La concimazione di pre-semina del frumento richiede oggi un equilibrio tra efficacia agronomica e sostenibilità economica. È una scelta che incide sul bilancio dell’azienda, ma anche sulla qualità finale del raccolto. Alessandro Costanzo, Key account manager di SATA, Centro di Saggio, spiega a Grano Italiano come una strategia oculata consenta di ottimizzare le risorse e migliorare la redditività complessiva della coltura.
Valorizzare i reflui per la fertilità
Nelle aziende del Nord Italia, dove la disponibilità di reflui zootecnici è maggiore, la valorizzazione di queste risorse rappresenta la soluzione più efficiente. Digestati e reflui consentono di restituire al suolo nutrienti preziosi e sostanza organica, favorendo una fertilità stabile nel medio periodo. L’impiego in pre-semina è ottimale. Dove tali risorse mancano, i concimi organici e organo-minerali restano un’ottima alternativa, garantendo un rilascio graduale di azoto, fosforo e potassio.
In contesti più vincolati — come le zone vulnerabili ai nitrati o quelle soggette a disciplinari di produzione integrata — può risultare vantaggioso orientarsi verso prodotti a basso tenore di azoto minerale, o concimi ternari NPK con azoto in forme non immediatamente disponibili. L’obiettivo è fornire alla pianta fosforo e potassio nelle fasi iniziali; l’apporto azotato può essere concentrato in occasione delle concimazioni di copertura, a partire da quella in uscita dall’inverno, che restano decisive per la qualità finale della granella.
La marginalità ridotta della coltura non deve scoraggiare investimenti mirati, come conferma Alessandro Costanzo. Una concimazione bilanciata, calibrata su analisi del suolo e obiettivi produttivi realistici, migliora il contenuto proteico, il peso ettolitrico e le caratteristiche tecnologiche del grano. Iniziare a concimare prima della semina, infatti, è una scelta che premia nel tempo e che consente di andare oltre “il minimo indispensabile” nelle rese. Contribuendo, infatti, non solo a mantenere la competitività dell’azienda ma anche a preservare la salute dei terreni, vero capitale produttivo dell’agricoltura.
Urea vietata dal 2028
A complicare il quadro sul frumento arriva, ci ricorda Costanzo, il divieto all’impiego dell’urea. Essendo una coltura non irrigua, non è agevole pilotare il rilascio e l’assorbimento da parte della pianta dell’azoto, come invece avviene in colture come il mais. Servirà, quindi, impiegare altre forme di inibizione del nutriente, cosa che avrà ovviamente riflessi importanti sui costi dei mezzi tecnici delle aziende agricole. Vedremo, a breve, quali incentivi verranno proposti dal legislatore.
Autore: Azzurra Giorgio
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