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BIOSTIMOLANTI: IL PARERE DEI TECNICI

Gli effetti dei biostimolanti e le linee di ricerca più diffuse per il frumento: la parola all’esperto di Agricola 2000

biostimolanti sviluppoTorniamo a parlare di biostimolanti con l’aiuto dei tecnici. Ettore di Biase (nella foto), GEP – Biostimulant project coordinator di Agricola 2000, coordinatore del team che si occupa di valutare l’azione dei prodotti biostimolanti dalle prime fasi sperimentali sino alla commercializzazione da parte dei committenti. In questa intervista approfondiamo la natura e gli effetti dei prodotti biostimolanti, oltre alle linee di sviluppo del  mercato e della ricerca. Non mancano anche i consigli degli esperti dedicati agli agricoltori che approcciano per la prima volta i biostimolanti nel frumento.

Ettore di Biase, cosa sono i biostimolanti?

«I biostimolanti sono tutte quelle sostanze di origine naturale, come estratti vegetali, estratti di alghe, idrolizzati proteici, acidi umici o microrganismi che agiscono a livello fisiologico e migliorano il metabolismo della pianta: si intende, ad esempio, l’efficienza fotosintetica, l’efficienza d’uso dei nutrienti o la resistenza agli stress. Essi non agiscono come prodotti fitosanitari e l’effetto che hanno va al di là delle unità di fertilizzante in essi contenuta, ad esempio ad un eventuale contenuto in azoto.

I prodotti biostimolanti destinati al frumento sono numerosi: noi, come Agricola 2000, ne abbiamo testati tanti, di diversa natura. Posso citare, ad esempio, microrganismi applicati al seme o idrolizzati proteici per applicazione fogliare, estratti di alghe, acidi umici e fulvici che agiscono incrementando l’efficienza di meccanismi fisiologici della pianta. Il contributo che queste sostanze apportano può essere in termini qualitativi ma anche quantitativi sulla resa produttiva finale».

E’ possibile distinguere gli effetti sulla pianta in base al prodotto biostimolante?

«Gli effetti dipendono sicuramente da quale prodotto andiamo ad applicare alla nostra coltura. Ad esempio, nella categoria dei microrganismi, se applichiamo Azotobacter , batterio azotofissatore, allora avremo un effetto che è simil-fertilizzante, riducendo potenzialmente le unità di azoto di sintesi da apportare. Se, invece, impieghiamo estratti di alghe, è molto probabile che in essi siano contenuti fitormoni (ad esempio con proprietà auxino-simili) ed è, quindi, più probabile avere un effetto sulla crescita della pianta e una maggiore proliferazione radicale. Ad ogni prodotto, dunque, è possibile assegnare una sua caratteristica ma sul mercato sono presenti anche dei “blend”: ad esempio si trovano miscele di estratti di alghe con idrolizzati proteici oppure di acidi umici con amminoacidi e peptidi. In casi come questi, è sicuramente più complesso distinguere l’effetto di ciascuna sostanza.

E’ anche importante far notare che i prodotti e gli effetti collegati sono diversificati e molto variabili. E’ per questo motivo che le aziende e i tecnici che ci lavorano da più tempo sono in grado di suggerire le modalità di applicazione e le dosi che più possono avere efficacia, in base alle condizioni della coltura. Molto, infatti, dipende dalle caratteristiche pedoclimatiche, dall’andamento meteorologico dell’annata, dalla qualità del prodotto e dalla fase fenologica di applicazione. Certamente gli effetti migliori si ottengono sui terreni meno fertili e in annate con maggiori stress: è qui che il biostimolante esplica al meglio la sua efficienza. Se il suolo è già particolarmente fertile, infatti, è più difficile notare effetti sostanziali perchè la coltura già dispone di tutto il necessario per crescere in maniera ottimale. In generale, mediamente gli effetti di incrementi di resa vanno dal 5 al 10-15%».

Ci da un flash sul vostro lavoro di sperimentazione?

Tecnici di Agricola 2000 al lavoro sul frumento

«Le aziende che si affidano a noi hanno in mente un cosiddetto “claim”, quindi, una finalità per cui intendono registrare il prodotto. Ad esempio, per il frumento, una finalità molto diffusa per i biostimolanti è l’azione contro lo stress da diserbo. Il nostro lavoro, quindi, è quello di effettuare le prove in campo e valutare l’efficacia del prodotto biostimolante, isolando gli effetti di riduzione dello stress dovuto all’applicazione di diserbanti chimici. Andiamo, quindi, a misurare il contenuto in clorofilla, l’NDVI, i quantitativi di resa, e parametri di qualità come il peso dei 1000 semi e il contenuto proteico della granella. Per il frumento lavoriamo anche per i biostimolanti destinati a promuovere l'”early vigor” (il vigore della pianta nei primi stadi fenologici), in genere concianti del seme: in questo caso andiamo a misurare e valutare gli effetti sull’omogeneità dell’emergenza delle plantule e sui tassi di crescita nelle prime fasi.

E’ importante considerare, però, che per l’agricoltore in genere il costo aggiuntivo è dato solo dall’acquisto del prodotto. I biostimolanti, infatti, possono essere applicati in contemporanea con altri prodotti, come erbicidi o fungicidi, anche in fase di semina nel caso di distribuzione in solco. Nel calcolo del conto economico, quindi, è vero che si aggiunge il costo del biostimolante, ma si potrebbero ridurre potenzialmente le quantità di concimi di sintesi e Inoltre, ad esempio, se la resa standard è di circa 6 tonnellate/ha, un incremento del 10% equivale a 600 kg/ha di grano aggiuntivo. Con un prezzo medio di 250 €/ton, il guadagno netto sarebbe di circa 150 €/ha».

Questo è un caso tipico nel frumento, ad esempio…

«Esatto: nel frumento uno dei claim più diffusi è sicuramente quello legato alla NUE (Nitrogen Use Efficiency), soprattutto per l’efficienza d’uso dell’azoto. Nelle nostre prove, infatti, valutiamo se il biostimolante applicato alla pianta, in un contesto di riduzione di apporto di azoto rispetto al normale dosaggio aziendale, riesce a compensare questa riduzione. E’ la prova sperimentale più comune e quella che offre risultati migliori. Le applicazioni si effettuano nelle fasi più critiche come fine accestimento, levata e botticella, e gli effetti possono manifestarsi sul contenuto proteico e sulla resa. In questo caso gli incrementi sono anche del 10-15%».

Come funziona per chi è in biologico o chi applica il protocollo di produzione integrata?

«I prodotti biostimolanti non sono di norma automaticamente ammessi nel disciplinare biologico: dipende dalla sostanza, dai formulati ecc, devono, quindi, per essere esplicitamente ammessi per l’impiego in biologico registrati secondo le normative di legge del nuovo Regolamento Europeo in materia di fertilizzanti (Reg. UE 2019/1009)».

Quali passi deve compiere un agricoltore che approccia i biostimolanti per la prima volta?

«In primo luogo, è importante rivolgersi ad un’azienda che ha una buona conoscenza del prodotto e può consigliare le condizioni e le fasi di applicazione più efficaci. Sul frumento, ad esempio, si può inserire l’utilizzo di biostimolanti che incrementano l’efficienza d’uso dei nutrienti nell’ambito di un piano di riduzione di impiego di fertilizzanti di sintesi. Seguendo le indicazioni in etichetta, il prodotto si andrà ad applicare nelle fasi di maggiore richiesta di nutrienti da parte della pianta, sicuramente in fine accestimento-levata e in botticella. In quest’ultimo caso, soprattutto se si vuole spingere sul contenuto proteico migliorando quindi la classe merceologica del prodotto.

Operativamente, il biostimolante si può applicare in copertura insieme ad altri prodotti come diserbanti e fungicidi. Si possono seguire gli accorgimenti che richiedono gli altri trattamenti, sempre nel rispetto dell’etichetta. Poichè non si tratta di un prodotto fitosanitario, non è necessario avere un patentino per l’acquisto. Anche i macchinari sono i medesimi impiegati per gli altri prodotti».

Leggi gli altri articoli del dossier sui biostimolanti: BIOSTIMOLANTI NEL GRANO   BIOSTIMOLANTI: ECCO PERCHE’

Agricola 2000 Biostimolanti e Nutrizione: https://www.agricola2000.com/servizi/biostimolanti-e-nutrizione/

 

Foto di Agricola 2000

Autore: Azzurra Giorgio

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