Con questo articolo termina il ciclo di interviste sulla storia del frumento in Italia con il Prof. Tommaso Maggiore, già Professore Ordinario di Agronomia Generale e Coltivazioni Erbacee e Accademico ordinario dei Georgofili, Firenze (nella foto). Arriviamo ai giorni nostri, con una considerazione del Professore sullo stato della ricerca sul grano tenero nel nostro paese e sulla necessità di comunicare più sulle micotossine e sfruttare l’opportunità delle TEA. (Leggi il racconto fino agli anni ’80).
Ci fa un cenno alla sua storia professionale?
Appena laureato, nel ‘62, sono stato assunto da Eridania Zuccherifici Nazionali per andare a Foggia ad impostare la coltivazione della bietola a semina autunnale, quando si stava costruendo lo stabilimento, insieme a due periti agrari. Fui molto fortunato e mi riuscì un’operazione brillante, utilizzando per la diffusione della coltura i contoterzisti romagnoli e emiliani che allora operavano le motoarature nel tavoliere Dauno. Realizzai, con l’aiuto del Prof. Manfredi (allora Ordinario di Meccanica Agraria della Facoltà di Agraria di Padova), un Centro di Meccanizzazione Bieticola per aiutare con l’esempio gli agricoltori a operare. Andai via da Eridania dopo 2 anni, avendo vinto un concorso come ricercatore al Ministero dell’Agricoltura che mi inviò alla Stazione chimico-agraria-sperimentale di Udine. Nel ’66, avendo vinto, primo in graduatoria, un concorso come Ispettore Agrario, ritornai a Piacenza dove avevo studiato.
Arrivato all’Ispettorato, fui assegnato all’azienda sperimentale Vittorio Tadini di Gariga di Podenzano che trasformai e avviai all’attività sperimentale. Poi, per diverse vicende, mi spostai con Bayer in Sicilia per attivare un Laboratorio atto a studiare l’eventuale fitotossicità degli antiparassitari in ambienti caldi. Finita questa esperienza, nel ’69 andai come ricercatore a Pontecagnano a costruire l’Istituto sperimentale di orticoltura (Direttore Prof. Angelo Bianchi) e, poi, nel ’72, pur garantendo la mia saltuaria presenza a Pontecagnano, mi spostai a Bergamo presso la Sezione dedicata alla maiscoltura dell’Istituto sperimentale per la Cerealicoltura (dove il Prof. Bianchi si era, nel frattempo, trasferito). In quel periodo, il sabato e la domenica mi sono occupato della Fondazione Morando Bolognini di Sant’Angelo Lodigiano e di sistemare alcune Sezioni da Bergamo a Sant’Angelo, da Foggia a Catania.
Poi, negli anni ’80…
Nel 1981, pur continuando a seguire alcuni programmi a Bergamo, mi spostai come Direttore di Sezione all’Istituto sperimentale per le colture foraggere di Lodi. Nel 1973 fui chiamato a insegnare all’Università degli Studi di Milano per il Corso di laurea di Produzioni Animali presso la Facoltà di Medicina Veterinaria (1. Agronomia Generale, 2. Coltivazione e conservazione dei foraggi) fino al 1985, quando mi trasferii come Prof. Ord. di Agronomia Generale e Coltivazioni Erbacee alla Facoltà di Agraria, lasciando ovviamente tutti gli altri incarichi. Presso la Facoltà di Agraria sono stato anche Direttore dell’Istituto di Agronomia, Direttore del Dipartimento di Produzione Vegetale, Presidente dei Corsi di Laurea in Scienze Agrarie del vecchio Ordinamento e Direttore dei Corsi di laurea triennale e magistrale di Produzioni Vegetali.
Tornando al grano tenero, quali iniziative più recenti delle istituzioni italiane sono degne di nota?
Un’azione interessante per il frumento tenero è stata quella svolta nel 2023, al Ministero dell’Agricoltura, festeggiando i 50 anni della Rete Nazionale delle prove varietali, prove che ad oggi sono puro volontariato… Dapprima le costruimmo sul frumento duro con Basilio Borghi, ma già nel ’73 eravamo partiti col tenero. I primi tempi furono di grande cambiamento: ci attrezzammo con seminatrici da parcella, comprammo tutte le attrezzature e cominciammo a fare le prime prove di tipo territoriale, facendo un minimo di rete. Impostammo le prove sperimentali con un certo rigore, anche con l’obiettivo di analizzare la qualità. Cominciammo, quindi, a fare le analisi qualitative e, negli anni ’80, eravamo muniti di laboratori chimici e tecnologici adeguati.
Negli anni ’80 iniziano ad arrivare i materiali esteri?
A metà degli anni ‘80 cominciano a introdursi i materiali esteri, in particolare francesi, ma anche tedeschi: perché Florimonde Desprez, KWS e altre aziende ottengono materiali adatti al nostro paese, anche da varietà che non performavano nei loro ambienti. Altre società entrano per colture diverse ma, poi, si espandono anche sul frumento, sia tenero che duro.
Chi chiede alla ricerca di lavorare in quel periodo?
Le sementiere non avevano grandi mezzi e attrezzature per fare breeding. Il nostro lavoro di ricercatori creava le basi su cui le sementiere costruivano, si pensi al lavoro di Borghi, Boggini e altri che a Sant’Angelo, per esempio, hanno influenzato fortemente il mercato distinguendo le diverse qualità del frumento tenero: di forza, panificabile superiore, panificabile, biscottiero e zootecnico.
Si cercava, almeno per il grano tenero da parte pubblica, di non costituire varietà, ma di stimolare i sementieri con materiali di base a costituire loro le varietà; solo in pochi casi si è avuta risposta (Produttori Sementi di Bologna, SIS di Bologna, Apsov di Voghera), altri non rispondevano. Per il grano duro, invece, molto è stato costituito dal pubblico (si pensi alla serie Val, a Creso e Tito, per passare a Ofanto e finire con Simeto).
Che tipo di input o di indicazioni arrivavano da grandi gruppi come Barilla alla ricerca?
A differenza del frumento duro, sul tenero non si avevano stimoli dall’industria, al massimo potevano provenire da qualche mugnaio intelligente, magari stimolato dal cliente. Ad esempio, ad oggi, un certo tipo di GDO è in grado di acquistare in funzione della tipologia di pane che fa perché ha volumi importanti. Ancora oggi i panettieri locali discriminano poco il prodotto in arrivo dai mulini. Per non parlare di quelli che a, caccia dell’antico, dicono di fare pane di grande qualità utilizzando San Pastore!!
Tirando le fila: adesso come è organizzata la ricerca sul tenero in Italia?
Adesso non c’è, in pratica… ci sono solo le prove sperimentali della Rete Nazionale, gestite dal CREA di Vercelli… Sant’Angelo Lodigiano è stato chiuso, non c’è nient’altro.
Questa scelta è legata al fatto che non abbiamo spazi di crescita come cerealicoltura del tenero sul mercato?
Anche se non ci fosse spazio di crescita, dovremmo avere un minimo di ricerca per capire almeno, se non altro, la qualità di cosa arriva in Italia. Altrimenti non siamo in grado di fare assolutamente nulla… Come miglioramento genetico, nel pubblico, c’è un ricercatore che afferisce al settore zootecnico del Crea che si trova a Lodi che si sta occupando di monococco, ma niente altro.
Certamente, dal punto di vista agronomico, rispetto all’epoca Draghettiana, si è precisata meglio la concimazione azotata: quantitativi, modi di interventi, fino ad arrivare a come modificare il contenuto proteico per agire sulla qualità e la destinazione delle farine.
Quando si è iniziato a parlare di micotossine?
Si è iniziato a parlarne veramente negli anni ’90: i primi progetti fatti sono stati sul mais per cui c’era un maggiore interesse, soprattutto quando c’erano gli OGM che le escludevano; poi siamo passati al frumento. Ad oggi le analisi sul frumento sono meno strutturate rispetto a quelle per il mais, ma ce ne sono. Sarebbe un lavoro da sviluppare: queste sono le vere cose da dire al consumatore…
Infine, speriamo di poter lavorare con le TEA per migliorare non solo questi aspetti, ma anche quelli fungini e degli stress abiotici e che non si avveri il vecchio proverbio che “chi di speranza vive, disperato muore”!!
In alto, foto di archivio: laboratori del CREA di Foggia
Autore: Azzurra Giorgio
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