L'analisi dei mercati del frumento
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PREZZI FERMI E SENZA SPERANZE

Non si vedono possibilità di apprezzamento: : l’analisi dei listini di Milano, Foggia e Bologna

Il mercato cerealicolo internazionale vive una fase di sostanziale immobilità. I listini sono senza movimenti significativi o in lieve variazione sia per il grano duro sia per il grano tenero. In Italia prevale un atteggiamento attendista. Per tenero, i grani di forza restano ampiamente disponibili e stazionari, mentre i panificabili ed i  biscottieri registrano lievi variazioni .

Per duro, dopo i lievi cali di settimana scorsa (LEGGI), quotazioni invariate. A livello globale, l’elevata disponibilità e le prospettive di produzione in crescita, continuano a esercitare pressione ribassista. Un quadro che consolida aspettative di stabilità, se non di ulteriore indebolimento, verso il 2026, portando Cia-Agricoltori Italiani a sollecitare un intervento dell’Icqrf per verificare eventuali pratiche commerciali sleali nel mercato del grano.

OFFERTA ABBONDANTE, MERCATO SENZA POSSIBILITÀ DI APPREZZAMENTO

La settimana appena trascorsa conferma un clima di generale stabilità nei mercati del grano duro, tanto in Italia quanto nel contesto europeo e nordamericano. Le semine e i progressi colturali nelle regioni meridionali delineano una prospettiva 2026 simile a quella attuale, confermando un equilibrio produttivo che non sembra destinato a modificare le dinamiche di mercato. Gli operatori, nazionali ed europei, seguono con attenzione le nuove statistiche del raccolto canadese, ormai proiettato ben oltre 7 milioni di tonnellate. L’ampia disponibilità nordamericana ridurrà la competitività del prodotto comunitario sia in termini di export sia di prezzo alla produzione. La domanda si mantiene debole e le piazze commerciali respirano immobilismo, con il “Fino” in lieve arretramento in Spagna.

Il grano tenero mostra un andamento analogo, con abbondante offerta globale e future che oscillano senza definirsi, mentre il cambio favorevole all’euro contribuisce a un leggero indebolimento delle quotazioni comunitarie. In Italia, i fondamentali restano pressoché invariati. L’offerta di grani di forza è abbondante e adeguata a coprire completamente il fabbisogno dell’industria molitoria, mantenendo stabili le quotazioni. Leggeri movimenti a Milano per le tre classi inferiori,  panificabile, biscottiero ed altri usi, dovute ad una carenza del prodotto nazionale. I compratori, tuttavia, spesso trovano immediata sostituzione nei rimpiazzi comunitari, evitando impatti rilevanti sui prezzi.

CHIEFFO: «DOBBIAMO CERCARE ALTERNATIVE AL MERCATO ALL’INGROSSO PER POTER STARE IN PIEDI»

Donato Chieffo, rappresentante di Confagricoltura dell’ufficio zona di Ascoli Satriano, fotografa la situazione attuale spiegando: «La campagna cerealicola di quest’anno si presenta complessa e carica di incertezze. I dati diffusi dal Canada, una produzione record oltre sette milioni di tonnellate, hanno già iniziato a incidere in maniera significativa sull’andamento del mercato europeo e, di riflesso, su quello italiano. Qui a Foggia il grano duro viene attualmente quotato intorno ai 29 €/q, un valore sensibilmente inferiore rispetto a quelli registrati negli ultimi due o tre anni e al di sotto dei costi di produzione. Le prospettive nel breve periodo non sono incoraggianti: l’abbondanza di produzione nei Paesi esportatori, come Canada e Kazakistan, tende a comprimere i prezzi e condizionerà inevitabilmente anche le quotazioni del prossimo anno. Non vedo, al momento, margini per un miglioramento significativo.

Per quanto riguarda le mie scelte aziendali, manterrò più o meno le stesse superfici a grano duro, pur avendo negli anni ridotto la semina di questo cereale a favore di rotazioni più ampie. Una parte della superficie sarà investita con il grano duro Cappelli, una varietà antica legata a una nicchia di mercato, che consente almeno di fissare un prezzo certo. Si tratta però di una soluzione non replicabile su larga scala, perché le nicchie hanno capacità limitate. Riguardo alla maggior parte delle filiere, ritengo siano la strada giusta ma in molti casi le condizioni contrattuali rendono l’agricoltore la parte debole.

Parlando delle recenti proposte, l’idea di un prezzo unico nazionale potrebbe essere condivisibile solo se tenesse conto delle enormi differenze produttive tra Nord e Sud. In Emilia-Romagna producono 50-60 q/€, in Sicilia 25-30. Con un prezzo uguale per tutti, il Sud, cuore della cerealicoltura della Penisola dai tempi dei romani, rischierebbe di non coprire nemmeno le spese. Inoltre, ritengo sia importante che le borse merci locali mantengano una loro funzione, essendo presidio di territorialità e partecipazione di tutti i portatori d’interesse.»

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