La Sardegna è colpita sempre di più dalla crisi idrica: una emergenza di cui è emblematica la riduzione intensa dei volumi idrici trattenuti dal Lago Omodeo, il maggiore invaso dell’isola. Il tutto si accompagna ad una perdita di superfici seminate a frumento duro, con agricoltori presi nella morsa dei mercati e delle richieste della PAC. Quale futuro attende la cerealicoltura siciliana? Servono strategie condivise e applicabili che partano da una regia nazionale e competente sulle specificità territoriali, oltre le indicazioni europee: ANBI lancia l’allarme sulla situazione critica dell’intero territorio italiano.
La scomparsa del grano duro
La fotografia scattata in ottobre sul comparto del grano duro sardo ci restituiva l’immagine di una cerealicoltura profondamente ridimensionata. Le superfici coltivate, un tempo prossime ai 100 mila ettari nel 2003, si sono progressivamente contratte fino agli attuali 28 mila nel 2025, concentrate quasi esclusivamente nelle pianure centro-meridionali dell’Isola. La riduzione è legata alle riforme della PAC dei primi anni Duemila, con l’abbandono della monocoltura e la crescente competizione tra specie coltivate. In questo contesto, la produzione complessiva è diminuita, ma le rese medie per ettaro sono aumentate, passando da circa 15 quintali a quasi 27 nell’ultimo quinquennio. Questo dato testimonia l’evoluzione tecnica del settore che, però, non basta a compensare un quadro economico sempre più complesso per le aziende cerealicole.
Prezzi bassi e mercati instabili: la tenuta economica è in discussione
Se sul piano agronomico il comparto ha trovato un nuovo equilibrio, è sul fronte economico che emergono le maggiori criticità. I prezzi riconosciuti ai produttori restano fortemente volatili e spesso insufficienti a coprire i costi di produzione, aggravati dall’aumento dei fattori tecnici e dalla concorrenza internazionale. «Le forti oscillazioni al ribasso, con un valore pagato a chi coltiva tra i 28 e 30 euro a quintale all’interno di programmi di filiera che si riducono a 26euro per chi opera fuori da tali progetti, sono il maggior ostacolo sul cammino delle produzioni di qualità», ha sottolineato Alessandro Abis, agricoltore di Villasor e presidente di Confagricoltura Cagliari. Secondo l’organizzazione agricola, la finanziarizzazione dei mercati cerealicoli e l’ingresso di grano estero a basso costo stanno comprimendo ulteriormente i margini, spingendo molti cerealicoltori a ridurre le superfici o a uscire dalla coltivazione del duro.
Crisi idrica: l’allarme ANBI aggrava il quadro produttivo
A rendere ancora più critico lo scenario interviene l’emergenza idrica denunciata a dicembre dall’Osservatorio ANBI Risorse Idriche. In Sardegna le riserve d’acqua stanno rapidamente diminuendo dopo due anni di siccità, nonostante un autunno tradizionalmente piovoso. Il lago Omodeo, principale invaso dell’Isola e tra i più grandi d’Europa, trattiene oggi solo il 44% della capacità autorizzata, con una perdita di oltre 160 milioni di metri cubi rispetto al 2023. Temperature eccezionalmente elevate e assenza di neve aggravano una situazione che coinvolge gran parte del territorio italiano, dal bacino del Po fino al Mezzogiorno, aumentando l’incertezza per le prossime campagne cerealicole e la disponibilità di acqua per l’irrigazione di soccorso.
Territorio, filiere e infrastrutture: le leve per la resilienza
Secondo ANBI, la crisi climatica rende evidente la necessità di politiche più flessibili e territoriali. «Questa imprevedibilità climatica dimostra la necessità di normative europee declinate sulle specificità di territori diversi», ha dichiarato Francesco Vincenzi, presidente dell’associazione.
Per il grano duro sardo, le indicazioni convergono su alcuni punti chiave: concentrare le coltivazioni negli areali più fertili, adottare tecniche di agricoltura di precisione per contenere i costi, investire in infrastrutture idrauliche per la raccolta dell’acqua piovana e rafforzare gli accordi di filiera con prezzi minimi garantiti. In un contesto di risorse idriche sempre più scarse e mercati instabili, la sostenibilità della cerealicoltura passa dalla capacità di integrare qualità, organizzazione di filiera e gestione efficiente dell’acqua.

Fonti: Confagricoltura, ANBI Osservatorio Risorse Idriche
Autore: Azzurra Giorgio
Puoi seguirci anche sui social, siamo su Facebook, Linkedin e Instagram




