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Perché il frumento è un’opportunità per la birra italiana: ce lo spiega Katya Carbone del CREA

La produzione della birra in Italia sta puntando sempre di più sulla differenziazione e sull’artigianalità dei prodotti. Queste tendenze si fondano anche sulla ricerca di materie prime di qualità, prodotte sul territorio nazionale e che siano in grado di conferire particolari caratteristiche alla bevanda. Il frumento è un cereale che può offrire opportunità del genere alla filiera brassiccola, come ci spiega Katya Carbone, I Ricercatore del CREA e coordinatrice del progetto LOB.IT, a margine del suo intervento all’evento Filiera Birra 2025 tenutosi a Milano lo scorso 15 ottobre. Scopriamo, nelle sue parole, perchè un cerealicoltore italiano può trovare opportunità di crescita e reddito nella filiera della birra.

Dott.ssa Carbone, come si configura l’impiego di frumento nella produzione italiana della birra?

«L’impiego del frumento nella produzione di birra, sebbene storicamente meno dominante dell’orzo, è generalmente utilizzato per conferire alla birra caratteristiche distintive, contribuendo alla struttura, al sapore e all’aspetto del prodotto. L’impiego del cereale, che negli ultimi anni è stato attenzionato in particolare da alcune realtà del mondo artigianale, è supportato dalla normativa vigente, che definisce la birra come prodotto ottenuto dalla fermentazione di mosto preparato con malto di orzo o di frumento (o loro miscele) e altri ingredienti, consentendo anche la sostituzione del malto con altri cereali (anche sotto forma di fiocchi) fino al 40% dell’estratto secco del mosto».

Quali caratteristiche apporta il frumento al prodotto finale?

«L’impiego di frumento apporta, infatti, specifiche caratteristiche organolettiche e fisiche alla birra, come una maggiore ritenzione della schiuma, grazie al suo profilo proteico. Il suo impiego in produzione è in due tipologie diverse: maltato e non maltato. Il frumento maltato viene utilizzato insieme o in alternativa al malto d’orzo, per fornire zuccheri fermentescibili, che vengono poi sottoposti a fermentazione alcolica, producendo anidride carbonica e alcool. Il cereale non maltato (in grani o farina) viene, invece, aggiunto alla birra per incrementarne il corpo, il sapore e il carattere. Il suo uso conferisce una velatura caratteristica alla bevanda, causata dall’intorbidimento proteico, che caratterizza stili come le Witbier belghe e le Weissbier tedesche, regalando una schiuma cremosa e un profilo sensoriale ricco.

In questo contesto, l’uso di varietà di frumento locali o antiche, soprattutto nel settore artigianale, può contribuire alla valorizzazione della biodiversità e alla differenziazione del prodotto».

Ci sono vantaggi che il frumento apporta dal punto di vista tecnologico e produttivo?

«Più che di vantaggi, parlerei di opportunità per la diversificazione del prodotto. Come già evidenziato, la principale differenza nell’uso del frumento rispetto all’orzo risiede nel maggiore contenuto proteico (dal 6 al 20%) e di beta glucani del primo, che conferisce stabilità strutturale alla birra finita, in particolare per quanto riguarda la schiuma, ed un corpo più robusto, caratteristiche che definiscono appunto le peculiarità di alcuni stili di birra. Inoltre, il malto di frumento può avere un discreto potere diastatico (attività enzimatica) e in alcuni casi può essere utilizzato per integrare o sostenere la conversione degli amidi in zuccheri anche quando si utilizzano aggiunte di cereali non maltati (come riso o mais). Dal punto di vista organolettico, queste birre rientrano nella tipologia di bevande cosiddette “beverine”, connotate da note dolciastre, una leggera acidità e cremosità e un ottimo potere dissetante».

Autore: Azzurra Giorgio

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