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BILANCIO DEL RACCOLTO IN PUGLIA

Il racconto di una stagione complessa con il tecnico di SATA Potito Gallo

E’ tempo di fare un bilancio della stagione del frumento duro in Puglia. Le raccolte, ormai chiuse da tempo, hanno segnato la conclusione di un’ennesima annata senza acqua, questa volta con l’illusione data da poche precipitazioni, spesso a macchia di leopardo, che non sono riuscite a recuperare una crisi idrica che si fa sempre più profonda.

Non solo il frumento, ma anche le coltivazioni orticole ed arboree, sono ormai segnate da quella che è diventata una carenza strutturale della risorsa idrica: la corsa alla costruzione di pozzi e di vasche di raccolta, poi, contribuisce ad aggravare il contesto.  I casi di salinità delle acque di profondità e l’abbassamento dei livelli dei pozzi, infatti, sono segnali preoccupanti. E’ giunto il tempo del fare per le istituzioni locali, per scongiurare danni seri: al momento, però, è ancora il tempo degli annunci, come quello della derivazione dal Liscione per dare una mano alla Diga di Occhito. Vedremo cosa ne seguirà.

Una stagione complicata

Con l’aiuto di Potito Gallo, tecnico sperimentatore di SATA per la Puglia, ripercorriamo la difficile stagione del frumento duro. Già in autunno le semine sono avvenute con ritardo rispetto alle annate passate, come ci racconta il tecnico. Le operazioni sono iniziate, infatti, intorno al 20 novembre e si sono protratte per tutto il mese di dicembre quando erano arrivate alcune precipitazioni che hanno invogliato gli agricoltori a seminare. Fino a quel momento i terreni erano abbastanza aridi ed asciutti e la preparazione del letto di semina era particolarmente complicata. Chi ha fatto rotazione successivamente ad orticole come broccolo o finocchio, poi, ha proseguito con le semine del frumento per tutto il mese di gennaio.

Piana e monti: raccolto con rese molto diverse

Le condizioni successive sono state sempre caldo umide, con precipitazioni scarse nel mese di gennaio. E’ piovuto soprattutto nelle zone montane e fresche del subappennino Dauno dove, in tutta la annualità agraria, ci dice Potito Gallo, sono caduti anche 450-500 mm di pioggia. E prosegue: “nelle zone più aride e prossime al mare, invece, si sono registrati circa 200-250 mm nell’intera stagione. Anche in virtù di queste differenze, infatti, le produzioni raggiunte nei due areali sono state molto differenti”. Il tecnico ci spiega che nelle pianure, come in agro di Manfredonia e San Giovanni Rotondo, le rese sono state dai 7 ai 15 quintali/ ettaro, con picchi di 20 quintali/ ettaro nelle aziende che avevano fatto rotazione. Sui Monti Dauni, invece, si sono raggiunte rese intorno ai 30-35 quintali/ ettaro, con punte di 50 quintali/ ettaro.

Stagione accorciata dal caldo

Come ci spiega Potito Gallo, nel complesso l’annata è stata compromessa dalla siccità e da temperature che sono sempre state al di sopra delle medie stagionali a partire da gennaio-febbraio. Nonostante la carenza di precipitazioni, infatti, le temperature elevate hanno velocizzato il ciclo fenologico: in soli 20-30 giorni, ad esempio, si è passati dall’accestimento alla foglia bandiera. Anche le operazioni di raccolta sono iniziate precocemente: nelle zone aride si è iniziato a trebbiare intorno al 25 maggio, per finire nel mese di giugno sui Monti Dauni. E conclude: “possiamo dire che c’è stato un anticipo di almeno 7-10 giorni rispetto alle annate precedenti”.

C’è anche chi ha irrigato

Con queste condizioni ambientali, il tecnico di conferma che ci sono stati cerealicoltori che hanno scelto di irrigare alcuni campi in cui la risorsa idrica era disponibile. Rispetto all’annata 23-24, infatti, l’emergenza della coltura era stata buona e il grano aveva accestito bene: alcuni campi meritavano di essere irrigati. A conti fatti, però, questa scelta non è stata ripagata: con rese sui 20-30 quintali/ ettaro non si riesce a rientrare nemmeno dei costi, tra interventi irrigui e pratiche normali di coltivazione.

Foto di SATA.

Autore: Azzurra Giorgio

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