Gli agricoltori ci confermano una riduzione anche drastica delle superfici destinate a frumento
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FRUMENTO SI, FRUMENTO NO: COSA SI SEMINA AD ALESSANDRIA

Quanto frumento si è deciso di seminare quest’anno? Ne abbiamo parlato con tre cerealicoltori della provincia di Alessandria

Dopo la denuncia di CIA Alessandria sulle riduzioni delle superfici destinate a frumento tenero, raccolta con l’intervista a Paolo Viarenghi (leggi l’articolo), abbiamo proseguito la nostra indagine nel territorio alessandrino. Gli agricoltori ci confermano una riduzione anche drastica delle superfici seminate a frumento, in particolare tenero, se non per motivi legati a vincoli regolamentari per impegni presi precedentemente.

Riduzione drastica

Agrisolero

Davide Sartirana, di Agrisolero, dirige un’azienda di 400 ettari coltivati a cereali, mais e frumento, e pomodoro da industria a Solero (AL): quest’anno ha deciso per una riduzione drastica delle superfici dedicate al frumento: da 150 ettari della campagna precedente, è sceso a 20 ettari nelle semine dell’autunno 2023. Come ci spiega, «il motivo principale è legato ai prezzi di vendita e ai costi dei mezzi tecnici» e prosegue: “presumo che nel 2024 i costi dei mezzi tecnici, concimi e mezzi per il diserbo, scenderanno ma, avendo seminato nello scorso autunno, ho scelto di non esagerare con le superfici». Davide Sartirana conclude: «le superfici che non abbiamo destinato a frumento quest’anno sono dedicate a sorgo da trinciato e girasole».

Più duro che tenero

Massimo Ponta coltiva a Rivarone (AL) oltre 90 ettari a cereali a paglia (tra cui frumento e orzo), soia, pisello proteico, colza e pomodoro da industria: «quest’anno ho invertito le proporzioni del frumento, seminando solo 10 ettari con tenero e 15-16 ettari con duro: le motivazioni sono legate ai prezzi. Per il duro i costi di produzione sono leggermente superiori ma in questa zona la qualità è buona, possiamo sostenerli». Per la campagna di quest’anno Massimo Ponta ha molte incertezze, soprattutto sull’andamento meteorologico, e prosegue: «il problema sono sicuramente i prezzi, determinati dal mercato mondiale, che da almeno due mesi sono fermi. La situazione è critica, i costi si sono ridotti ma non hanno certo raggiunto i livelli precedenti al conflitto in Ucraina. Lo scorso anno ho venduto frumento a 22-23 €/ kg, l’anno precedente vendevo a 38€/ kg…». E conclude: «A questi prezzi, soprattutto chi deve sostenere anche costi di affitto, non ci sta dentro: pensiamo poi che il mercato del credito è un disastro, con tassi che hanno raggiunto livelli davvero elevati».

Vincoli comunitari

Roberto Gavio

Abbiamo sentito anche Roberto Gavio che coltiva 50 ettari a cereali foraggeri ad Oviglio (AL): «quest’anno ho mantenuto circa il 35% delle superfici coltivate a frumento tenero: noi siamo vincolati dai regolamenti comunitari e dobbiamo mantenere una certa proporzionalità, anche se un raccolto non ci convince completamente dal punto di vista economico». Roberto Gavio, che fa parte della Commissione Prezzi della Camera di Commercio locale, prosegue ricordando che «il tema costi è importante: se li confrontiamo con le entrate c’è da essere demoralizzati. Si sono ridotti di pochissimo mentre i prezzi pagati all’agricoltore sono sproporzionati: in particolare, è la distribuzione del valore all’interno della filiera che è completamente squilibrata. Pensiamo che noi riceviamo 0,20€/ kg e il nostro prodotto, trasformato in pane, ad esempio, viene pagato dal consumatore 4-5€/ kg. Al di là di tutto, non c’è più equilibrio nella distribuzione del valore nella filiera».

Autore: Azzurra Giorgio

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