Parliamo di glifosate, ovvero di N-(fosfonometil)glicina, C3H8NO5P), un analogo aminofosforico della glicina. Nei vegetali, esso agisce come inibitore dell’EPSP sintatsi (3-fosfoshikimato 1-carbossiviniltransferasi), un enzima presente unicamente negli organismi vegetali. Questa sua attività, scoperta per caso da un ricercatore negli anni ’70 del XX secolo, lo ha reso noto come erbicida totale, ovvero non selettivo. Si tratta, ad oggi, del prodotto più utilizzato a livello mondiale per la gestione della flora infestante nelle aree agricole ed extra agricole. La sua grande diffusione è dovuta allo spettro d’azione molto ampio e al costo non elevato. Non ultima, anche alla sua ridotta tossicità nei confronti degli uomini e dell’ambiente in generale.
Fino al 2001 il brevetto di produzione era detenuto dalla allora Monsanto ma adesso è liberamente impiegato da numerose industrie chimiche. Grande stimolo alla sua diffusione è da attribuirsi alla possibilità di impiego selettivo nelle colture geneticamente modificate. Parliamo di contesti non europei e di coltivazioni come mais, soia, cotone e colza di cui sono state sviluppate cultivar resistenti alla molecola del glifosate.
Il meccanismo di azione del glifosate
Il principio attivo agisce verso le piante annuali, poliennali, erbacee e legnose, in modo sistemico. Dopo l’applicazione in post emergenza, viene assorbita dai tessuti verdi dell’infestante e circola all’interno di tutte le parti della pianta, epigee e ipogee, impedendo la sintesi degli amminoacidi. Questo grazie alla capacità di bloccare l’azione dell’enzima ESP sintasi, presente unicamente negli organismi vegetali. Nel nostro paese i quantitativi impiegati sono stimati nell’ordine di 4.000-4.500 tonnellate/anno.
Con l’aiuto del Prof. Aldo Ferrero, malerbologo dell’Università degli Studi di Torino, abbiamo fatto un quadro chiaro e sintetico dell’impiego del glifosate in Italia e altri contesti rilevanti. Come sempre, con un’attenzione particolare alla coltura del frumento.
Prof. Ferrero, qual è ad oggi lo stato dell’autorizzazione del glifosate in Europa e in Italia? Ci sono previsioni di variazioni delle normative nei prossimi anni?
«La Commissione Europea ha prorogato l’autorizzazione del glifosate fino al 15.12.2033, ponendo alcune limitazioni alle dosi massime utilizzabili per il prodotto, alle misure di protezione dell’ambiente da adottare, oltre che al grado di purezza della sostanza attiva e al limite di presenza di alcune impurezze. La dose massima è stata posta a 1,44 kg s.a./ha/anno (innalzabile a 1, 80 kg s.a./ha/anno in presenza di specie invasive) negli usi agricoli e a 3,60 kg s.a./ha/anno in quelli extra-agricoli. Fino al 2033 non sono attese variazioni a livello normativo».
A partire dal 2012, infatti, la molecola è stata sottoposta a due processi di revisione da parte di numerose autorità e agenzie regolatorie. Tra queste vi sono EFSA e IARC, parte di OMS. Le revisioni, basate sugli studi scientifici disponibili al momento delle valutazioni, hanno poi portato ad un discusso inserimento del prodotto da parte dello IARC nel gruppo 2A delle sostanze cancerogene. Questo gruppo è lo stesso in cui si colloca il consumo di carni rosse e di bevande consumate molto calde. Dopo la prima revisione, l’autorizzazione del prodotto è stata rinnovata dalla Commissione Europea fino al 15.12.2022. La seconda revisione, basata sulla valutazione di ben 2.400 studi dai quali non è emersa alcuna pericolosità del prodotto, ha portato al rinnovo appena citato dal Prof. Ferrero.
I limiti al glifosate
Alcune limitazioni poste all’impiego di glifosate sono collegate al rischio accertato di contaminazione delle acque, per cui il livello di tossicità del glifosate è maggiore. In particolare con riferimento ai corpi idrici superficiali, per i cui parametri di qualità vi sono limiti ammessi di residui di glifosate e del suo metabolita AMPA, comunemente legato a fenomeni di ruscellamento o di applicazioni lungo gli argini dei canali o dei fossi. E’ anche da tenere in considerazione che recenti studi hanno dimostrato come questa contaminazione potrebbe anche essere causata dagli aminopolifosfonati. Queste sostanze sono comunemente utilizzate come additivi nei detergenti per uso domestico e industriale. Questi, dunque, nulla avrebbero a che fare con l’impiego del glifosate come diserbante.
L’analisi sul glifosate e l’intervista al Prof. Ferrero proseguiranno domani, con un focus sull’utilizzo in Italia e in contesti extra-europei.