Il piano nazionale è uno strumento molto importante che noi abbiamo sollecitato per poter raggiungere l’obiettivo di crescita della SAU al 25%
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FRUMENTO BIOLOGICO IN PRIMA LINEA CON IL PIANO D’AZIONE NAZIONALE

Piano d’azione nazionale per il Biologico al via: quali benefici per il frumento bio? Ne parliamo con Maria Grazia Mammuccini, Presidente FederBio,

Lo scorso dicembre la Conferenza Stato Regioni ha finalmente raggiunto l’intesa per il nuovo Piano d’azione nazionale per la produzione biologica e i prodotti biologici 2024-2026 (Pan-Bio). A partire dal Piano 2016-2020, il documento espone gli assi di intervento per promuovere lo sviluppo del biologico nel triennio appena iniziato. Ne parliamo con Maria Grazia Mammuccini, Presidente di FederBio, federazione che raccoglie le organizzazioni di tutta la filiera dell’agricoltura biologica e biodinamica, con un focus sulle produzioni di frumento nazionali.

Ritiene che gli obiettivi del piano d’azione nazionale per il bio siano allineati all’obiettivo al 2027 del 25% della SAU nazionale certificata bio?

«Il piano nazionale è uno strumento molto importante che noi abbiamo sollecitato per poter raggiungere l’obiettivo di crescita della SAU al 25%: per il nostro paese questo può essere raggiungibile perché siamo già avanti, con una quota del 18,7% a fine 2022. Certo il quadro economico attuale non è semplice e la capacità di spesa delle famiglie si è ridotta: rispetto alla crescita degli ultimi 10 anni adesso siamo in una fase di stagnazione, dunque, ad un incremento della SAU deve corrispondere anche un incremento di mercato per evitare un effetto boomerang».

Come lo fa?

«Il piano offre una strategia di integrazione degli obiettivi andando a guidare le diverse programmazioni, quindi orientando le risorse a disposizione che sono di tutto rispetto, tra PSN della PAC; PNRR e fondo specifico per il Bio. Valutiamo positivamente il fatto che il piano è articolato su diversi fronti strategici: il primo asse punta a stimolare la domanda di prodotti biologici e far crescere i consumi, punto chiave perché aumentare la produzione senza stimolare i consumi rischia di far ridurre i prezzi ai produttori Anche il secondo asse agisce in questo senso: tra gli interventi per sviluppare la conversione al biologico vi sono interventi sull’organizzazione dei produttori attraverso distretti biologici e sistemi di filiera: mercato locale e accordi tra produzione, trasformazione e distribuzione sono fondamentali. Altro aspetto per noi fondamentale è quello del piano nazionale di ricerca e innovazione per l’agricoltura biologica, per affrontare cambiamento climatico servono ricerca, formazione e supporto tecnico agli agricoltori.

Pur con alcuni aspetti che possono essere migliorati, vediamo nel piano tutte le componenti di una strategia che crediamo possa raggiungere gli obiettivi di SAU, utile ad orientare tutte le risorse a disposizione: queste vanno integrate in maniera coerente, anche al fine di far crescere anche il mercato di sbocco».

Cosa può dirci del marchio bio nazionale?

«Rendere riconoscibili le nostre produzioni con un marchio Made in Italy Bio è una via per valorizzarle sul mercato estero dove c’è una grande potenzialità: lo abbiamo visto anche con i dati dell’Osservatorio Sana di Nomisma, promosso da FederBio e Assobio. Il marchio è uno strumento con cui valorizzare l’agricoltura e il ruolo degli agricoltori nella filiera, rafforzato dalla promozione dell’origine della materia prima. Nel settore dei cereali il prodotto di importazione va sempre più riducendosi a favore di quello italiano: il marchio può spingere questo trend, rendendo riconoscibili i produttori e dando identità alla materia prima italiana e locale».

E delle misure a sostegno del settore sementiero, in particolare per il frumento?

«I principi su cui si fonda il piano sementiero sono in grado di supportare bene la produzione di frumento bio: tra i punti chiave vi è, infatti, l’approccio di filiera, ovvero la costruzione di un sistema integrato tra sementieri, agricoltori, distributori e mercato. Questo consentirebbe di definire una programmazione per le sementi che ne favorisca la disponibilità per il biologico; quello del frumento, poi, è uno dei settore che meglio può rispondere a questi principi, anche per la sinergia con il made in italy bio tra pane, pasta e prodotti da forno.

Altra linea di intervento interessante è quella delle sementi specifiche per il biologico: il seme bio deve avere caratteristiche diverse dal convenzionale, ad esempio per l’adattamento al clima o alle malattie. Infine, interessante novità è quella del materiale eterogeneo: a partire dall’ultimo regolamento europeo sulle produzioni biologiche, il completamento della procedura nazionale per la registrazione di materiale eterogeneo può dare un contributo alla crescita dei cereali bio».

Quali sono gli strumenti che possono valorizzare il mercato del frumento bio italiano?

«Come sta accadendo per il latte, anche per il frumento le dinamiche di mercato mettono a rischio l’impostazione strategica del biologico, ovvero dare valore a prodotto e produttore, mantenendo il differenziale di prezzo. Questo rischia di trascinare tutti i prodotti bio verso un appiattimento: bisogna intervenire puntando da un lato a creare sistemi locali di produzione e consumo, come i distretti biologici, dall’altro attraverso progetti di filiera. FederBio ci sta lavorando (insieme ad Assobio, Coldiretti Bio, Anabio-CIA e le altre associazioni regionali del biologico) per realizzare esperienze pilota di filiere di made in italy bio “al giusto prezzo”. Occorre puntare a mettere insieme produttore, trasformatore e distributore secondo principi etici che garantiscano il giusto reddito a tutti gli attori, evitando lo spostamento del valore a valle. Le produzioni cerealicole e, in particolare, del frumento, sono il destinatario ideale poiché soffrono il rischio di perdita di valore per gli agricoltori ma si avvantaggiano dell’organizzazione di filiera».

Autore: Azzurra Giorgio

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