Che cosa significa produrre grano in modo sostenibile, a partire dal punto di vista ambientale? Quali sono i risvolti economici e organizzativi per un ceralicoltore. Ricordiamo, in prima battuta, che l’agricoltura sostenibile si basa sull’interazione tra piante, suolo e microrganismi, che regolano il ciclo dei nutrienti, la resilienza agli stress e la biodiversità.
Come ci spiega Rosangela Addesso, ricercatrice dell’Università degli Studi della Basilicata, in questo quadro, i comparti di suolo ricchi di microrganismi, come rizosfera e rizoguaina (zone di suolo attorno alle radici), sono interfacce ecologiche chiave per le relazioni pianta–microbo. Le pratiche gestionali sostenibili, basate su ammendanti organici e coperture perenni, migliorano in particolare la funzionalità microbica della rizosfera. Coordinare queste pratiche con le fasi chiave della coltura (ad esempio la fioritura) ne amplifica i benefici ecologici e va nella direzione degli obiettivi europei su salute del suolo e conservazione della biodiversità. «Integrare biodiversità, qualità della sostanza organica e monitoraggio della variabilità spazio-temporale» ci dice «è la chiave per ottimizzare i servizi ecosistemici del suolo».
Il cerealicoltore ci guadagna
Quali sono i risultati dell’applicazione di pratiche ecologiche più sostenibili nella ceralicoltura? Abbiamo approfondito il tema con Rosangela Addesso che, proprio in questi mesi, si sta occupando di un progetto di ricerca mirato a comprendere gli effetti sulle dinamiche ecologiche nel suolo di pratiche sostenibili rispetto a pratiche convenzionali. In particolare, i risultati della ricerca suggeriscono che nel medio periodo le pratiche come l’uso mirato di ammendanti organici, le rotazioni con leguminose e gli inerbimenti/miscugli perenni possono tradursi, per i cerealicoltori, in suoli più fertili e resilienti, con maggiore sostanza organica e una comunità microbica più attiva.
«Questo» ci spiega Rosangela Addesso «in termini economici significa rese potenzialmente più stabili negli anni difficili, colpiti da siccità e stress, e una maggiore efficienza d’uso dei fertilizzanti. Ciò implica, quindi, la possibilità di ridurre gradualmente parte degli input minerali mantenendo la produttività».
I limiti da tenere presenti
Dall’altro lato, esistono dei limiti, in particolare nella fase di transizione da pratiche di agricoltura convenzionale a quelle più sostenibili. In primo luogo, gli ammendanti organici e le coperture perenni comportano costi iniziali maggiori, tra cui costi di acquisto, trasporto, distribuzione, sementi. Inoltre, vi è una maggiore complessità gestionale, oltre a un probabile periodo di transizione in cui i benefici agronomici non sono ancora pienamente visibili.
Rosangela Addesso ci spiga che «non tutti i suoli e non tutte le aziende rispondono allo stesso modo: serviranno consulenza tecnica e monitoraggi mirati (ad esempio analisi della sostanza organica e dell’attività microbica) per tarare le dosi e le tempistiche in modo da mantenere un equilibrio sostenibile tra costi e ricavi. Dunque, non esistono “ricette” uguali per tutti, ma gli studi come quello che portiamo avanti mirano a fornire una base scientifica per progettare percorsi di transizione agroecologica che siano agronomicamente efficaci ed economicamente sostenibili per i coltivatori di frumento».
Il progetto di ricerca citato rientra nel progetto Agritech National Research Center, finanziato dall’Unione Europea tramite il PNRR – NextGenerationEU (PIANO NAZIONALE DI RIPRESA E RESILIENZA (PNRR) – MISSIONE 4 COMPONENTE 2, INVESTIMENTO 1.4 – D.D. 1032 17/06/2022, CN00000022), portato avanti dal Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari e Ambientali (DAFE) dell’Università degli Studi della Basilicata, responsabili scientifici Prof. Mariana Amato e Adriano Sofo e ricercatrice Dott.ssa Rosangela Addesso, in collaborazione con l’Università del Sannio e dell’Aquila.
Autore: Azzurra Giorgio
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