L’impiego dei reflui zootecnici in agricoltura è un’opportunità fondamentale per l’equilibrio economico e ambientale delle aziende che rientrano nei sistemi foraggeri, così diffusi nei contesti della Pianura Padana, dal Piemonte al Veneto. L’emissione di gas nocivi, tipicamente gas serra e ammoniaca, rappresentano però una problematica rilevante per l’ambiente e la comunità, strettamente collegata alla gestione dei reflui. Il controllo di tali emissioni, d’altra parte, è sempre più spesso un obbligo o un impegno a cui gli agricoltori devono far fronte in questo periodo storico.
Il progetto di ricerca AMMOCHAR – Biochar per l’efficienza fertilizzante ed ambientale dei reflui zootecnici, si occupa anche di questa tematica: ne ha parlato Alessandra Lagomarsino, ricercatore della sede di Firenze del CREA, in un webinar organizzato da FODAF Lombardia lo scorso 17 dicembre. Il gruppo di ricerca, che vede la collaborazione degli esperti del CREA e della Fondazione Minoprio, ha presentato i risultati e lo stato di avanzamento sulle possibili soluzioni per ridurre le emissioni di gas nocivi da reflui zootecnici, in particolare nelle operazioni di stoccaggio e di impiego in campo.
Illustriamo di seguito una sintesi delle esperienze rilevanti che possono dare agli agricoltori spunti per contribuire ad un processo verso un sempre minore impatto ambientale delle attività, in coerenza con l’evoluzione normativa e degli incentivi pubblici nel comparto. Lo facciamo partendo da alcuni dati diffusi da ISPRA (2024 e 2023) che confermano il rilevante contributo del settore zootecnico all’emissione di gas nocivi. In particolare, esso è responsabile del 65% delle emissioni di gas serra dall’agricoltura e dell’82% delle emissioni di ammoniaca. Le potenzialità delle azioni di mitigazione, quindi, sono molto elevate.
Ridurre le emissioni nocive in fase di stoccaggio
Numerose sono le strategie già disponibili nella fase di stoccaggio dei reflui zootecnici, su cui tanta letteratura scientifica è disponibile. In questo contesto, i gas nocivi che rischiano di disperdersi abbondantemente nell’ambiente sono ammoniaca (NH3), metano (CH4) e protossido di azoto (N2O). Tra le strategie attuabili vi sono le coperture con teli e materiali diversi come la paglia, l’aerazione, la separazione delle frazioni solida e liquida, l’acidificazione e la bioacidificazione, la digestione anaerobica, l’uso di biochar. Gli effetti possono essere non sempre univoci in termini di riduzione o incremento dei gas e, soprattutto, possono essere discordanti da un gas all’altro.
La produzione e gestione del digestato è una realtà molto diffusa nel contesto delle pianure del Nord Italia, si pensi che in Lombardia ERSAF conta 387 impianti di digestione anaerobica in funzione, alimentati da reflui prodotti da circa 100.000 bovini. I vantaggi della produzione del digestato, in termini di caratteristiche del materiale e impiego come fertilizzante, sono rappresentati dall’abbassamento del rapporto carbonio/azoto (C/N), da un elevato rapporto NH4-N/ N totale e un elevato contenuto di composti solubili. Questo determina una pronta ed alta disponibilità di NH4-N per la coltura, disponibilità che si dimostra costante nel tempo.
Le strategie più efficaci
Il gruppo di ricerca di AMMOCHAR si è focalizzato sulla sperimentazione nella produzione e impiego del digestato, rilevando in fase di stoccaggio risultati molto utili. In particolare, rispetto all’uso di reflui, il digestato tal quale consente di ridurre le emissioni di NH3 relativamente al contenuto in N (quindi di più per il digestato separato liquido, rispetto a digestato e rispetto a refluo). La frazione liquida rispetto al digestato tal quale, poi, consente di ridurre le emissioni di NH3 e di CH4.
Anche l’impiego di biochar consente una riduzione delle emissioni. La miscelazione nello stoccaggio riduce le emissioni di CH4, mentre la distribuzione in superficie riduce le emissioni sia di NH3 che di CH4: qui gli effetti sono significativi se il cappello è superiore a 5 cm.
Infine, la bioacidificazione rappresenta il metodo più efficace di riduzione di emissioni di NH3, impiegando acido lattico e fermenti, oppure aceto di legno. Tali additivi, però, hanno un effetto inverso sul CH4, rappresentando dei substrati che ne innescano la produzione.
Per concludere, i ricercatori consigliano di mettere in piedi una gestione differente a seconda del tipo di residuo: ad esempio, in caso di reflui è consigliabile applicare un cappello di biochar in superficie, mentre se le emissioni di NH3 rappresentano il problema principale, allora può essere efficace l’impiego di acidificanti organici.
In merito al protossido di azoto, non se osservano emissioni in fase di stoccaggio, se non in minime quantità.
L’analisi delle possibili soluzioni per ridurre le emissioni di gas nocivi da reflui proseguirà domani, con un focus sulle tecniche nella distribuzione in campo.
Autore: Azzurra Giorgio
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