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REAGIRE ALLA DEBOLEZZA DEL GRANO DURO

Investire nella filiera è fondamentale per sostenere il reddito

Alessandro Desilvestri, Amministratore Delegato di Molini Certosa,  racconta a Grano italiano quanto sia necessario per gli agricoltori italiani produrre un  grano unico e di valore, differente dalla granella convenzionale che è possibile ritrovare anche all’estero: la chiave di volta è investire in tecnologia e competenze, nonchè aderire a contratti di filiera che valorizzano la granella grazie alle pratiche di sostenibilità o di garanzia di provenienza. Certamente non è un percorso facile da intraprendere per i cerealicoltori: con il tempo, però, ripaga gli sforzi degli operatori in termini di stabilità dei redditi e di premialità sul prezzo.

Quali vantaggi di fronte agli impegni per gli agricoltori?

«E’ vero che aderire alle filiere presenta delle complessità, gli agricoltori devono attrezzarsi ed essere pronti a investire. Le spese e l’impegno però, garantiscono stabilità nel lavoro e una premialità sul prezzo della granella. Entrare in filiera vuol dire accedere all’unico meccanismo che garantisce più valore in un mercato che, anche per noi, è assolutamente imprevedibile. Le componenti che hanno impatti sui livelli di prezzo sono tante e non controllabili: ho parlato prima degli eventi meteorologici, ad esempio.

Se, però, un agricoltore si lega a una filiera, potrebbe avere una maggiore tranquillità e una sicurezza sulla sua attività, perché gli viene garantito uno sbocco sul mercato a condizioni note già al momento della semina. A giovarsene ci sono il produttore, il mulino, ma anche l’industria che ha bisogno di materia prima coltivata, prodotta e macinata secondo regole qualitative ben precise. Lo capiscono anche i nostri clienti che, sempre più, sono orientati a dare valore aggiunto all’origine delle catene del valore».

Che significa “attrezzarsi” per un agricoltore?

«Sicuramente è importante, per chi produce grano, avere un’adeguata capacità di stoccaggio e dotarsi di mezzi e strutture con un buon livello di tecnologia. Inoltre, è bene avere competenze di gestione della qualità che noi richiediamo, anche in base ai requisiti della filiera. Da questo punto di vista, anche le pratiche di coltivazione possono essere fondamentali, come nelle filiere che puntano sulla sostenibilità.

Bisogna, poi, essere disponibili a sostenere audit di controllo, in particolare sugli aspetti igienico-sanitari e di segregazione della materia prima. Anche la tracciabilità è fondamentale: in questo senso la tecnologia può aiutare i produttori a tenere traccia di tutte le operazioni effettuate, dalla semina allo stoccaggio della granella. Insomma, è importante “fare le cose per bene”».

Ci diceva del mercato imprevedibile: anche il grano duro da segni di debolezza, come si reagisce?

«L’Italia si conferma tra i principali produttori mondiali di grano duro e, oltre ai granai di Puglia e Sicilia, sembra esserci sempre più, anche qui al Nord, la volontà di dedicare superfici a questa coltura. Questo fenomeno di aumento superfici dedicate per il grano duro, però, sta accadendo anche in altri paesi europei come quelli dell’Est. Ogni anno le aree seminate aumentano e questo significa che l’offerta sui mercati è elevata. Se la granella italiana non si saprà far notare, in questo contesto, allora la guerra sarà solo sul prezzo e anche i valori nazionali saranno al ribasso.

E’ per questo motivo che i produttori italiani devono cooperare e aderire sempre di più a filiere che valorizzino l’origine del loro prodotto: come per il tenero si punta sulla sostenibilità, così per il duro bisogna puntare sulla nazionalità italiana, elemento che può trasferire valore aggiunto a monte della filiera e non obbliga a competere solo sul prezzo. Nel gioco al ribasso, purtroppo, il cerealicoltore italiano si trova ovviamente in difficoltà».

 

Autore: Azzurra Giorgio

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