L’impiego del mais in zootecnia è messo alla prova da numerosi fattori, tra cui il meteo difficilmente decifrabile e le richieste delle politiche comunitarie. I problemi, però,, sono anche quelli del portafoglio: il mais si conferma una coltura che richiede elevati livelli di input, tra concimi, prodotti fitosanitari e risorsa idrica, a differenza del frumento. Il contesto attuale, quindi, offre nuove opportunità per il frumento da foraggio, con destinazione da essiccato o insilato, per l’alimentazione di vacche da latte, manze e capi in asciutta. Con l’aiuto di Alberto Braghin (La Cerealtecnica di Udine), facciamo i conti per l’azienda agricola e scopriamo i vantaggi gestionali e strategici di una scelta del genere.
Facciamo i conti…
Nonostante abbia una maggiore produttività rispetto al frumento da foraggio, l’insilato di mais ha un costo complessivo più alto per l’agricoltore, ovvero 100 euro/ton di sostanza secca, contro i 90 euro/ton di sostanza secca di frumento. Oltre ai ridotti costi economici, Alberto Braghin ci racconta che il frumento foraggero apporta numerosi altri fattori che riducono la complessità per l’azienda agricolo-zootecnica: non richiede interventi irrigui nel corso del ciclo colturale, consente la coltivazione di una seconda coltura, con conseguente riduzione dei costi fissi, e rende disponibili i terreni per la distribuzione di reflui da fine primavera.
Dal punto di vista della gestione degli animali, poi, il fieno è più facilmente sminuzzabile nel carro miscelatore e riduce i tempi di preparazione dell’unifeed, mentre il periodo di raccolta di fine maggio non crea rischi di sovrapposizione con il primo taglio dei medicai. Infine, il frumento lascia un terreno soffice e ha scarsa capacità di ricaccio dopo il taglio, consentendo successive semine su sodo di colture estive tra cui panico, sorgo, soia e mais.
Un fenomeno nuovo e con alto potenziale
Alberto Braghin ci conferma che l’impiego del frumento come foraggio in zootecnia è un fenomeno che era difficile prevedere fino a pochi anni fa e che, ad oggi, ha un ampio potenziale, soprattutto in areali dell’Italia centrale e meridionale. Le prospettive non risiedono solo nella sostituzione del mais nelle razioni alimentari dei bovini da latte o da carne, ma anche nell’impiego per la produzione di biogas e biometano. La spinta attuale alla conversione di impianti di biogas o di nuova realizzazione di impianti di biometano, data dagli incentivi del PNRR, sta già creando nuovo spazio sul mercato per il frumento foraggero da biomassa.
Per i cerealicoltori sono numerose le possibilità di sfruttare la destinazione energetica della coltura: Alberto Braghin sottolinea come l’impiego di varietà a doppia attitudine come Aurelius, da foraggio e da biomassa, offra all’azienda agricola una flessibilità che si fa sempre più necessaria nelle condizioni attuali. La variabilità meteorologica mette a rischio la salubrità delle granelle che, in condizioni avverse, possono avere poco mercato; anche i prezzi possono non essere soddisfacenti in tutte le annate. In casi come questi, la destinazione a produzione di biogas o biometano è una alternativa ottimale che salvaguarda il reddito dell’azienda. Il frumento foraggero, quindi, si rivela un compromesso ideale tra la produttività, in termini di quantità di sostanza secca, e qualità del raccolto.
Autore: Azzurra Giorgio
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