Un commercio delle commodity per pochi: quattro gruppi controllano il commercio globale dei cereali. Tra i tanti fattori che determinano l’andamento dell’agricoltura, infatti, ce ne sono due i cui effetti predominano sugli altri. Da un lato, il cambiamento climatico, dall’altro, i prezzi di mercato. Come spiega Ettore Zuccaro in “Nel mercato delle commodity comandano in pochi”, a pagina 13 di “L’Informatore agrario” (numero 42 del 23 dicembre 2024), se i cambiamenti ambientali stanno alterando i modelli di produzione, sono tuttavia i prezzi delle materie prime a non garantire una giusta remunerazione agli agricoltori. Il motivo è la concentrazione della domanda in pochissimi grandi gruppi, che fanno il bello e il cattivo tempo sui mercati. Sono quattro i principali trader di commodity agricole a livello globale: Archer Daniels Midland (ADM), Bunge, Cargill e Louis Dreyfus Company (LDC), note collettivamente come ABCD.
Un recente studio redatto per la Commissione agricoltura del Parlamento europeo da Ernst & Young, insieme a un gruppo di ricercatori dell’Università di Bonn e Somo, un centro di ricerca dei Paesi Bassi, ha analizzato il ruolo di queste quattro compagnie nel mercato mondiale.
Quattro colossi
Ne è emerso che questi quattro colossi controllano oltre il 70% del commercio globale di cereali e il 50-60% degli scambi di semi oleosi e colture proteiche. Tradotto in cifre, riferite al 2022: Cargill ha commercializzato 217 milioni di tonnellate di materie prime, Bunge (il più grande processore di semi oleosi al mondo) 142 milioni, ADM 100 milioni e LDC 83 milioni. «Queste aziende non solo stabiliscono i prezzi di acquisto dai produttori agricoli, ma anche quelli di vendita sui mercati globali» scrive Zuccaro, aggiungendo che l’introduzione di strumenti finanziari nei mercati agricoli è responsabile della crescita di dinamiche speculative: «Tra il 2022 e il 2024 il livello di partecipazione speculativa nei mercati dei derivati agricoli ha raggiunto livelli allarmanti; per esempio, il 74% delle posizioni aperte nel mercato statunitense del grano era detenuto da istituzioni finanziarie.
Durante la crisi che si è sviluppata in seguito al conflitto russo-ucraino del 2022, gli hedge fund hanno ottenuto profitti straordinari, con guadagni stimati in 1,9 miliardi di dollari, sfruttando l’incertezza geopolitica». Gli effetti di queste operazioni non colpiscono solo i mercati ma anche le popolazioni più deboli: tra le dirette conseguenze del conflitto in Ucraina c’è stata infatti una maggiore difficoltà per milioni di persone vulnerabili nel reperire cibo.
Il rapporto
Dei problemi del mercato parliamo ogni settimana. Adesso, il rapporto di Ernst & Young fornisce anche una serie di suggerimenti per fare fronte alle difficoltà esposte: «Una maggior trasparenza, una migliore regolamentazione finanziaria, nuove modalità di tassazione e un’attenta azione di prevenzione degli abusi» scrive Zuccaro. Ma non solo: tra gli interventi proposti figurano anche il rafforzamento dei requisiti di rendicontazione sulle scorte globali di cereali e la revisione della direttiva e del regolamento sui mercati degli strumenti finanziari per limitare la concentrazione speculativa.
L’Asia è vicina
Nonostante il dominio dei trader principali, stanno tuttavia emergendo nuovi player come Cofco International (Cina), che con oltre 11mila dipendenti in 36 Paesi, nel 2022 ha commercializzato 127 milioni di tonnellate di cereali, semi oleosi e legumi proteici, e Wilmar International (Singapore). Sono attori sostenuti da investimenti statali, il che porta a interrogarsi su quanto la loro concorrenza con aziende totalmente private sia lecita.
Autore: Rachele Callegari
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