divieto urea
Home » DIVIETO ALL’UREA: SI SLITTA AL 2028

DIVIETO ALL’UREA: SI SLITTA AL 2028

Ecco il primo rinvio al divieto per il concime azotato nel Bacino Padano: cosa ci dobbiamo aspettare? Il parere dell’importatore

Insieme alle misure contenute nel Piano d’azione per il miglioramento della qualità dell’aria arriva anche il rinvio al divieto di utilizzo dell’urea al 1° gennaio 2028: chi sa come funzionano le cose nel nostro paese se lo stava aspettando. La misura annunciata che prevedeva il divieto dell’uso del fertilizzante azotato già dal 1° gennaio 2027 nel Bacino Padano, si configurava davvero come poco realistica. Risale a fine maggio, infatti, l’annuncio della bozza del Piano d’azione al vaglio del Consiglio dei Ministri: si è trattato di una doccia fredda per tanti cerealicoltori, in particolare quelli che gestiscono sistemi foraggero-zootecnici al Nord Italia. Ma, come spesso accade nel nostro paese, chi legifera ha fatto un rapido bagno di realtà e ha compreso la portata di una novità del genere, anche in seguito alle immediate rimostranze opposte dalle associazioni sindacali: da qui, il rinvio.

L’importanza dell’urea

Tra i concimi azotati consumati nel nostro mercato, circa il 25% dei fertilizzanti impiegati in totale, l’urea rappresenta il 12%. E’ un prodotto largamente impiegato in agricoltura, in particolare nei contesti cerealicoli e zootecnici della Pianura Padana, grazie al suo alto titolo in azoto (46%) e al suo relativo ridotto costo.

L’urea fa parte della categoria dei concimi che contengono azoto organico di sintesi. Affinchè questo venga assorbito dagli apparati radicali della pianta, l’urea subisce un processo di idrolisi determinata dall’enzima ureasi, scomponendosi in ammoniaca e anidride carbonica. L’intervento dell’acqua consente all’ammoniaca di trasformarsi in ione ammonio, fino a che non intervengono i batteri nitrificanti che, con la nitrificazione, determinano la trasformazione in nitrato.  L’assimilabilità del nutriente, quindi, è vincolata al tempo di mineralizzazione  che varia in funzione dell’attività biologica e/o enzimatica del suolo. Considerando il processo qui indicato, si comprende come dell’impiego di urea in relazione all’ambiente sono principalmente legati alla possibile volatilizzazione di azoto ammoniacale nel caso di applicazioni in copertura, senza interramento, e alla veloce diffusione del concime nel suolo prima dell’idrolisi, quindi alla possibile lisciviazione in falda.

Per contrastare questi rischi, sono numerose le applicazione tecniche che si ritrovano diffusamente nel mercato e, in alcuni contesti nazionali europei, sono anche richiesti dalla legge. Parliamo delle strategie di controllo del rilascio dell’azoto, realizzabili in numerose modalità come l’adozione di molecole organiche azotate resistenti, la protezione fisica (ad esempio nei concimi ricoperti), l’aggiunta di inibitori generici dell’attività microbica (ad esempio il rivestimento dei granuli con zolfo) e, infine, l’aggiunta di inibitori della nitrificazione e dell’attività ureasica.

Divieto all’uso di urea: è davvero la scelta migliore?

I rischi per l’ambiente ci sono, è vero, ma si possono gestire. Le innovazioni tecniche, ormai da molti anni, grazie agli inibitori di ureasi e nitrificazione, mettono gli agricoltori nelle condizioni di poter fare scelte oculate e consapevoli, nel rispetto dell’aria, dei suoli e delle acque. L’agricoltura italiana è davvero pronta ad andare avanti in presenza di un divieto del genere? I dubbi che emergono nel settore sono tanti, non solo per la difficile sostenibilità economica dell’assenza dell’urea dal mercato e dello stop ad una filiera produttiva e commerciale consolidata, ma anche per la sostenibilità ambientale dei prodotti che dovrebbero sostituire il concime azotato.

Abbiamo raccolto il parere di Aldo Giglioli, importatore reggiano che opera sul porto di Ravenna, che ci sottolinea l’importanza dell’urea nei sistemi agricoli della Pianura Padana, una chiave fondamentale nell’equilibrio economico ma anche ambientale dei territori: «i concimi di sintesi non sono da demonizzare, servono a restituire alla terra le sostanze nutritive asportate dalla pianta. Sono necessari per sostenere le nostre produzioni nazionali, prima di tutto agricole e, poi, zootecniche. Senza la possibilità di impiegare l’urea è molto difficile pensare di poter garantire le produzioni attuali in particolare quelle estensive come cereali, mais e riso. Il rischio è quello di dover ricorrere ad importazioni ancor più massive: ma come si producono i beni agricoli importati? Di certo non abbiamo alcun controllo su questo…».

Alternative sostenibili?

Le alternative al consumo di urea, secondo Aldo Giglioli, non sono realistiche ma nemmeno sostenibili per l’ambiente: «gli altri concimi azotati di sintesi sono molto più costosi per unità di azoto, avendo anche un titolo ben più basso dell’urea. Se pensiamo a prodotti come il digestato, invece, basti l’esempio dell’apporto di 300 kg di urea su un ettaro: questa quantità corrisponde a ben 30 tonnellate di digestato… pensi solo a quante emissioni si producono per movimentare un volume del genere e a quante ancora si producono per distribuirle su un ettaro di terreno. Per non parlare degli effetti del compattamento del suolo. Insomma, si impongono riflessioni serie ».

Sull’ultimo rinvio Aldo Giglioli è scettico: non basta questo a risolvere il problema di fondo sugli orientamenti delle politiche sull’agricoltura, troppo spesso demonizzata in nome di una svolta green su cui dovrebbe essere riposizionato il focus. All’orizzonte, poi, c’è anche la cosiddetta carbon tax: «dal 1° gennaio 2026 dovrebbe entrare in vigore anche il cosiddetto CBAM, una spada di Damocle che rischia di creare grande scompiglio tra le aziende agricole, imponendo aumenti del costo dei fertilizzanti anche di 100 euro a tonnellata» ci dice e conclude: «il sistema potrebbe portare ad incrementi di prezzo difficilmente sostenibili dagli agricoltori, in questo caso non solo sull’urea ma anche su tutti i fertilizzanti di sintesi».

Autore: Azzurra Giorgio

Puoi seguirci anche sui social, siamo su FacebookLinkedin e Instagram

Iscriviti alla nostra Newsletter e al servizio Whatsapp!

Cliccando "Accetto le condizioni" verrà conferito il consenso al trattamento dei dati di cui all’informativa privacy ex art. 13 GDPR.

Informativa sulla Privacy

Informativa sulla Privacy - WhatsApp

* Campo obbligatorio