made in italy
Home » IL VERO MADE IN ITALY

IL VERO MADE IN ITALY

Il pensiero di Fernando Di Chio sulla promozione del grano italiano con le filiere

All’inizio della mia carriera rammento un episodio che, in qualche modo, rispecchia la situazione che la cerealicoltura sta vivendo oggi: un agricoltore venne a consegnare del grano ed era particolarmente contrariato. Quando gli chiesi il perché, mi disse che era andato in pizzeria e aveva realizzato che la pizza gli era costata quanto un quintale del suo grano che, all’epoca, costava 20 euro al quintale.

Probabilmente quello stesso agricoltore oggi, se fosse ancora vivo, sarebbe altrettanto contrariato, considerando l’andamento dei prezzi del frumento duro: le due borse principali della Puglia (Foggia e Altamura) hanno quotato tra 33 e 35 euro, prezzi riferiti al solo fino, ossia con 79,5 di peso specifico e 12,5 di proteine.

Non si coprono le spese

made in italyPrezzi simili, considerando una media di produzione di 20 quintali a ettaro, portano a una produzione lorda vendibile variabile tra 600 e 700 euro: in pratica, molte aziende non saranno in grado di coprire nemmeno le spese di coltivazione o, quantomeno, avranno come unico ricavo la quota AGEA, con evidenti problemi. La speranza, quindi, è un rialzo del mercato, per evitare che una simile situazione porti a una inesorabile riduzione delle superfici. Questo aspetto già si è evidenziato quest’anno, con una superficie stimata nella sola provincia di Foggia di 210 mila ettari, a fronte dei 240-250 mila su cui la provincia di Foggia è in grado di investire.

Purtroppo, di sola speranza non è possibile vivere e lo dimostra il fatto che, nel corso delle mie visite presso i centri di stoccaggio, la preoccupazione non ha riguardato soltanto gli agricoltori ma anche gli stoccatori che hanno, spesso, anticipato i mezzi tecnici agli agricoltori e temono l’impossibilità di recuperare le spese sostenute.

Gli aiuti alla filiera

Il mio pensiero è che, se veramente si vuol salvaguardare il “made in italy”, è il caso che intervenga in modo concreto la politica. Non sono un economista, ma un semplice agronomo, ma essendo anche consulente agronomico per una nota filiera cerealicola, devo dire che non ho mai accettato di buon grado quel misero aiuto che è stato destinato agli agricoltori che aderiscono ad una filiera. Aiuto che ha fatto diventare le filiere una forma ulteriore di sostegno a chiunque ne faccia domanda, aiuti che sono finiti anche ad agricoltori che seminano solo perché esiste il contributo AGEA, danneggiando l’agricoltore virtuoso che ha sempre creduto nel suo lavoro.

Ciò che si è ottenuto è stata una corsa a sottoscrivere contratti di filiera senza, però, preoccuparsi di garantire la qualità che l’industria molitoria chiede poiché, come detto, l’accesso al contributo è solo legato alla stipula del contratto. Diverso sarebbe se, invece, si premiassero solo gli agricoltori “virtuosi”, ossia quelli che realmente hanno raggiunto i parametri minimi richiesti dal contratto, ottenendo una riduzione dell’esborso e destinando questo agli altri protagonisti della filiera (stoccatori e industria molitoria) per interventi mirati a migliorare la tracciabilità delle produzioni.

Del resto, dobbiamo raggiungere la piena consapevolezza che paesi quali la Turchia, lo stesso Canada e altri paesi europei, hanno maggiori superfici e, quindi, per essere appetibili le nostre produzioni devono presentare una peculiarità che le altre non hanno.

Un caso virtuoso di filiera

made in italyUn esempio è la filiera che seguo: quando iniziammo fummo tra i primi a partire, ma ci rendemmo conto che esistevano altre filiere con cui avremmo dovuto competere. Per tale motivo, rendemmo la nostra filiera unica: ad oggi lo è ancora in quanto, con grandi sacrifici, l’azienda che seguo certifica una pasta 100% pugliese.

Comprenderete che ciò rappresenta un costo, ripagato però dalla continua crescita del progetto che è passato dai 3.000 quintali del 2013 ai 230.000 del 2024, a dimostrazione che, laddove si esalti il “made in Italy”, si può crescere e ciò si può estendere a mille altre filiere. Perché, come amo sempre ripetere, nel campo olivicolo, ad esempio, i nostri olii,hanno profumazioni diverse a distanza di pochi chilometri e questo vale anche per il grano italiano che, ogni anno, assume profumi differenti perché è un mix di prodotti provenienti da zone differenti.

In conclusione, quindi, pur auspicando un rapido aumento del prezzo del grano con interventi strutturali che lo proteggano da speculazioni, è necessario favorire le filiere cerealicole, incentivarle e supportarle. Ciò considerando che oggi rappresentano meno del 20% del prodotto commercializzato e, invece, se si incrementassero aiuterebbero tutto il settore e, allora, avrebbe un senso anche la parola “sovranità alimentare”.

Autore: Fernando Antonio Di Chio, Area Manager Sud, SIS Società Italiana Sementi

Puoi seguirci anche sui social, siamo su Facebook, Instagram Linkedin

Iscriviti alla nostra Newsletter e al servizio Whatsapp!

Cliccando "Accetto le condizioni" verrà conferito il consenso al trattamento dei dati di cui all’informativa privacy ex art. 13 GDPR.

Informativa sulla Privacy

Informativa sulla Privacy - WhatsApp

* Campo obbligatorio