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GLIFOSATE IN PRE-RACCOLTA? NO GRAZIE!

Vi raccontiamo il dietro le quinte dei meccanismi di estensione dell’uso degli erbicidi

Come sappiamo, il glifosate è stato autorizzato per altri dieci anni. Come abbiamo spiegato, i problemi per questa sostanza attiva non sono finiti (leggi l’articolo). Ora vi spieghiamo perché la cerealicoltura italiana lo utilizza solo quando serve, cioè come erbicida prima della semina della coltura del grano e perché questo uso non è assimilabile a quello che si fa di questa sostanza in alcuni Paesi. Perché è utile puntualizzarlo? Perché se il mondo ambientalista non difendesse interessi di bottega e capisse che l’agricoltura italiana è già sostenibile ci risparmieremmo molte polemiche.

L’Europa

Secondo le normative comunitarie, un produttore di agrofarmaci può richiedere in un Paese  l’autorizzazione all’impiego di un prodotto già autorizzato in un altro Paese dell’Unione con una procedura semplificata dettata dal principio del mutuo riconoscimento.  Le autorità competenti del Paese dove è stata presentata la nuova domanda di autorizzazione, possono accogliere o rigettare la richiesta, soprattutto sulla base delle specificità agronomiche ed ambientali, essendo gli aspetti tossicologici già stati in precedenza esaminati a livello comunitario. . Infatti, l’Europa è grande e le problematiche colturali possono non essere le stesse in Germania e in Italia.

Le autorizzazioni al glifosate

E’ il caso del glifosate. In alcuni Paesi, come la Francia, il prodotto è autorizzato anche per l’impiego nelle ultime settimane che precedono la raccolta del frumento, per evitare la diffusione delle malerbe sfuggite ai trattamenti precedenti. Tuttavia, in un Paese come l’Italia, a quello stadio di maturazione del grano e delle malerbe, questa sostanza attiva determinerebbe soltanto un disseccamento della coltura senza fornire un significativo effetto  sulle infestanti ormai a fine ciclo. In altre parole, un agricoltore europeo, laddove viene autorizzata questa estensione d’uso, la utilizza per completare più in fretta la maturazione, esattamente come avviene in Canada. Questo potrebbe essere plausibile in quei Paesi europei che, per ragioni di latitudine e di clima, non possono permettersi di far maturare il frumento in modo naturale.

L’estensione

A questo punto, dobbiamo chiederci: se un’azienda dovesse chiedere una estensione di utilizzo di questa sostanza in Italia cosa succederebbe? Succederebbe che le nostre commissioni tecniche lo boccerebbero, perché rileverebbero che tale estensione d’uso non è necessaria nel nostro areale. Quindi non per ragioni tossicologiche, come si è a lungo pensato, ma perché sarebbe un utilizzo contro natura. Ma c’è una seconda motivazione. Utilizzare il glifosate come acceleratore di maturazione comporterebbe un livellamento della qualità del frumento italiano a quella del frumento nordeuropeo. In altre parole, se lo usassimo come in alcuni casi fanno i francesi avremmo l’illusione di accelerare la maturazione del grano ma ci danneggeremmo da soli. Questo è dunque un esempio di come la filiera del grano italiano utilizza la chimica in campo con grande attenzione all’ambiente e alla qualità del prodotto finale.

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