Alcuni lettori, agricoltori e tecnici del Nord Italia, ci hanno di recente segnalato una presenza non uniforme delle cosiddette “cimici del grano” in campo, seppure in quantità ben gestibili attraverso trattamenti repentini e che, quindi, non sembrano aver compromesso quantità e qualità del raccolto. Questo nonostante l’applicazione di insetticidi sia stata particolarmente difficile, quest’anno, a causa delle ripetute piogge.
Si tratta soprattutto di esemplari di Eurygaster Maura (un esemplare in alto, nella foto), segnalata da fine aprile-inizio maggio in zone di pianura e collina: le entità delle infestazioni non sarebbero molto diverse da quelle già viste in tempi recenti. Sono ormai lontani gli anni in cui si erano registrate infestazioni importanti, in particolare nei primi anni 2000 e negli areali del Nord Italia, ma è sempre bene tenere alta la guardia ed effettuare azioni di monitoraggio. Questo soprattutto in un contesto di coltivazione biologica, allo scopo di preservare le rese.
La biologia delle cimici del frumento
Le pricipali specie di cimici che infestano il frumento sono Aelia Rostrata e Eurygaster Maura (Hemiptera Pentatomoidea): in Italia sono presenti in tutti gli areali, più abbondantemente in Sicilia e al Nord, dove predomina E. Maura. Entrambe le specie compiono una sola generazione all’anno, svernano da adulti interrati o sulla superficie del suolo, coperti dalla vegetazione. In primavera fuoriescono e raggiungono le piante di frumento, anche a grande distanza. Gli accoppiamenti avvengono all’inizio di maggio, seguiti dalla deposizione delle uova, con tipiche ovature sulla pagina inferiore delle foglie. I nuovi adulti compaiono a metà giugno: capita, infatti, di ritrovarli in mezzo alla granella alla trebbiatura.
I danni alle coltivazioni
Dannosi sono gli stadi adulti e le forme giovanili: in entrambi i casi le punture sono a carico del culmo, delle foglie e delle spighe, anche se è su queste ultime che si determinano i danni rilevanti. I sintomi sulle foglie sono sbiancamenti nella parte posta distalmente alle punture e ripiegamenti ad uncino, mentre sul culmo si manifestano strozzature e necrosi. Le punture sul rachide delle spighe causano l’aborto delle spighette, mentre quelle sulle spighette causano lo striminzimento delle cariossidi. Infatti, la saliva iniettata dalla cimice in fase di puntura demolisce le sostanze proteiche alla maturazione cerosa, riducendo il contenuto proteico della granella. Le farine ottenute, con appena il 5% di cariossidi punte, risultano di pessima qualità e non sono idonee nè alla panificazione, nè alla pastificazione.
Lo studio dell’Università di Torino
Autore: Azzurra Giorgio
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