Le informazioni che arrivano dai campi del frumento tenero sono abbastanza chiara: raccolto scarso ma buono. «Si registrano produzioni più basse, con un calo di un 15%-20% rispetto alla media storica, ma con una buona qualità» dicono i sindacati ai giornali, in Emilia-Romagna: qualità eccellente, in particolare per quanto riguarda il peso specifico, ma non si arresta il calo della Produzione lorda vendibile con prezzi di listino che si confermano sostanzialmente simili a quelli dell’anno scorso, appesantiti però da costi di produzione superiori. «A trebbiatura pressoché conclusa – spiega alla Gazzetta di Parma il presidente regionale di Confagricoltura, Marcello Bonvicini le rese si attestano mediamente sui 50-60 quintali a ettaro, registrando un calo percentuale complessivo del 20%, con l’Emilia che va peggio della Romagna. Il grano diventa così una coltura a rischio perché non dà reddito». La Plv regionale scende ulteriormente, seguendo il trend negativo già registrato nel 2024: – 8,9% per il tenero; – 8,3% per il duro. «Purtroppo – aggiunge Bonvicini al giornale – mentre i mulini e i pastai riescono ad acquistare un prodotto di alta qualità a prezzi risicati, gli agricoltori chiudono il bilancio in perdita accentuando la disaffezione verso la coltura».
I CAMPI SI RESTRINGONO IN EMILIA
Solo nell’ultimo anno, infatti, gli ettari investiti a grano tenero in regione sono diminuiti dell’11,5%. La campagna del grano era iniziata male fin dal principio, accusando ritardi nelle semine autunnali e difficoltà pratiche nella coltivazione dovute all’eccesso di pioggia. Poi il maltempo in primavera aveva rallentato le concimazioni complicando tutte le operazioni in campo. In questo scenario sono lievitati i costi dei mezzi tecnici, nello specifico i fertilizzanti azotati fondamentali per lo sviluppo della spiga, tra cui l’urea che è il più importante. «E siccome piove sempre sul bagnato – conclude Bonvicini – all’orizzonte ci aspetta anche il divieto assoluto di impiego dell’urea nel Bacino Padano a partire dal 1° gennaio 2027, come previsto dalla bozza del nuovo Piano nazionale per la qualità dell’aria. Sul mercato non ci sono alternative valide». Il clima impatta anche sulla produzione di grano con le stime della trebbiatura al ribasso rispetto alla media produttiva, seppur in aumento nel confronto con un disastroso 2024, caratterizzato da una gravissima siccità nelle regioni del Sud, a partire dalla Puglia, il “granaio d’Italia”. «Anche nella nostra provincia – comunica il direttore di Coldiretti Parma Marco Orsi, intervistato dal giornale di Parma – le imprese agricole hanno dovuto fare i conti con gli effetti del clima. La campagna produttiva del frumento tenero e duro appare preoccupante sul fronte quantitativo, ma molto soddisfacente su quello qualitativo. Si registrano, infatti, produzioni più basse, con un calo di un 15%-20% rispetto alla media storica, ma con una buona qualità». Secondo la stima di Consorzi Agrari d’Italia, il grano tenero a livello nazionale segnerà una produzione che dovrebbe arrivare sotto i 2,5 milioni di tonnellate. Per il grano duro, ci si dovrebbe attestare trai 3,7 e i 4 milioni di tonnellate.
PIEMONTESI SODDISFATTI MA I PREZZI…
Spostandoci in Piemonte, anche ad Alessandria c’è soddisfazione per i risultati sul campo. Paola Sacco, imprenditrice agricola tra Tortona, Pontecurone e Rivanazzano e presidente di Confagricoltura Alessandria, alla Stampa dice: «La trebbiatura è conclusa da settimane ed è andata bene. Nessun anticipo anomalo, buone rese e ottima qualità. Il clima ha favorito una maturazione graduale». Ben diversa la situazione dello scorso anno. «Un disastro, le piogge continue avevano impedito le semine nei tempi corretti e molti trattamenti fitosanitari non furono eseguiti. Ne uscì una produzione scarsa e di bassa qualità». Ma l’annata negativa ha insegnato molto: «Oggi non si può prescindere da almeno due trattamenti fitosanitari. Se il grano si ammala, la produzione crolla o scompare». Ma l’ottimismo per i risultati agronomici si scontra con una realtà economica difficile. «I costi di produzione restano elevati, dall’energia ai fertilizzanti. E con i dazi su Russia e Bielorussia, i fertilizzanti azotati rischiano di diventare ancora più rari e cari». Il problema è il prezzo di vendita: «Veniamo da una stagione commerciale debole e con molta produzione disponibile non ci sono segnali di rialzo. I margini sono bassi».
(Immagine generata con il supporto dell’intelligenza artificiale)