Prosegue il ciclo di interviste sulla storia del frumento in Italia con il Prof. Tommaso Maggiore, già Professore Ordinario di Agronomia Generale e Coltivazioni Erbacee e Accademico ordinario dei Georgofili, Firenze (nella foto a lato). In questo articolo chiudiamo il racconto sull’evoluzione del grano duro, parlando del ruolo delle nuove tecnologie nell’evoluzione varietale a partire dagli anni ’60.
Cosa stava accadendo, negli anni ’60, nella ricerca varietale sul grano duro?
Da un lato c’era Ugo De Cillis Direttore Dell’Istituto di Genetica per la Cerealicoltura, che non credeva di poter ottenere vantaggi produttivi con l’abbassamento della taglia, e altri ricercatori dello stesso Istituto che quasi lavoravano “di nascosto” non rispettando quanto sostenuto dal lor direttore ( Pierino Jannelli a Foggia e Bruno Resmini a Sant’Angelo Lodigiano), dall’altro era giunto in Italia José Vallega, della FAO, che introdusse il Norin 10. Nei suoi programmi con la grande e fattiva collaborazione di Giuseppina Zitelli, riuscì a introdurre il fattore della taglia bassa, combinandolo con la resistenza alle patologie (ad esempio, alle ruggini). Senatore Cappelli era ritenuta la varietà migliore e veniva utilizzata come genitore ricorrente.
Si lavorava nelle serre innovative localizzate a Roma, le prime con un gruppo frigo per riuscire a mantenere temperatura e umidità costanti. Da questo programma vennero fuori tutta una serie di varietà, alcune di qualità discutibile, ma di taglia bassa: Valgiorgio, Valgerardo, Valaniene, Valfiora… La storia proseguì: molti materiali vennero poi impiegati per programmi di miglioramento genetico, ad esempio, in Sicilia Calcagno (Direttore dell’Istituto di Granicoltura di Caltagirone) utilizzò Valnova per realizzare Simeto.
Un altro gruppo attivo in quegli anni era in Sicilia, l’Istituto di Agronomia di Palermo (Direttore Gianpietro Ballatore) che operava nell’az. sperimentale Sparacia realizzò Trinacria. Anche in Sardegna Raffaele Barbieri e i suoi collaboratori costituirono Maristella. Tra il ‘70 e il ’75, dal nucleo della Casaccia vennero fuori due linee, il Tito e il Creso, che segnarono una nuova era. A Bari un altro allievo di Strampelli, Dionigi, costituì ISA1 e Appulo.
Per leggere in modo corretto senza servirsi solo dei ricordi racccomando di leggere un recentissimo libro edito da Chirotti e scritto da Gaetano Boggini, Andra Brandolini e Alfio Spina dal titolo “Storia dei frumenti, origine, evoluzione e genetica”.
Cosa faceva e come nacque la Casaccia?
Nacque alla fine negli anni ‘50 per l’impiego di energia nucleare in agricoltura; si trattava di una tecnologia per ottenere effetti mutageni attraverso trattamenti specifici. Questi erano necessari per poter generare variabilità da impiegare nei programmi di miglioramento genetico, come già avveniva per numerose specie vegetali all’epoca. Nel cosiddetto “campo gamma” si fecero diversi trattamenti su Senatore Cappelli che diedero luogo alle varietà Casteldemonte e Castelporziano. Nel frattempo, i ricercatori di Scarascia Mugnozza avevano portato in Italia materiale innovativo trovato in giro per il mondo: fu anche con il contributo di queste fonti che si crearono le linee di Tito e Creso, laddove quest’ultimo poi fu vincente. Possiamo, quindi, affermare che la battaglia per la taglia bassa è stata vinta più per selezione con Norin 10 che con i raggi gamma… questo perché si erano impiegati, come genitori ricorrenti, Casteldemonte e Castelporziano che derivavano da Senatore Cappelli.
Perché allora si è data tanta importanza ai raggi gamma?
Erano il motivo fondamentale per cui esisteva la stazione di ricerca, quindi andava promosso. Bisogna comunque pensare che la varietà Creso funzionava benissimo: ha occupato fino al 55-60% della superficie coltivata a grano duro in Italia. In termini produttivi e qualitativi, specialmente nelle condizioni più a Nord – come nelle Marche, in Emilia e nel Lazio – dava ottimi risultati. Un po’ meno in Sicilia, perché è una varietà più tardiva rispetto ad altre: in questa regione il lavoro di ricerca fatto dalla Stazione di Granicoltura di Caltagirone, ad esempio con il Simeto, è stato particolarmente proficuo perché ha fornito , fra l’altro, materiale precoce. Pensiamo che il Simeto ha una sua rilevanza ancora adesso in molte aree mediterranee.
Ci racconta della sua esperienza a Foggia, oggi sede del CREA e punto di riferimento per il grano duro?
In effetti il mio contributo è stato solo quello “costruttivo” dell’attuale sede di ricerca. L’azienda Manfredini, estesa, se non ricordo male, per circa 200 ettari, era nata ai primi del ‘900 ed era gestita inizialmente da Grifoni che fu trasferito da Rieti a Foggia da Nazareno Strampelli. La sua masseria dell’zienda , attaccata alla città, era strategica per la possibilità ci reperimento della manodopera allora necessaria in grande quantità per realizzare i campi sperimentali. Strampelli, non riuscendo ad acquistarla, la fece espropriare in tempi di (15 giorni). Nel dopoguerra, in pensione Grifoni, vi fu collocato un ricercatore, Pierino Iannelli, che molto lavoro sul grano duro e poi, trasferitosi alla confinante azienda della Capitanata (assegnata all’Istituto sperimentale per le colture foraggere),su diverse colture foraggere. Con la riforma della sperimentazione agraria la Fitotecnica ( cosi’ Strampelli denominava le sedi periferiche) di Foggia viene assegnata all’Istituto sperimentale per la Cerealicoltura di Roma come sezione.
Nel 1973 l’Istituto decide di cambiare la sede, collocando una parte della foresteria nella masseria e creando un moderno istituto di ricerca: nuove strutture per le moderne pratiche di miglioramento genetico e di agronomia. Il Consiglio di Amministrazione desiderava realizzare un progetto che si era definito nel 1938 . Il Presidente ( Prof. Paolo Albertario) e il Direttore ( Prof. Angelo Bianchi) mi incaricarono di far mantenere la parte esterna del detto progetto e, a parità di spesa di ristrutturare gli interni. Così nacque il moderno istituto di Foggia, che ristrutturato potò ricevere il nuovo Direttore: il Prof. Wittmer.
Leggi la storia dell’arrivo del grano duro al Nord Italia e il racconto delle origini dello sviluppo varietale del Prof. Maggiore.
Autore: Azzurra Giorgio
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