La provincia di Foggia è caratterizzata da un’ampia superficie coltivata a frumento duro (circa 250.000 ettari). L’abbandono di alcune colture, quali la barbabietola da zucchero, ha determinato negli ultimi quindici anni la comparsa di infestanti resistenti, spesso responsabili della riduzione delle rese. Tale problema è stato evidenziato dal GIRE, Gruppo Italiano Resistenza Erbicidi, operante sull’intero territorio nazionale e che monitora lo sviluppo di resistenze da parte delle principali infestanti. Numerosi studi condotti in provincia di Foggia inoltre, hanno rilevato vaste aree con popolazioni di Lolium spp resistente, concentrate principalmente nell’area Sud della provincia.
Per tale motivo, le strategie di diserbo attualmente adottate prevedono l’uso di diserbi di pre-emergenza, i cui principi attivi agiscono da antigerminello e riescono a contenere lo sviluppo di dette popolazioni. Essi agiscono tramite un meccanismo d’azione differente dai diserbi di post emergenza, nei confronti dei quali, visto il ripetuto e prolungato impiego nel corso degli anni, molte infestati hanno sviluppato una forte resistenza (es. Lolium spp.).
Rotazione e resistenze
Ulteriore aspetto che ha permesso l’instaurarsi delle resistenze e che caratterizza, però, il territorio della Capitanata, è la rotazione che, prima di questa PAC, era tipicamente rappresentata da un ringrano biennale o triennale seguito da leguminose, principalmente favino. Questa rotazione, nel tempo, ha favorito la diffusione di resistenze, anche considerando che l’impiego di diserbo su favino risulta essere molto raro e, se praticato, prevedere l’impiego di principi attivi con meccanismi di azione simili a quelli usati nel post emergenza del grano.
Tale premessa è importante per comprendere i motivi per i quali ho cercato in questi ultimi cinque anni di diffondere in questo territorio l’uso delle covercrop. In particolar modo il mio interesse si è concentrato sulle brassicacee, ossia senape bianca, gialla e rafano e attraverso la collaborazione di S.I.S. – Società Italiana Sementi, ho potuto operare con una vasta e qualificata gamma di essenze sia in purezza che in miscuglio.
Covercrop e infestanti
Dalle esperienze condotte posso affermare che l’utilità nell’uso delle essenze biocide nelle cover, in sostituzione delle classiche leguminose, si esprime egregiamente e comporta per la coltura in successione numerosi benefici che non si limitano al solo contenimento delle infestanti. Con riferimento al controllo delle infestanti, questo si esplica principalmente grazie alla capacità di rapido sviluppo delle crucifere biocide, che esercita una forte competizione nei confronti delle infestanti. Raramente in un campo di crucifere biocide si rileva una elevata presenza di altre specie che, qualora presenti, risultano condizionate dalla competizione e mostrano uno sviluppo molto limitato.
A confermare tale capacità, esistono numerosi studi che dimostrano come i glucosilonati (prodotti dalle piante biocide e che, peraltro, presentano vari effetti benefici per la coltura in successione), siano in grado di inibire la comparsa di altre specie. Un’ulteriore azione nel controllo delle malerbe viene esercitata dai glucosinolati, i principi attivi propri delle crucifere biocide, che oltre ad una benefica fumigazione del terreno, inibiscono la germinazione dei semi delle infestanti.
Oltremodo, essendo piante destinate al sovescio, il controllo delle infestanti si esplica al momento della trinciatura, in quanto tale azione, determina anche la distruzione di eventuali infestanti presenti prima che “vadano a seme”, ottenendo così un controllo “meccanico” delle popolazioni di specie resistenti e non. Amo sempre ricordare che, un tempo, per poter contenere la diffusione di infestanti in assenza di diserbanti era pratica comune fare foraggi che venivano trinciati in fioritura.
Covercrop e infestanti: biocide vs leguminose
Reputo opportuno concludere con un rilievo che mi viene spesso fatto dagli agricoltori, i quali mi dicono di essere restii nell’uso di biocide, perché ritengono che le stesse forniscano un minor quantitativo di sostanza organica e azoto al terreno rispetto ad una classica leguminosa. In realtà, numerosi studi dimostrano che, a fronte di una quantità di biomassa del favino, nelle migliori condizioni, pari a 500 ql/ha e un contenuto in azoto organico di 150 ql /ha, una senape arriva a produrre fino a 560-600 q di biomassa con un contenuto di 120 kg/ha di azoto in forma organica.
In ogni caso, allo scopo di soddisfare ogni tipo di esigenza, la società S.I.S. ha ritenuto opportuno arricchire il proprio catalogo e specializzarsi in questo determinato settore, fornendo miscugli giustamente equilibrati in cui vengono associate brassiche a leguminose e cereali, anche in considerazione del fatto che l’uso delle covercrop è largamente diffuso in numerose altre colture.
Ringrazio per la collaborazione nella stesura dell’articolo i colleghi: Sebastiano Mundula, Giulio Maccagnani e Luca Minnelli.
Autore: Fernando Di Chio Area Manager Sud, SIS Società Italiana Sementi
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