Il divieto di uso dell’urea e l’aumento dei dazi sui fertilizzanti in arrivo da Russia e Bielorussia potrebbero creare molti disagi agli agricoltori
I fatti
Il Piano di azione nazionale per il miglioramento della qualità dell’aria, attualmente sul tavolo del Consiglio dei Ministri”, vorrebbe vietare in toto dal 1° gennaio 2027, l’uso dell’urea, il fertilizzante azotato più diffuso nell’area della Pianura Padana. Al posto dell’urea, si propone di incentivare l’impiego di fertilizzanti organici (digestato agrozootecnico e agroindustriale, reflui zootecnici e biochar) e fertilizzanti chimici alternativi. A questo, si somma il voto del Parlamento europeo che solo pochi giorni fa aumentato del 50% i dazi su alcuni prodotti in arrivo da Russia e Ucraina, fra cui i fertilizzanti, dal mese di luglio.
Le preoccupazioni di Confagricoltura
In una nota, Confagricoltura ha espresso la sua preoccupazione per l’esito del voto del Parlamento europeo relativo alla modifica dei dazi sulle importazioni di fertilizzanti da Russia e Bielorussia. In questo modo, evidenzia la Confederazione, non si tiene conto delle criticità evidenziate dagli agricoltori e si rischia di aggravare ulteriormente le difficoltà delle imprese europee del comparto.
Pur condividendo gli obiettivi generali della misura, in particolare il rafforzamento della sicurezza alimentare e la spinta alla diversificazione delle fonti di approvvigionamento, Confagricoltura ribadisce l’urgenza di integrare il provvedimento con misure correttive che tengano conto dell’attuale contesto economico, ambientale e produttivo. In particolare, è necessaria una revisione graduale del sistema dei dazi, affinché la transizione verso una minore dipendenza dalle importazioni non penalizzi il settore primario europeo, già fortemente colpito dall’instabilità dei mercati e dall’aumento dei costi di produzione.
«Le imprese agricole – aggiunge il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti – hanno bisogno di risposte adeguate anche alla luce delle decisioni che si stanno assumendo a livello nazionale per il miglioramento della qualità dell’aria. Il rischio concreto è che il settore primario si trovi ad affrontare norme difficilmente applicabili».
Giusta la proposta, sbagliati i tempi
«Condividiamo l’obiettivo di ridurre le emissioni di ammoniaca nell’atmosfera, ma con i giusti tempi – spiega Antonio Boselli, presidente di Confagricoltura Lombardia – e, soprattutto, superando i limiti imposti dalla direttiva nitrati. Siamo sicuri poi che l’urea sia davvero maggiormente inquinante rispetto ad altri fertilizzanti chimici?».
«I tempi sono troppo stretti e non abbiamo alternative valide – avverte Boselli – Per l’agricoltura lombarda e della pianura Padana in generale sarebbe una complicazione molto grave, perché allo stato attuale delle cose l’urea è un fertilizzante indispensabile. Non è possibile riorganizzare la filiera in così poco tempo».
Per non parlare della questione costi, già alti senza il previsto aumento dei dazi: «È stato calcolato che i fertilizzanti alternativi comporteranno costi maggiori per le aziende rispetto all’Urea, il cui costo è già salito del 15% all’inizio di quest’anno. Si parla di almeno 150 euro per ettaro in più. La bozza del Piano cita possibili compensazioni economiche, ma senza entrare nel dettaglio. Chiediamo, quindi, di aprire un dialogo sui tempi e sugli incentivi per arrivare gradualmente al divieto dell’urea davvero pronti e senza gravi danni alle imprese agricole» conclude il presidente di Confagricoltura Lombardia.
Il messaggio è chiaro: occorre valutare anche la fattibilità in termini e modalità per non rischiare di lasciare gli agricoltori privi di strumenti indispensabili prima che siano pronte le dovute alternative.
Autore: Rachele Callegari
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