Ecco cosa pensiamo delle TEA: l'agronomo Flavio Barozzi illustra la nostra posizione sulle (tecniche di evoluzione assistita) o NBT
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ECCO COSA PENSIAMO DELLE TEA

L’agronomo Flavio Barozzi illustra la nostra posizione

Spesso ricordo come alcuni anni fa il prof. Maurizio Cocucci, insigne biochimico e fisiologo vegetale, all’epoca Preside della Facoltà di  Agraria dell’Università di Milano, commentando le vicissitudini e gli ostracismi verso le biotecnologie applicate al miglioramento genetico in agricoltura (all’epoca rappresentate in prevalenza da organismi modificati attraverso transgenesi), disse più o meno:”Si tratta di una reazione dalla termodinamica lenta ma dall’equilibrio fortemente spostato verso i prodotti”. La metafora appare azzeccata.
In effetti il cammino delle biotecnologie applicate al miglioramento genetico agrario procede con esasperante lentezza, ma procede. E’ anzi assai probabile che, da un certo punto in poi, proceda con notevole speditezza e in maniera irreversibile, come accade appunto per certe reazioni chimiche che si avviano con lentezza ma poi sono inarrestabili.

Il voto UE

Il recente voto del Parlamento Europeo che a maggioranza ha “aperto” alle TEA (tecniche di evoluzione assistita) o NBT (nuove biotecnologie) che dir si voglia, sembra rappresentare in questo senso un primo importante passo.
Come dovrebbe essere noto a tutti, le piante che noi coltiviamo sono molto diverse da ciò che erano in origine. Sono il frutto di millenni di evoluzione, di mutazioni più o meno spontanee ed accidentali, di incroci indotti dall’uomo e di una selezione tutt’altro che “naturale” finalizzata a migliorare l’efficienza produttiva, la resistenza e la resilienza rispetto alle avversità biotiche ed abiotiche. Sul miglioramento genetico purtroppo regna grande confusione, cui spesso si accompagna qualche “fake news” talvolta fondata sulla paura dell’innovazione sulla mitizzazione di “antichi saperi ed antichi sapori” piuttosto inventati.

Potenzialità enormi

La genetica è una scienza “giovane” e l’incremento delle conoscenze scientifiche in questo campo è relativamente recente (la scoperta del DNA ha da poco “compiuto” 70 anni…). Proprio per questo gli spazi di sviluppo sono tra i più ampi, affascinanti e rischiosi al tempo stesso.
Oggi il campo di maggiore interesse è senza dubbio quello delle TEA, quindi della produzione di piante geneticamente “editate” in cui non vengono inserite porzioni del genoma di altra specie (come accade nel caso di “organismi geneticamente modificati”) ma viene realizzata una “correzione” del DNA della pianta oggetto di miglioramento per indurre il carattere desiderato.
Le potenzialità sono enormi: si potrebbero indurre resistenze a condizioni estreme o avverse (ne parlammo con l’amica Vittoria Brambilla in un video realizzato nell’estate 2022 proprio per capire come con le TEA avremmo potuto avere varietà di riso più resilienti verso la siccità: https://www.youtube.com/watch?v=yENeMnfJQNk), oppure a insetti e patogeni, riducendo al tempo stesso le necessità di protezione fitosanitaria mediante trattamenti chimici.

Il riso italiano

In questo campo il riso italiano è all’avanguardia. Alcune settimane fa il team scientifico dell’Università degli Studi di Milano coordinato proprio da Vittoria Brambilla ha presentato richiesta di sperimentazione in campo di una varietà di riso in cui attraverso tecniche di “genome editing” è stata indotta resistenza al brusone. Si tratterebbe della prima sperimentazione in assoluto in Italia, realizzata grazie alle timide aperture introdotte dal legislatore lo scorso anno. L’ultima richiesta presentata in Italia in ambito biotecnologico risale a vent’anni fa. Nel 2004 la prof.ssa Gentile dell’Università di Catania chiese di sperimentare una cultivar di limoni transgenici resistenti al malsecco. La richiesta fu respinta determinando la “fuga dei limoni” in Cina, dove la varietà scoperta in Italia viene tuttora prodotta ed esportata in tutto il mondo.

Analfabetismo scientifico

Purtroppo su questi argomenti grava il diffuso “analfabetismo scientifico” che caratterizza l’opinione pubblica italiana. Alcune sere fa, durante una intervista al prof. Dario Casati incentrata sulle proteste agricole,  il conduttore ha tra l’altro affermato “…le NBT sono un altro modo per chiamare gli OGM…”. Che sarebbe come dire che un aereoplano e un calabrone sono la stessa cosa perchè entrambi volano…

Battute a parte, il recente voto dell’Europarlamento sembra confermare una seppur timida “apertura” verso la razionalità della scienza applicata in agricoltura. L’annunciato ritiro del “regolamento taglia agrofarmaci”, che tutto il mondo tecnico-scientifico aveva giudicato molto severamente per i negativi impatti che avrebbe generato sulla produzione agricola senza alcun beneficio per l’ambiente, pare un ulteriore segnale di speranza per il futuro. Ma dovrebbe pure indurre qualche riflessione un poco “fuori dagli schemi”… Ne parleremo alla prossima puntata.

Autore: Flavio Barozzi, dottore agronomo

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