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GRANI “VECCHI” O GRANI “ANTICHI”?

Cosa sono e in cosa sono differenti i cosiddetti grani “antichi”: le reali caratteristiche

Cosa si intende davvero con il termine “frumenti antichi” (o più correttamente “grani antichi” / “varietà storiche di frumento”). Ad oggi esso viene utilizzato diffusamente per indicare cultivar di frumento che sono state coltivate da decenni o secoli, prima dell’avvento della produzione agricola industriale intensiva. Tuttavia, è importante precisare che “antichi” non significa necessariamente primordiali o selvatici: si tratta semplicemente di varietà non selezionate o ibridate di recente per massimizzare la resa, ma che mantengono caratteristiche più “tradizionali”.

Alcuni esempi di varietà italiane sono Senatore Cappelli, Tumminia/ Timilia, Russello, Saragolla, Verna, e molte altre. Queste, quindi, non devono essere considerate “selvatiche” o pre-agricole, ma cultivar “vecchie” nel senso che non sono state oggetto del processo di selezione intensiva o ibridazione che ha caratterizzato i frumenti moderni dopo la seconda guerra mondiale.  Questa distinzione è utile per evitare mistificazioni: non si tratta di tornare a un frumento “primitivo”, bensì di riscoprire varietà che oggi sono meno produttive ma che offrono altre qualità (agronomiche, nutrizionali, organolettiche).

Qualità dei grani “antichi”

Le varietà di frumento “antiche” mostrano alcune caratteristiche agronomiche interessanti che le rendono spesso adatte a contesti meno intensivi o marginali. Sono, infatti, generalmente piante a taglia più alta, richiedono una minore densità di semina e offrono una resa per ettaro inferiore rispetto alle varietà attuali. Molte mostrano una buona adattabilità a terreni poveri, condizioni pedoclimatiche non ideali, e possono essere coltivate con minori input chimici (concimi, erbicidi) rispetto ai sistemi intensivi. Per queste ragioni, in particolare per la spiccata rusticità, si prestano bene a filiere biologiche o a basso input, rotazioni attente e coltivazioni che puntano sulla qualità piuttosto che sulla massimizzazione della resa. Considerando la resa minore, però, il rischio è di coltivare con una marginalità più bassa e, quindi, altamente a rischio, a meno che non si trovi una nicchia di mercato interessata e remunerativa.

Caratteristiche qualitative e nutrizionali

Dal punto di vista qualitativo e nutrizionale, le varietà di frumento “antiche” presentano alcune differenze rispetto ai frumenti moderni, pur con le dovute cautele. Gli studi, infatti, non sempre sono uniformi e spesso i risultati dipendono da condizioni ambientali e di coltivazione. Ad esempio, alcune ricerche indicano che i grani antichi possono contenere quantità più elevate di composti fenolici, carotenoidi (es. luteina, zeaxantina) e micronutrienti (zinco, selenio) rispetto ad alcune varietà moderne.

Dal punto di vista della digeribilità, c’è evidenza che il glutine presente in alcune varietà antiche potrebbe risultare più “lento” o meno tenace nella lavorazione, quindi probabilmente più “digeribile” in soggetti non celiaci, grazie a una struttura proteica differente. Con rifermento alle qualità organolettiche, i prodotti derivati (pane, pasta, farine) spesso esibiscono caratteristiche di gusto, aroma e consistenza più “rustiche”, che possono essere valorizzate in produzioni artigianali o tradizionali.

E’ importante sottolineare, comunque, che spesso le differenze rilevate sono di entità modesta e possono dipendere fortemente da fattori ambientali, tecniche di coltivazione e modalità di trasformazione. I percorsi della ricerca, quindi, sono ancora aperti.

Nella foto in alto: campi di Timilia

Autore: Azzurra Giorgio

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