Al 13° Convegno dell’AISTEC (Associazione Italiana di Scienza e Tecnologia dei Cereali), svoltosi a Torino dal 19 al 21 giugno scorso, sono stati presentanti i risultati di uno studio mirato a comprendere le potenzialità della pasta come vettore di ingredienti funzionali. In particolare, è stata indagata la qualità di pasta a base di farine non raffinate di frumento da varietà antiche. Queste ultime, infatti, stanno suscitando un crescente interesse per la loro biodiversità, e per il loro profilo nutrizionale.
Lo studio si colloca nell’ambito del progetto OnFoods (www.onfoods.it), ed è stato realizzato dai seguenti autori: Ottavia Parenti, Camilla Cattaneo, Monica Laureati, Francesca Scazzina, Margherita Dall’Asta, Emma Chiavaro, Eleonora Carini. I ricercatori provengono:
– dall’Università degli Studi di Parma (Dip. Di Scienze degli Alimenti e del Farmaco)
– dall’Università degli Studi di Milano (Dip. Di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente)
– dall’Università Cattolica di Piacenza (Dip. Di Scienze Animali, della Nutrizione e degli Alimenti).
Al Convegno AISTEC si sono affrontati i temi dell’innovazione delle filiere produttive in termini di processi tecnologici, valore d’uso delle materie prime e dei prodotti alimentari.
Scopo e metodi dello studio
La Dott.ssa Ottavia Parenti, dell’Università degli Studi di Parma, ci spiega l’origine della ricerca. «Nella filiera cerealicola, i consumatori richiedono sempre più prodotti a base di cereali non raffinati, dati gli effetti positivi sulla salute associati al loro consumo. Inoltre, le varietà antiche di frumento stanno suscitando un crescente interesse per il loro profilo nutrizionale potenzialmente interessante. Tuttavia, i prodotti a base di farine non raffinate mostrano problematiche tecnologiche e sensoriali. Inoltre, l’impiego di frumenti antichi evidenzia problemi tecnologici, e le informazioni presenti nella letteratura scientifica su pasta ottenuta da tali frumenti e da popolazioni evolutive risultano molto limitate».
Il team di ricercatori ha messo in evidenza come, nonostante la pasta risulti un vettore ideale per ingredienti funzionali, le informazioni disponibili sulla pasta da frumenti antichi e da popolazioni evolutive siano estremamente limitate nella letteratura scientifica. Quindi, la sperimentazione ha previsto la coltivazione nella medesima annata agraria e nell’areale toscano, di diverse varietà di frumento. Due varietà antiche di frumento duro (T. turgidum) (S.CappellixSvevo, S.Cappelli), una varietà antica di T. turanicum (Khorasan), una popolazione evolutiva denominata Evoldur, selezionata dal Prof. Stefano Benedettelli dell’Università di Firenze, coltivata in due differenti aziende (Evoldur N ed Evoldur F), e ottenuta mescolando la progenie di 11 varietà siciliane di frumento duro (T. turgidum) (Russello, Ruscia, Tunisina, Scavuzza, Urria, Inglesa, Scorza Nera, Crotone, Chiattulidda e Bidì) e di 2 frumenti turanici (T. turanicum) della collezione USDA, e una varietà di frumento duro moderno (T. turgidum) (CTR).
Successivamente, la granella raccolta è stata macinata come semolato presso il Molino Angeli (Pietrasanta, LU) e utilizzata per la produzione di pasta applicando le stesse condizioni di processo dal Pastificio Fabbri (Greve in Chianti, FI). Sono stati prodotti campioni di pasta secca nel formato degli spaghetti, e tali campioni sono stati caratterizzati per le proprietà fisico-chimiche, nutrizionali e sensoriali.
Potenzialità della pasta integrale con frumenti antichi
La Dott.ssa Parenti ci illustra i risultati emersi dalle analisi effettuate sui campioni: «i dati mostrano differenze significative nella composizione chimica dei sei campioni di pasta, i quali sono risultati contraddistinti da un tenore proteico nel range di 12.8-17.8 g/100 g ss. Inoltre, lo studio ha evidenziato che la cottura ha modificato significativamente l’abbondanza relativa dei macronutrienti dei campioni di pasta. Le proprietà in cottura della pasta da varietà antiche di frumento sono risultate paragonabili a quelle del campione di frumento duro moderno e sono state inoltre quantificate le frazioni di amido lentamente e velocemente digeribili.
L’analisi di gradimento è stata effettuata da 80 consumatori. Questi ultimi hanno valutato l’accettabilità dei campioni con un metodo affettivo (condotto in accordo con il metodo standard ISO 11136:2014). Non sono emerse differenze significative in termini di gradimento tra i campioni di pasta, che sono risultati particolarmente apprezzati, ottenendo punteggi eccezionalmente alti (>70 scala VAS)».
Il team di ricercatori, dunque, ritiene che l’impiego di varietà antiche e popolazioni evolutive per la produzione di pasta da semolato abbia mostrato risultati promettenti dal punto di vista delle caratteristiche chimico-fisiche, nutrizionali, e sensoriali. La Dott.ssa Parenti, quindi, conclude: «la nostra ricerca ha evidenziato l’importanza di studiare varietà di frumento alternative a quelle convenzionali. Ciò è utile sia a salvaguardare la biodiversità del genere Triticum ma anche a promuovere la sostenibilità e la qualità nutrizionale di prodotti a base di cereali».
Autore: Azzurra Giorgio