Gli Stati del Nord hanno chiesto e ottenuto sanzioni europee alla Russia, che produce fertilizzanti. La guerra ai nitrati russi però viene pagata dagli agricoltori europei, compresi quelli del Sud. In questo contesto, di cui abbiamo già segnalato per tempo gli errori strategici (leggi l’articolo) piomba il Cbam, che è una gabella imposta dal 2026 agli importatori di fertilizzanti (e altro) per compensare le emissioni di CO2 incorporate nei prodotti importati dall’esterno dell’Europa. In pratica, la società deve acquistare certificati per importare nell’Ue e ciò genera un costo che verrà scaricato sull’acquirente, che sono le nostre aziende agricole nel caso dei concimi azotati.
UN MECCANISMO SOFISTICATO
«In realtà è un meccanismo sofisticato – ci dice Aldo Giglioli, importatore reggiano che opera sul porto di Ravenna – per drenare liquidità e finanziare un’economia che non è per niente economica (un’economia di guerra?). Non è una tassa, perché le tasse minano il consenso politico, e non è un dazio (poiché non ci si può permettere di rischiare dei contro-dazi), ma una misura che apparentemente dovrebbe controbilanciare le tasse sulle emissioni di anidride carbonica che le industrie che operano sul terreno europeo devono pagare. L’apparenza sta nel fatto che l’Europa non possiede le materie prime (in particolare il fosforo e il potassio) e non è autosufficiente nella produzione di ammoniaca: l’industria europea dei fertilizzanti deve dunque pagare due volte (emissioni proprie e CBAM sull’importazione) per fare il proprio mestiere. Di fatto una megatassa imposta all’inizio della filiera e controllata in dogana, ma destinata a propagarsi lungo la filiera con un aumento dei prezzi significativo. In realtà, nessuno è ad oggi in grado di certificare veramente quanto gli impianti extracomunitari (molto più nuovi e probabilmente moderni di quelli della vecchia Europa) siano meno sostenibili di quelli comunitari (non sono ancora stati identificati gli enti certificatori): ci si deve accontentare di valori di efficienza per Paese extra-ue, stabiliti proditoriamente dall’europa, tutti sistematicamente superiori ai benchmark europei. Come se il Cbam fosse progettato per durare solo qualche anno fino a quando i certificatori (ammesso e non concesso che vengano identificati dalla UE) non avranno verificato l’ovvio, e cioè che gli impianti in Nigeria, Egitto, Golfo Persico e Cina (solo per citarne alcuni) sono più moderni ed efficienti dei nostri: a quel punto la montagna si ridurrà a produrre topolini. Nel frattempo però avrà drenato denari e avrà portato i prezzi dei prodotti europei alle stelle, generando un’inflazione (anzi, una stagflazione) provocata dall’incremento dei prezzi delle materie prime che importiamo».
ANDAMENTO DEI PREZZI
Ma facciamo quattro conti. Si calcola che il Cbam potrebbe far aumentare i prezzi oltre i 40 euro/t di azoto. Significherebbe un +8% per il prezzo già elevato dell’urea. Ancora peggio per i nitrati. Con l’aumento previsto, che è di 130 euro sui 350 attuali parliamo addirittura di oltre il 37%. Ricordiamo che, data la carenza di importazioni dalla Turchia, questi prodotti sono già aumentati di 35 euro a tonnellata nel giro delle ultime due settimane. Consideriamo che oltre il 50% dei fertilizzanti azotati, il 68% dei fosfati e l’85% del potassio provengono da Paesi terzi e capiamo perfettamente di essere alla vigilia di una mazzata per l’utente finale, che sono poi le nostre aziende agricole, su cui graverà l’effetto peggiore di un incremento dei prezzi che si potrebbe aggirare mediamente, per i produttori di fertilizzanti, tra 50 e 60 euro a tonnellata. Oggi l’urea egiziana si scambia intorno ai 500 euro a tonnellata (prima del Covid era 280) ed è probabile che in prima battuta il sovracosto sia assorbito dai produttori stessi, per contendersi il mercato con l’importazione, ma che venga prima o poi brutalmente scaricato sull’acquiente finale, ovvero le aziende agricole, e, in ultima istanza, sul consumatore finale costretto a spingere un carrello della spesa sempre più pesante. Insomma, l’Ue ci ha lasciato un pacco avvelenato sotto l’albero.




