Autorizzato per dieci anni. Dopo la decisione del 16 novembre, con cui la Commissione europea ha rinnovato l’autorizzazione del glifosate fino al 2033, è tutto a posto per il diserbante più utilizzato e discusso del mondo? Assolutamente no. Anche in Italia, bisogna ottemperare a una serie di modifiche dell’etichettatura, come quelle che riguardano le dosi e le condizioni d’impiego. Ed anche sul fronte chimico è necessario che nei prodotti in commercio non siano presenti alcune impurezze.
Problemi per il glifosate
A parte questi passaggi che riguardano solo indirettamente l’agricoltore, tuttavia, «possono sorgere delle criticità – sottolinea il malerbologo Aldo Ferrero –, in particolare quelle legate alla dose massima stabilita per gli usi in agricoltura: a conti fatti, per alcuni impieghi saranno autorizzate dosi massime pari a circa la metà di quelle che si potevano usare in precedenza. In queste condizioni, tuttavia, si incorre nell’esclusione dell’impiego del glifosate contro gran parte delle infestanti di più difficile controllo, come le specie perenni, e quindi proprio delle applicazioni agricole in cui il prodotto si rende maggiormente necessario. Mi riferisco ad esempio al controllo delle malerbe diffuse soprattutto dove si sono ridotte le lavorazioni, come nelle colture erbacee con semina su sodo, o nelle colture arboree da frutto».
Il rischio delle resistenze
«Insomma rischiano di sorgere problemi di non facile soluzione» osserva l’esperto, il quale aggiunge: «in questo quadro non dobbiamo anche ignorare il forte rischio di favorire l’insorgenza e la diffusione dei fenomeno di resistenza in molte malerbe sottoposte trattamenti con dosaggi insufficienti. E poi c’è l’eccezione delle specie invasive, per le quali è previsto un leggero aumento della dose di impiego dell’erbicida». Ferrero allarga le braccia: «Purtroppo ad oggi non è ancora nota la lista delle specie invasive cui riferirsi. C’è da augurarsi che questa venga definita a livello di singolo paese o almeno di gruppo di paesi con simili caratteristiche climatiche e agronomico-colturali, certamente non europeo. Una malerba invasiva in Germania potrebbe non esserlo in Italia e viceversa».
Autore: Paolo Viana
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