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SALUTE MENTALE IN AGRICOLTURA: SE NE PARLA TROPPO POCO

Di salute mentale e agricoltori si parla poco ma i dati sono allarmanti

La salute mentale è spesso un tabù. Se ne parla poco, soprattutto in ambito lavorativo. Ma è stato dimostrato che Il tasso di disagio psicologico degli agricoltori è maggiore rispetto alla media dei lavoratori di altri settori economici.

Il convegno

Di salute mentale si è parlato al convegno “La salute mentale in agricoltura, un tema sottovalutato”, organizzato nei giorni scorsi dall’Accademia dei Gergofili. È emerso che il tema della salute mentale è molto sentito. C’è però l’esigenza di parlarne di più.

Il convegno è stato l’occasione per ricordare che la Commissione Europea ha annunciato provvedimenti per la salute mentale degli agricoltori. Diversi Stati hanno già attivato programmi di supporto e sensibilizzazione, per ridurre lo stigma legato alla salute mentale.

Tanti gli interventi. Tra i temi affrontati, i fattori scatenanti, come sovraccarico lavorativo, isolamento, peso dei cambiamenti climatici e difficoltà economiche. Ma si è parlato anche dei carichi amministrativi che spesso compromettono la salute mentale degli agricoltori.

L’intervento di Gianluca Sotis

Particolare attenzione meritano le parole del dottor Gianluca Sotis, responsabile dell’Unità prevenzione e protezione del CNR. Sotis ha elencato i rischi psicosociali nel lavoro agricolo, come tassi di stress, ansia, burnout, depressione e suicidio. Una delle maggiori cause risiede nel fatto che l’opinione pubblica è spesso convinta che le pratiche agricole siano dannose per ambiente e animali causa alienazione negli operatori del settore.

Ma non è l’unico fattore che influenza la salute mentale.

L’insicurezza finanziaria causa incertezza: temi come la politica economica, le pressioni del mercato, l’accessibilità al credito, la riduzione del potere contrattuale sono fattori aumentano rischio di depressione e di disperazione. Dai dati raccolti si evidenzia un aumento di ansia patologica in chi effettua la conversione al biologico, legata all’instabilità produttiva e all’incertezza. In chi invece ha effettuato il passaggio da molti anni si rileva un maggiore benessere.

Sotis ha sottolineato anche il disagio proveniente dall’adozione di tecnologie digitali, che comportano un maggiore carico di lavoro mentale e una sensazione di perdita di autonomia per la dipendenza da fornitori esterni. I dati dicono che il 25% degli agricoltori è in burnout, il 20% mostra sintomi depressivi, il tasso di suicidi è del 40% superiore rispetto ad altre categorie, ma è del 100% maggiore negli agricoltori anziani.

Cosa fare per salvaguardare la salute mentale? Le risposte di Sotis sono momenti di stacco, di flessibilità lavorativa e le reti di supporto fra agricoltori.

 

Autore: Rachele Callegari

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Rachele Callegari

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