Negli ultimi 25 anni l’Italia ha perso circa la metà delle aziende che coltivano frumento. La riduzione è dovuta non solo alla crisi economica del comparto, ma anche alla crescente complessità gestionale e all’esigenza di mezzi tecnici sempre più avanzati. Le imprese medio-grandi, dotate di capacità meccanica e gestionale, resistono meglio; le piccole, invece, faticano a reggere i costi e la pressione del mercato. Se ne è parlato al workshop organizzato da AISTEC a Roma il 9 ottobre, in occasione del trentennale dalla fondazione dell’Associazione Italiana di Scienza e Tecnologia dei Cereali.
Nel suo intervento sull’evoluzione delle pratiche agronomiche, il Prof. Massimo Blandino si è focalizzato sulla necessità, in questo scenario, di porre al centro la cooperazione. L’azienda agricola non può più essere un’entità isolata: servono reti di imprese, consorzi, accordi con contoterzisti e partnership tecniche per condividere innovazione, ridurre i costi e accedere a tecnologie avanzate. La collaborazione favorisce anche la costruzione di filiere integrate in grado di valorizzare il prodotto trasformato e di rispondere alle nuove richieste del mercato.
Tra minacce e opportunità
Le aziende agricole si trovano oggi a operare in un contesto socio-economico incerto, segnato da instabilità dei mercati, sfide ambientali e nuove sensibilità dei consumatori. Ma proprio in questo scenario di trasformazione si aprono opportunità, secondo Blandino: l’agricoltura rigenerativa, l’innovazione digitale e la già citata cooperazione territoriale offrono strumenti concreti per costruire un modello produttivo più resiliente, sostenibile e competitivo.
Gli strumenti ci sono, sia in termini di linee guida agronomiche che di forme giuridiche autorizzate dalla normativa: i cerealicoltori devono iniziare ad impiegarli, anche comprendendo che spesso è necessario attendere alcuni anni per poter vedere risultati di un certo spessore.
Agricoltura rigenerativa e fertilità biologica
All’interno delle strategie rigenerative, ad esempio, un ruolo crescente e sempre più diffuso nella pratica è giocato dalle cover crop, fondamentali per la protezione del suolo e l’accumulo di sostanza organica. Tuttavia, come ricorda Massimo Blandino, è importante sapere che secondo la ricerca i risultati non sono immediati: nei primi anni possono verificarsi cali produttivi se non si accompagna la rotazione con una concimazione azotata di supporto. I benefici in termini di fertilità del terreno emergono nel medio periodo, dopo 4-5 anni, quando l’aumento di sostanza organica migliora la struttura e la fertilità del terreno, soprattutto se si inseriscono specie leguminose nel programma di rotazione.
Anche i biofertilizzanti e i biostimolanti sono strumenti interessanti, ma non sempre risolutivi. La loro efficacia dipende dal contesto pedoclimatico e dall’integrazione con altre pratiche agronomiche. Più che sostituire l’azoto minerale, dovrebbero essere visti come complementi all’interno di strategie multifattoriali: se gestiti in modo razionale, in sinergia con le condizioni locali e altri strumenti agronomici, possono dare vantaggi concreti e con un ridotto impatto ambientale.
Autore: Azzurra Giorgio
Puoi seguirci anche sui social, siamo su Facebook, Linkedin e Instagram