Il racconto della nascita e dello sviluppo delle prove di adattamento e resa delle varietà delle principali colture agrarie nel nostro paese arriva fino ai giorni nostri. Il contributo è del Prof. Tommaso Maggiore, Professore Ordinario di Agronomia Generale e Coltivazioni Erbacee (in quiescenza) e Accademico ordinario dei Georgofili, Firenze (nella foto), protagonista di una storia che è di fondamentale importanza per l’agricoltura italiana. In questo articolo, il racconto arriva fino ai giorni nostri e alle reti nazionali delle prove varietali.
L’importanza dei dati
Le prove di adattamento e resa non si limitavano a rilevare i dati di produzione. Vennero introdotti indici produttivi, valutazioni di stabilità e coefficienti di variabilità. In questo modo, all’agricoltore veniva data la possibilità di effettuare una valutazione complessiva del comportamento delle diverse varietà, beneficiando di una visibilità che integrava le diverse condizioni ambientali davanti alle quali si sarebbe potuto trovare nel corso della stagione. Si iniziò, poi, a pubblicare i risultati delle prove sulla stampa nazionale, portandoli concretamente nelle aziende agricole di tutto il paese.
Altro aspetto centrale era quello della sanità della coltura. Nei campi sperimentali si iniziarono a rilevare anche diffusione e intensità delle principali fitopatie, dalle ruggini all’oidio. I dati di campo, poi, nel tempo sono stati integrati con quelli derivanti dalle analisi di laboratorio sulla granella e sugli sfarinati, allo scopo di valutare la qualità tecnologica.
Nel frumento duro, il legame con la filiera industriale ha contribuito ad accelerare la diffusione delle nuove varietà . Progetti finanziati dall’industria, come quelli con Barilla o Rummo, hanno sostenuto una attenzione sempre maggiore verso la destinazione del prodotto finito e la sua qualità. Il Prof. Maggiore ci racconta come diverse esperienze di collaborazione con gruppi industriali hanno portando alla nascita di laboratori di molitura e pastificazione sperimentale, oggi diffusi come veri e propri standard per coloro che lavorano bene sulla qualità. Nel tempo, le tecnologie di rilievo si sono ulteriormente raffinate. Con l’introduzione del NIR anche sulle mietitrebbie parcellari, è possibile misurare in campo umidità, contenuto in proteine e altri parametri, avendo in mano i dati già digitalizzati. Questo consente analisi rapide e confronti immediati tra varietà.
Le prove su tutti i cereali, dal frumento al mais
Maggiore ci racconta come, tra gli anni Settanta e Ottanta, si sia dedicato ampiamente alla costruzione e definizione delle prove di adattamento e resa sulle principali colture cerealicole, non solo sul frumento ma anche sul riso e sul mais. In quest’ultimo caso, si aveva la possibilità di valutare i diversi ibridi non solo per la produzione di granella ma anche per quella di trinciato integrale. L’esperienza dello stesso Maggiore avendo visto negli Stati Uniti un abbozzo di seminatrice parcellare, ne portò gli elementi in Italia e, dopo averli adattati a una normale seminatrice ed effettuate le prime prove, si recò dalle Officine Gaspardo a Morsano al Tagliamento (PN) e insieme ad uno dei due fratelli Gaspardo costruì la prima seminatrice da parcelle portata dalla trattrice . Era il lontano 1974.
La partecipazione attiva degli agricoltori
Fondamentale, nei primi anni delle prove sperimentali era la partecipazione degli agricoltori: i campi diventavano luoghi di dimostrazione e di divulgazione di caratteristiche delle varietà e di pratiche agronomiche. Come ci racconta Maggiore, era la norma avere 300-400 persone partecipanti agli eventi di dimostrazione organizzati nelle sedi di svolgimento delle prove. Inoltre, almeno per il mais in gennaio si organizzava un convegno di una giornata dedicato all’illustrazione delle prove. Quest’anno il 50° Convegno è previsto per il 30 Gennaio.
Un sistema che resta fragile
Nonostante i progressi tecnici che si sono avuti negli anni, secondo il Prof. Maggiore il sistema delle prove di adattamento e resa resta attualmente particolarmente fragile sul piano istituzionale. «Tutte le prove di adattamento e resa ad oggi sono volontaristiche», basate su reti informali e prive di finanziamenti strutturali. Questo limita il numero di specie e di varietà testate, nonchè la copertura territoriale raggiungibile. I cereali vernini sono ancora quelli con maggior presenza sul territorio nazionale. E’ lecito però dirsi: fino a quando?
Negli ultimi anni sono mancati i tentativi di istituzionalizzazione delle prove. Anche in occasione del cinquantesimo anniversario delle reti di frumento tenero, ad esempio, si è provato a rilanciare il tema, ma senza risultati concreti. Senza un coordinamento pubblico stabile, il rischio è quello di ridurre la capacità di scelta degli agricoltori. La conclusione: senza prove di adattamento e resa solide, condivise e credibili, la scelta varietale perde fondamento. Nel frumento, come ricorda Maggiore, «senza prove non resta che parlare!», mentre l’agricoltura ha bisogno di dati per decidere.
Immagini gentilmente concesse dal Prof. Tommaso Maggiore
Autore: Azzurra Giorgio
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