Il problema della contaminazione da metalli pesanti nella granella di frumento sta riscontrando negli ultimi anni un’attenzione maggiore da parte degli attori della filiera. In parte, la superiore considerazione per questo tema è una conseguenza dei recenti regolamenti comunitari (Reg. UE 2021/1323, ripreso dal Reg. UE 2023/915) che hanno ridotto il limite di questi contaminanti in diverse matrici alimentari, ed in particolare in riso e frumento duro, ma si inserisce nelle più generali richieste dei consumatori e, quindi, della filiera, della produzione di alimenti sempre più sicuri, soprattutto considerando le tendenze nei consumi di prodotti integrali e salutistici.
Cadmio, arsenico e piombo
Parliamo, in particolare, di cadmio, arsenico e piombo, la cui gestione, in un percorso virtuoso di miglioramento della qualità degli alimenti, richiede un contributo importante nella corretta gestione della coltivazione e della prima trasformazione e, quindi, vede come attori principali gli agricoltori e i mulini. Per il frumento, in particolare, «l’attenzione è principalmente rivolta alla presenza di cadmio nelle granelle » ci spiega Massimo Blandino, Professore Associato del DISAFA – Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari dell’Università degli Studi di Torino. «Per fare riferimento a un caso studio specifico, dal piano di autocontrollo condotto negli ultimi anni da un’azienda molitoria nazionale , è emerso come questo contaminante fosse presente in tutti i campioni analizzati, sebbene le non conformità fossero limitate a pochissimi punti percentuali».
Importanza della molitura
Il Prof. Blandino, poi, ci spiega come la molitura possa influenzare le concentrazioni nelle farine: «in uno studio su frumento tenero pubblicato nel 2018 sul Journal of Cereal Science dal nostro gruppo, abbiamo verificato come la gestione del diagramma di molitura incida tantissimo sulla distribuzione dei metalli pesanti nelle farine e nei sottoprodotti, poiché le crusche sono le porzioni della cariosside più contaminate». Ci sono, però, differenze a seconda dell’elemento che si prende in considerazione: «la distribuzione negli strati corticali è più progressiva nel cadmio, mentre arsenico e piombo sono più concentrati negli strati esterni».
La tecnica molitoria, inclusi i processi di macinazione, può quindi essere utilizzata per gestire l’accumulo dei metalli pesanti nelle farine, sebbene anche in fase di coltivazione ci siano dei fattori che ne influenzano significativamente il contenuto. «Nel nostro studio emerge come anche il genotipo, quindi la varietà coltivata, e l’ambiente possano avere un certo effetto».
Ricerca su pratiche agronomiche
Soprattutto per la produzione di farine integrali o per le filiere baby food c’è una maggiore attenzione a comprendere nei cereali quali possano essere i fattori determinanti a livello agronomico e quali pratiche si possano applicare per minimizzare il rischio, a partire dalla scelta varietale.
Il Prof. Blandino ci spiega come tanto sia stato fatto nell’ultimo decennio sul riso, mentre adesso è il momento del frumento. «E’ noto che il primo fattore ad avere effetti sulla concentrazione di metalli pesanti sia sempre la natura del terreno: areali più o meno ricchi di cadmio possono portare a maggiore o minore rischio. Anche la tecnica agronomica adottata e l’andamento meteorologico potrebbero avere un ruolo che va chiarito e confermato da ricerche scientifiche. C’è ad esempio interesse a investigare il tema delle precessioni colturali su cui si sta concentrando la nostra attività di ricerca: l’impiego di cover crop e il loro interramento, ad esempio, potrebbero avere effetti sulla mobilitazione dei metalli pesanti e, quindi, ricadute potenzialmente positive o negative sul loro accumulo in granella. I risultati sono in fase di elaborazione e avremo modo di valutarli presto».