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GRANAIO ITALIA: UN PESO O UN’OPPORTUNITA’?

Cosa ne pensano le associazioni di Agricoltori

L’estate 2025 sarà, forse, nota per l’arrivo del Registro di Granaio Italia, ovvero del sistema che permetterà di tenere traccia delle movimentazioni di cereali nel nostro paese. E’ ancora attesa la pubblicazione delle linee guida operative che possano concretamente guidare l’organizzazione dei soggetti obbligati alla registrazione, aspetto su cui abbiamo raccolto alcune dichiarazioni di attori del settore in questo articolo. Ma cosa ne pensano le associazioni di agricoltori? Vediamo qualche parere, focalizzandoci sui dubbi espressi da LiberiAgricoltori.

Cosa ne pensano le associazioni di agricoltori

Non mancano i commenti positivi anche dalle associazioni degli agricoltori sull’arrivo di Granaio Italia: anche Confagricoltura ha espresso soddisfazione per le semplificazioni applicate al provvedimento, in particolare per la cadenza trimestrale con la quale dovranno essere effettuate le registrazioni.

Proprio dalle pagine di Grano italiano, poi, Emanuele Occhi di Coldiretti aveva dichiarato la presenza di «qualche lacuna che mina gli obiettivi della tracciabilità: la seconda trasformazione, ovvero tutto quanto è successivo al mulino, non è infatti obbligata ad effettuare comunicazioni sul registro». (Leggi: FILIERA SOLUZIONE IMMEDIATA).

Peso o opportunità?

Lacune e dubbi sull’efficacia della legge sono rilevati anche da Emilio Vesia (nella foto), agricoltore, componente del Comitato di Presidenza Nazionale e Presidente di LiberiAgricoltori Basilicata. L’articolo 5 della legge, infatti, «tiene fuori chi opera per la zootecnia e i trasformatori, andando a snaturare tutto il provvedimento» ci dice Vesia. E prosegue: «lo stesso articolo afferma che non sono tenuti all’obbligo di registrazione le aziende che esercitano in via prevalente Attività di allevamento e Attività di produzione di mangimi. Inoltre, sono esclusi gli operatori che utilizzano le quantità di prodotto per il reimpiego aziendale, anche per usi zootecnici. Ancora, non sono soggette a registrazione le operazioni di carico-scarico relative alla trasformazione dei cereali e ai cereali trasformati».

Secondo Emilio Vesia, «questi due punti allargano la maglia del controlli e, anzi, vanno ad vanificare tutto il lavoro a monte. Se prendiamo ad esempio 1000 quintali di grano ricevuti da un pastificio, quest’ultimo nella pratica non è obbligato a dichiarare la resa in semola di quel grano, ad esempio 500 quintali, e nemmeno il fatto che da questi 500 quintali di semola ha prodotto 600 quintali di pasta. Insomma, può scrivere e fatturare quello che gli pare e piace».

Pagano gli agricoltori professionali

L’agricoltore e presidente di Liberi Agricoltori Basilicata conclude: «un’ultima paura che abbiamo è che il registro del Granaio Italia non rappresenti in modo veritiero la realtà del settore. Il motivo sta nel fatto che, con una dimensione media intorno ai 10 ettari, tante aziende italiane non raggiungono la produzione di 30 ton, oltre la quale scatta l’obbligo delle registrazioni (se prendiamo l’esempio del grano duro).  Queste, poi, sono gestite da soggetti il cui regime fiscale non richiede nemmeno l’emissione della fattura. Si tratta di tanto grano che entra nel circuito industriale ma passa sotto traccia, tenuto in una specie di limbo. Ancora una volta saranno gli agricoltori professionali a pagare i danni dovuti non solo all’eccesso di burocrazia ma anche al rischio di sanzioni in caso di errori».

Autore: Azzurra Giorgio

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