo, si osservano progressi positivi dei raccolti in Spagna, Francia e Grecia, ma si percepisce in tutte le piazze un clima di incertezza commerciale.
In Italia, mentre gli scambi per il prodotto nazionale restano minimi, le borse merci hanno registrato un generalizzato ribasso, maggiore nelle piazze del sud Italia. A Milano si ufficializza un -2 €/t e a Bologna un -4. Ancor più pesanti Bari e Foggia, che segnano ribassi tra i 6 e gli 8 €/t. Le cause, oltre al difficile contesto geopolitico, risiedono nella vicinanza del nuovo raccolto e nelle buone prospettive produttive sia in Italia, specie al Sud, sia in Canada. La Cia Agricoltori Italiani, tramite il suo vicepresidente Gennaro Sicolo, lancia l’allarme su una crisi strutturale che rischia di compromettere la sostenibilità della cerealicoltura nazionale, richiedendo misure urgenti per tutelare la filiera e promuovere il consumo di grano 100% italiano.
LA GUERRA COMMERCIALE FA MALE A TUTTA LA FILIERA
Dinamiche simili intaccano il mercato del tenero, che vede i prezzi esteri in forte calo a Bologna per il crollo del dollaro, a cui è legato strettamente anche il dollaro canadese, avvenuto in seguito all’annuncio dei dazi statunitensi. Anche questa coltivazione sembra procedere al meglio negli areali nazionali, aumentando la possibile disponibilità futura. Vi sono anche le preoccupazioni per il ritorno dell’offerta russa e bielorussa, dovuto al possibile accordo di pace duratura e dalla richiesta di rimozione dei dazi. Queste dinamiche portano in calo il prezzo del prodotto nazionale a Bologna, -2 €/t per tutte le voci eccetto il di forza che propone un calo maggiore, come consueto motivato dalla maggior disponibilità, pari a -4 €/t. In calo anche i futures, sia a Parigi sia a Chicago.
In sostanza il contesto economico scaturito dalla guerra commerciale fa male a tutti gli attori della filiera, dai produttori, colpiti dai cali a listino, agli investitori nei titoli finanziari di settore. L’allarme arriva anche dai trasformatori di Italmopa. Il presidente Andrea Valente non usa mezzi termini: “Siamo colpiti direttamente e indirettamente. Non solo sulle nostre farine e semole esportate, ma su tutto il Made in Italy alimentare. A rischio anche le importazioni di materia prima, di cui siamo strutturalmente deficitari”. Nel 2024 l’export italiano verso gli Usa aveva toccato le 46.500 tonnellate, +24% sul 2023. Ora, tutto torna in discussione.
Puoi seguirci anche sui social, siamo su Facebook, Instagram e Linkedin