Normalmente parla poco in pubblico. E’ l’uomo del fare, nel senso che fa e disfa l’agricoltura italiana. Che uno come Vincenzo Gesmundo, il potente segretario generale della Coldiretti, prenda carta e penna per attaccare l’Europa su Il Sole 24 Ore (articolo del 6 luglio) significa che lo scontro sul fondo unico europeo e, quindi, sugli aiuti all’agricoltura è arrivato a una svolta. Le voci che ci giungono da Bruxelles, però, sono anche di una grande confusione tra i personaggi e tra gli organi politici. Vediamo cosa sta succedendo…
Coldiretti: «senza agricoltura c’è solo guerra»
«Abbiamo bisogno dell’Europa come il pane. Ed invece qualcuno a Bruxelles vuole che il riarmo lo paghino i cittadini e gli agricoltori, togliendo risorse al cibo sano per destinarle ai carri armati. Senza agricoltura c’è solo guerra»: sono queste le parole del Segretario Gesmundo sulle pagine de Il Sole 24 Ore, preoccupato per un futuro di estrema fragilità e dipendenza dall’estero dell’agricoltura del continente. L’appello lanciato dal Segretario è per un cambio di rotta nelle politiche comunitarie, affinchè rimettano al centro la sicurezza alimentare e mettano da parte i meccanismi burocratici che hanno finito, negli ultimi anni, per vessare le imprese agricole, accusate di essere nemiche dell’ambiente.
No ai tagli: il 16 luglio la Giunta di Confagricoltura è a Bruxelles
Per Confagricoltura serve una PAC forte, finanziata in modo adeguata e non frammentata in strumenti nazionali, affinchè non ci siano squilibri tra gli Stati Membri. Infine, il comparto agricolo eruopeo è inviato ad unirsi alla petizione del Copa-Cogeca “No Security without CAP”, a difesa della Politica Agricola Comune.
A rischio c’è il mercato unico: l’allarme di Cia-Agricoltori Italiani
Cia – Agricoltori Italiani ha convocato il 2 luglio una conferenza stampa per ribadire il suo «no” al fondo unico che finirebbe per generare una guerra interna all’Europa per le risorse a disposizione, mettendo a rischio quella che è stata, nelle parole del Presidente Cristiano Fini, la «spina dorsale della strategia alimentare e agricola UE che da più di 50 anni, proprio in quanto Politica agricola “comune”, tutela il mercato unico dalle frammentazioni e i Paesi aderenti dalle disuguaglianze».
Il Presidente Fini dichiara alcuni numeri che danno l’idea dello stravolgimento a cui si andrebbe incontro con l’approvazione della riforma preannunciata dal 2027: il taglio complessivo di 80 miliardi sugli attuali 400, infatti, significherebbero per l’Italia una riduzione di 8 miliardi sui 38 già assegnati, secondo Fini. Su questi cali, andrebbe poi ad impattare la forte inflazione che avrebbe pesato circa il 14% già nel precedente bilancio. Anche Cia-Agricoltori italiani, quindi, lancia un appello alla mobilitazione unitaria del comparto agricolo, su un tema che, mai come prima, riguarda tutta la popolazione.
Per Copagri, con il fondo unico addio agli obiettivi di sostenibilità
Una «ferma e totale contrarietà” ai tagli al bilancio agricolo comunitario è ribadita anche dal Presidente di Copagri, Tommaso Battista, secondo cui una riforma del genere rischia di avere impatti significativi sulla tenuta del settore primario, nonchè sulla sicurezza alimentare del continente. A rischio, secondo Battista, ci sarebbe anche la custodia dell’ambiente e del territorio, nonchè una serie di benefici sociali che il ruolo dell’agricoltura è in grado di apportare e tutelare.
Anche una delegazione di Copagri, quindi, sarà presente il 16 luglio a Bruxelles per far sentire la sua voce e seguire il procedere delle operazioni. La battaglia è epocale, perchè la nuova PAC post 2027, così come è stata prennunciata, sarebbe per la Confederazione assolutamente incompatibile con gli «ambiziosi obiettivi comunitari in materia di sostenibilità», oltre a rappresentare «una minaccia concreta all’attuazione di misure di sviluppo rurale realmente efficaci e capaci di assicurare il futuro del comparto agricolo dell’UE».
Cosa rischia davvero l’agricoltura
Che l’agricoltura europea sia a rischio, è un fatto accertato su diversi fronti. Che a traballare siano la flessibilità degli strumenti a supporto dello sviluppo, così come la perequazione nella distribuzione delle risorse collegate, è dimostrabile con estrema razionalità, oltre l’appartenenza a bandiere e schieramenti. Allo stesso modo, appare chiaro anche al più inesperto degli analisti come i meccanismi di funzionamento della Politica Agricola Comune, pur con tutti i limiti e le incongruenze che vi si possa ritrovare, siano ormai uno dei pochissimi mezzi che abbiamo per curare i nostri territori, salvaguardarli dal declino, preservarne la fertilità e la produttività, proseguire a coltivare per tutti, garantendo alimenti sani e accessibili.
Ma questi nuovi venti che soffiano a Bruxelles, e fanno il giro del mondo, fanno davvero tremare i polsi: il sostegno al riarmo non è mai un buon segnale, men che meno in concomitanza con le minacce ai tagli ai produttori di beni agricoli. Che ormai, per sostenere la produttività industriale, si voglia davvero dire addio a materie prime coltivate in Europa? Che l’Europa del futuro sia davvero un continente in cui le foreste avranno sostituito i nostri campi? Il cambio di marcia sugli obiettivi di sostenibilità è un altro segnale che fa riflettere: l’agricoltura europea è protagonista o è un personaggio ormai fuori dalle scene?
L’Europa deve fare questa scelta presto, ma non può farlo nelle stanze dei bottoni: deve coinvolgere il Parlamento, in primo luogo, e ascoltare chi si sta già muovendo per mettere a ferro e fuoco Bruxelles il prossimo 16 luglio.
Autore: Azzurra Giorgio
Puoi seguirci anche sui social, siamo su Facebook, Linkedin e Instagram