I nostri suoli sono sempre più consumati, erosi ed impoveriti di sostanza organica. Le colture cerealicole hanno avuto un ruolo in questo processo di degrado e possono averlo anche nel percorso di recupero verso una rigenerazione. I ricercatori sono sempre più impegnati allo scocpo di supportare l’implementazione di politiche pubbliche che guidino il recupero dei nostri suoli, anche attraverso le pratiche agricole. Questo sarà il tema prossimo convegno della società Italiana della Scienza del Suolo che si terrà a Portici (NA) il prossimo 11 e 12 dicembre. Abbiamo parlato con Rosangela Addesso ricercatrice dell’Università degli Studi della Basilicata che sta portando avanti un progetto di ricerca su questi temi, effettuando prove su frumento tenero, che sarà presentato durante il convegno.
Effetti sul suolo delle pratiche sostenibili
Lo studio portato avanti dal gruppo di ricerca di Rosangela Addesso ha un duplice obiettivo. Da un lato, ci spiega, ” intende confrontare le dinamiche ecologiche del suolo con gestione agronomica differenziata coltivate a frumento tenero, attuando pratiche sostenibili e pratiche convenzionali“. In particolare, le prime prevedevano l’uso di ammendante organico (stallatico) e di rotazioni con leguminose, le seconde fertilizzazioni con concimi minerali (composti ternari, NPK). Dall’altro, prosegue, “caratterizzare gli apparati radicali di due miscugli da inerbimento a sostegno della biodiversità e degli impollinatori, come suggerito dall’Eco-schema 5 della PAC, con il fine di valutare eventuali altri servizi ecosistemici per il suolo”.
La ricerca è stata realizzato per due anni consecutivi, in Cilento, a Caselle in Pittari (Salerno, Campania). I ricercatori hanno valutato le proprietà chimico-fisiche e microbiologiche del suolo, monitorando diversi parametri, tra cui micro- e macroelementi, stabilità degli aggregati, quantità e qualità della sostanza organica, la diversità e funzionalità microbica (tramite analisi NGS). L’obiettivo è delineare le dinamiche ecologiche del suolo di questo agroecosistema.
Tra consumo ed erosione: il suolo è sotto attacco
La qualità del suolo è il presupposto della produttività e della resilienza degli agroecosistemi cerealicoli italiani, oggi sotto pressione per cambiamenti climatici, erosione e perdita di sostanza organica (Blum, 2005; CEC, 2006). A livello europeo, la nuova mappatura dell’erosione stima una perdita annua di circa 970 milioni di tonnellate di suolo, con il 20–25% delle superfici che supera la soglia di sostenibilità di 2 t ha⁻¹ anno⁻¹ e oltre il 6% dei terreni agricoli colpiti da erosione severa (>11 t ha⁻¹ anno⁻¹), soprattutto nelle aree mediterranee (Panagos et al., 2015 and 2020).
E l’Italia? Rosangela Addesso ci spiega che, in questo contesto, il nostro paese rappresenta un caso emblematico. Tra il 3 e il 4% del territorio è già classificato molto vulnerabile alla desertificazione, mentre circa il 30–32% si trova in una condizione di vulnerabilità intermedia, con forte concentrazione nel Mezzogiorno (ISPRA; Salvia et al., 2019).
E la cerealicoltura?
Che ruolo ha la cerealicoltura in tutto questo? Rosangela Addesso ci conferma: “proprio qui si colloca gran parte della cerealicoltura nazionale: poco più di 3 milioni di ettari a cereali, di cui circa 1,3–1,5 milioni al Nord, 400–500 mila al Centro e oltre 1,1 milioni tra Sud e Isole (elaborazioni CREA/ISTAT). Tra gli indicatori della qualità del suolo, la sostanza organica, e in particolare il carbonio organico del suolo (SOC), è l’indicatore chiave di qualità perché controlla diverse variabili, come la struttura, porosità, immagazzinamento dei nutrienti, capacità di trattenere acqua, attività microbica e quindi la resa delle colture (Wander, 2004; Bünemann et al., 2018).
Suoli cerealicoli con SOC (Soil Organic Carbon) intorno all’1–1,5%, come quelli riscontrati nel Sud Italia e nelle Isole, si collocano vicino alla soglia critica, con un aumento della compattazione, dell’erosione e della vulnerabilità alla siccità, mentre valori >3% sono associati a una struttura stabile, maggiore capacità idrica e intensa attività biologica”.
Studi come quelli svolti dal gruppo di Rosangela Addesso, sono volti ad esplorare le dinamiche che interessano i diversi processi chimico-fisici e biologici del suolo, anche se radicati in un contesto reale del Sud (Cilento). In questo modo, possono offrire una base scientifica ed operativa per progettare piani di gestione di recupero efficaci per preservare gli areali cerealicoli nel contesto italiano, mediterraneo ed europeo. L’obiettivo finale è preservare la produttività e gli equilibri ecologici degli agroecosistemi nel prossimo futuro.
Conta “chi” vive nel suolo
I risultati dello studio sono ancora preliminari, essendosi da poco conclusa la parte sperimentale di campo. Appaiono però chiare alcune dinamiche che sottolineano l’importanza della biologia del suolo e del suo livello di attività, come ci spiega Rosangela Addesso:”lo studio mostra che non conta solo “cosa” coltiviamo, ma anche “chi” vive nel suolo e attorno alle radici delle piante che coltiviamo. Dove i microrganismi sono più numerosi e attivi, il suolo è più fertile, con maggior presenza di sostanza organica e attività enzimatica (bio-indicatore dello stato di salute del suolo, poiché gli enzimi “smontano” la sostanza organica, dunque ci danno una idea della “potenza del motore biologico” del suolo).
Nel frumento, la gestione sostenibile con ammendante organico aumenta soprattutto il carbonio labile, facilmente e prontamente utilizzabile da microrganismi e piante, mentre la concimazione minerale NPK favorisce una quota maggiore di carbonio refrattario, più difficile da degradare per i microrganismi nel breve periodo. Inoltre, la tipologia di suolo campionato (suolo a contatto o non con le radici) e il momento del campionamento (pre-semina o fioritura dei cereali) influenzano fortemente microrganismi e chimica del suolo, mostrando quanto la fertilità sia un mosaico dinamico nello spazio e nel tempo”.
La ricerca
La ricerca rientra nel progetto Agritech National Research Center, finanziato dall’Unione Europea tramite il PNRR – NextGenerationEU (PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA (PNRR) – MISSIONE 4 COMPONENTE 2, INVESTIMENTO 1.4 – D.D. 1032 17/06/2022, CN00000022), portato avanti dal Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari e Ambientali (DAFE) dell’Università degli Studi della Basilicata, responsabili scientifici Prof. Mariana Amato e Adriano Sofo e ricercatrice Dott.ssa Rosangela Addesso, in collaborazione con l’Università del Sannio e dell’Aquila. Partner chiave è la Cooperativa Sociale “Terra di Resilienza”, che ha fornito i semi di frumento e cece, mettendo a disposizione i terreni e l’aiuto manuale, permettendo di testare e studiare soluzioni agronomiche innovative in un contesto agricolo reale del Cilento (Campania).
Foto della sperimentazione fornite di Rosangela Addesso
Autore: Azzurra Giorgio
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