chimica tenero
Home » MAGGIORE RACCONTA IL TENERO FINO AGLI ANNI ’80

MAGGIORE RACCONTA IL TENERO FINO AGLI ANNI ’80

Dal 1935 agli ultimi anni del ‘900, prosegue il racconto del grano tenero

Prosegue il ciclo di interviste sulla storia del frumento in Italia con il Prof. Tommaso Maggiore, già Professore Ordinario di Agronomia Generale e Coltivazioni Erbacee e Accademico ordinario dei Georgofili, Firenze (nella foto). In questo articolo ci racconta di cosa accadde dal periodo bellico in avanti, fino allo sviluppo dell’industria della chimica per l’agricoltura. (Leggi l’intervista sulla Battaglia del grano).

chimica teneroCosa successe nel 1935?

Nazareno Strampelli ricevette per conto dell’Istituto di Genetica per la Cerealicoltura una donazione dalla contessa Lidia Caprara, vedova del Conte Giangiacomo Morando Bolognini  a Sant’Angelo Lodigiano, allora in provincia di Milano oggi di Lodi,  consistente nel Castello Visconteo (foto in alto) con i beni ivi contenuti e di circa 500 ettari di terra tutto intorno. La contessa, che continuava a villeggiare  nel castello, istituì una Fondazione con il nome del marito. Strampelli accettò la Fondazione e costituì in loco una Fitotecnica (così denominava le Sezioni periferiche), lasciando la gestione a un Amministratore e a uno sperimentatore con funzioni di Direttore. Durante la guerra il direttore fu  Cirillo Maliani che era anche direttore della Fitotecnica di Badia Polesine. Io stesso sono stato Direttore della Fondazione tra il ’72 e l’ ’80.

La Fitotecnica avviò, sin dalla sua costituzione, una vasta sperimentazione e l’attività di miglioramento genetico. Poi, nel ’42, Strampelli morì e bisogno attendere la fine della guerra per un nuovo direttore. Strampelli stimolò altri ricercatori al miglioramento genetico, direttamente e indirettamente suoi allievi quali per citare i più noti: Cirillo Maliani, Mario Bonvicini, Marco Michahelles, Alberto Trentin, Enrico Avanzi, Roberto Forlani, Alviero Dionigi, che con le loro costituzioni diedero una certa risonanza anche a livello mondiale.

Dagli anni ’50, quali altri risultati si ebbero in termini di ricerca varietale?

chimica teneroA Sant’Angelo Lodigiano interessante fu il lavoro del Prof. Forlani, nominato da Carlo Jucci (primo vero genetista italiano) Commissario dell’Istituto di Genetica per la Cerealicoltura di Roma. Forlani, autore di  un interessante libro dal titolo “Il frumento” (nella foto), era noto a Jucci per i suoi lavori di miglioramento avviati a Parma nell’ambito dell’attività presso il Consorzio Agrario. Forlani era particolarmente interessato agli incroci interspecifici. Utilizzò Aegylops ovata, graminacea prativa molto vicina al frumento e dotata di grande resistenza al freddo, in incroci con frumento tenero. Per la  riproduzione dell’incrocio era necessario eseguire trattamenti con  colchicina e, una volta fatto, permise di creare una serie di linee tra le più resistenti al freddo (Forlani, San Marino…) che, però, non ebbero gran successo.

Purtroppo, nel 1953 Forlani morì, gli successe Rusmini che continuò il lavoro del predecessore, costituendo una serie di varietà che hanno avuto un loro periodo di interesse, come il Demar 4. Negli anni ’70 il crescente interesse per la qualità panificatoria fece avviare alla Sezione di Sant’Angelo Lodigiano dell’Istituto di Cerealicoltura (Direttore Dott. Basilio Borghi) un programma teso ad ottenere varietà di alta qualità, basandosi sulla selezione precoce e utilizzando test qualitativi su piccoli campioni di seme. Il risultato più evidente fu il rilascio della varietà Salmone avente caratteristiche qualitative simili al Manitoba e derivata dall’incrocio Bezostaja 1 x Glutinoso S15.

Nel frattempo, ci saranno anche delle influenze estere…

No, non ancora…c’è una forte azione di Federconsorzi e un dominio dei Consorzi Agrari nella diffusione delle sementi. I singoli consorzi, ad esempio di Piacenza o Milano, avevano veri e propri piccoli stabilimenti di selezione sementiera ed erano attive società sempre appartenenti alla Federconsorzi come la SIS di Bologna e la Polesana Sementi di Badia Polesine o la Produttori Sementi della Cassa di Risparmio di Bologna, ma anche tanti privati  sementieri locali, come a Sant’Angelo, stimolato dalla Fitotecnica certo Roderi. Si pensi che la legge sementiera è del ’72. Ed  è sicuramente questa che ha stimolato metodi di conservazione in purezza e di riproduzione più attenti ed atti a garantire una migliore qualità della semente all’operatore agricolo.

C’erano varietà prese dall’estero e testate in Italia?

In quel momento non c’era nulla e non c’erano sementieri interessati ad entrare in Italia. I grani del sud della Francia avevano performance peggiori dei nostri, gli spagnoli non avevano nulla da offrire, i materiali dei tedeschi e degli inglesi non erano adattabili ai nostri ambienti. Poteva essere utilizzato  del germoplasma estero che serviva per fare incroci, questo sì. Abbiamo visto l’impiego del grano russo Bezostaja 1. Rusmini cominciò a fare una serie di varietà interessanti, sempre di bassa taglia, più resistenti al freddo, qualitativamente accettabili e migliori di San Pastore. Contemporaneamente Maliani, prima di andare a Roma a Federconsorzi, aveva convinto il vescovo di Vicenza a costruire a Lonigo l’Istituto di Genetica Nazareno Strampelli, dove si iniziò a impostare una sperimentazione con un minimo di statistica, fatta correttamente.

Cosa nacque da Lonigo?

A Lonigo ci si occupava di frumenti teneri: qui nacque la serie L ( Lonigo, Leonardo, Leone, Lepre, Lupo, Lontra, Libellula, Lince, Lama, Lucciola, in corsivo sono indicate quelle che hanno avuto maggiore fortuna) sotto la spinta di Trentin, giovane che aveva studiato con Todaro a Bologna  e che era stato responsabile della Fitotecnica di Montagnana (PD), in periodo bellico dove  lavorava sui frumenti teneri oltre che sull’erba medica e sulla soia. Trentin, inoltre, partecipò attivamente alla costruzione della legge sulle sementi, avendo acquisito anche esperienza da sementiere alla Polesana Sementi di Badia Polesine. I positivi risultati conseguiti solo qualche anno dopo la costituzione dell’Istituto si giustificano con il fatto che erano stati trasferiti programmi già avviati in altre sedi e, in particolare, nelle Fitotecniche di Montagnana e Badia Polesini e ciò vale non solo per il frumento, ma anche per l’erba medica (La rocca) o la soia

Quali sono i problemi principali del sistema di quegli anni?

Non c’era poi una grande evoluzione, poiché mancava connessione tra i diversi livelli della filiera così come la conoscenza da parte del grande pubblico; non c’erano soggetti che facevano prove di adattamento e resa e non si analizzavano i materiali con raffinatezza per determinare la destinazione produttiva. Questo comportava difficoltà per i mulini per creare le miscele e adattarle alle diverse tipologie di pane che erano molto specifiche, territorio per territorio. L’industria non faceva pressioni né dava indicazioni, non possedeva neanche dei laboratori per le analisi chimiche e reologiche dei materiali.

Cosa accadeva, invece, dal lato dell’industria chimica fornitrice di mezzi tecnici?

Richiederebbe molto tempo il soffermarsi sull’industria dei fertilizzanti e sulle azioni educative, e talora diseducative (ad es. consigliare l’impiego dei concimi complessi in copertura al frumento!); e, quindi, sorvoliamo. Il ruolo dell’industria chimica ebbe inizio con i diserbi già negli anni ’60: si iniziò con i prodotti per le infestanti a foglia larga, sparirono fiordalisi e papaveri dai campi, ma non c’erano ancora i graminicidi, quindi lolium e alopecurus o avena fatua, ad esempio, presero il sopravvento.
Una vera azione coordinata dell’industria chimica sulla granicoltura si ha  tra la fine degli anni ‘70 e i primi anni ’80, quando con Bayer Italia fui alla guida del “progetto grano”. In quel momento Bayer iniziava ad avere più prodotti, non solo diserbanti, ma anche fungicidi, per difendere la coltura. Incrementando la concimazione azotata avevamo, infatti, maggiore pressione di alcuni patogeni come il  fusarium: controllarlo voleva dire incrementare la resa, quindi c’era interesse.

Bayer disponeva in tutto il Nord Italia di circa 100 tecnici fitoiatri molto esperti di orticole e frutta, che andavano accompagnati a lavorare sui cereali. Quindi, durante l’inverno, per più anni  avevo impostato un percorso di formazione a Sant’Angelo Lodigiano, poi con la primavera abbiamo iniziato una serie di attività e prove nei campi della Val Padana, dal Piemonte al Friuli comprendendo tutta la Valle Padana in circa 80 aziende in ognuna dei quali si disponava una superficie di 6-10 ettari, considerando gli ambiento come ripetizioni. L’operazione è proseguita per 3 anni di fila, nei primi anni ’80, con risultati eccellenti in termini di incremento di resa e di qualità del prodotto.

Quali le acquisizioni principali?

Sostanzialmente: l’impiego corretto dei  fungicidi allora disponibili, ma usavamo anche il Cicocel per abbassare ulteriormente la taglia, visto che arrivavamo a concimazioni azotate di una certa consistenza. Partivamo sempre con 500 semi germinabili per m2, stimolavamo l’accestimento con l’azoto distribuendone circa 1/3 all’accestimento, gli altri 2/3 alla levata, con dose in funzione della produzione attesa. I risultati furono molto soddisfacenti. Facevamo visitare i campi prova a gruppi di agricoltori.

Quanto i cerealicoltori hanno seguito questo percorso?

Pian pianino si è proseguito perché nel Nord Italia altre società hanno fatto come Bayer. Si avevano risultati ottimi anche per l’introduzione di nuovi prodotti, si pensi, ad esempio, che avevamo iniziato ad avere gli afidicidi sistemici in quegli anni.

Cosa è rimasto?

I prodotti sono cambiati praticamente tutti: variazioni sono avvenute nelle malattie, anche come ceppi di patogeni, e allo stesso tempo si sono perfezionate le tecniche e i prodotti. Una serie di prodotti, poi, non è più autorizzata, con le difficoltà correlate. Dobbiamo poi pensare che i prezzi del prodotto finale, ovviamente, giustificavamo l’operazione, in termini di redditi per gli agricoltori.

L’esperienza con Bayer, comunque, fu un’operazione interessante, non tanto dal punto di vista scientifico, ma in termini di approccio al territorio: era servita, in primo luogo, a preparare 100 uomini che, poi, erano pronti e attivi sul tema grano. Inoltre, si sono creati mezzi e strumenti utili nella gestione e nell’assistenza agronomica, si sono diffuse nozioni fondamentali sulla concimazione e sul rilievo delle malattie.

Fonte immagini: Prof. Tommaso Maggiore

Autore: Azzurra Giorgio

Puoi seguirci anche sui social, siamo su Facebook, Instagram Linkedin

Iscriviti alla nostra Newsletter e al servizio Whatsapp!

Cliccando "Accetto le condizioni" verrà conferito il consenso al trattamento dei dati di cui all’informativa privacy ex art. 13 GDPR.

Informativa sulla Privacy

Informativa sulla Privacy - WhatsApp

* Campo obbligatorio