Mauro Tonello è un cerealicoltore di grande esperienza che lavora a Mezzogoro (Ferrara). Da sempre impegnato nella Coldiretti, in questi giorni ha lasciato la SIS di Bologna per presiedere BF agroindustriale. Ha accettato di fare un bilancio della sua attività, che unisce il grano e il riso. Iniziamo col dire che il suo arrivo ai vertici della Società sementiera, ormai dieci anni fa, non fu un fulmine a ciel sereno. La società sementiera è una creatura dei consorzi agrari dalla sua stessa fondazione, nel 1947. Tra gli anni Settanta e Ottanta è cresciuta e, quando arrivò Tonello, a dirigerla era Claudio Mattioli. A quell’epoca la SIS aveva già un catalogo importante, soprattutto nel settore cerealicolo. Sotto la presidenza Tonello avvennero alcuni investimenti importanti, sia perché aumentarono la capacità produttiva e di stoccaggio, sia perchè portarono a una riorganizzazione dell’attività, con la creazione di un polo sementiero nazionale costituito da diversi centri produttivi ubicati in diverse regioni d’Italia. Fino all’accordo, lo scorso anno, con Eni Natural Energies (ENE), società controllata da ENI, che è entrata nel capitale sociale al fine di potenziare l’attività nelle produzioni agro- energetiche. Un’alleanza nel segno della diversificazione, che ha portato qualche anno prima i consorzi agrari a impegnarsi nell’acquisizione e nella gestione di Bonifiche Ferraresi. Tonello lascia Sis per andare a presiedere BF Agroindustriale, la divisione operativa della holding agricola più importante del Paese, nonché l’unica quotata in Borsa. Gli succede Marco Granelli. Ecco come Tonello ci racconta la sua esperienza.
Quando arrivò in Sis, che situazione trovò?
Fui nominato presidente alla fine del 2015 e devo dire che la situazione aziendale era già ben articolata e rispondeva alla linea della proprietà, quella di sostenere una ricerca esclusivamente italiana e all’avanguardia, senza concessioni agli ogm, che allora erano molto più diffusi di oggi. Lavoravamo sui cereali a paglia che era il nostro core business e in quel settore la SIS era tra le prime se non la prima società sementiera. Insomma, un gioiellino, che godeva già di una grande autorevolezza e serviva sia i consorzi agrari che i privati.
Quale linea ha impresso?
Ho seguito, insieme al Cda e alla dirigenza, la linea condivisa da tutti che era quella di dedicare maggiore attenzione ai contenuti salutistici e ambientali delle varietà selezionate, senza sacrificare l’aspetto produttivo. Incombeva il cambiamento climatico e fu un’intuizione importante.
Una intuizione declinata anche a livello di compagine societaria…
Abbiamo investito sul ricino e su altre colture dirette all’industria dei biocarburanti e la nostra attività è stata notata, con l’ingresso successivo di Eni nel Cda. Prima ancora però è entrata Bonifiche Ferraresi. Intanto il fatturato cresceva: da 20 a 120 milioni. Puntiamo ai 200 per fine 2025.
Cosa cambia diventando grandi?
Non perdiamo il faro della qualità e di un certo tipo di qualità, questo è certo. La linea dal genoma alla tavola – ispirata dai consorzi – resta un punto di riferimento delle politiche aziendali.
Ci parli del Senatore Cappelli, una delle operazioni più riuscite. Che bilancio ne fa?
Lo fanno i numeri: l’abbiamo preso a 300 ettari e sono più di diecimila. Ciò è stato reso possibile dal supporto della scienza: gli studi del policlinico Gemelli hanno permesso di isolare e recuperare a livello di breeding le caratteristiche salutistiche che fanno grande questa varietà e che stiamo cercando di trasferire in altre varietà di grano. La scienza dimostra che è l’ingrediente indispensabile per una pasta digeribile anche da chi è sensibile al glutine.
Quali altri investimenti hanno fatto la storia della SIS?
Credo sia stata e sia importante la politica delle filiere innovative, l’impegno sul termotrattamento del seme che permette di abbattere la chimica in campo e massimizzare la produzione. Quest’anno tutte le sementi SIS di riso saranno termotrattate per esempio. E poi c’è il breeding che ha dato grandi soddisfazioni: siamo riusciti a migliorare il Volano con il Volta e il Vialone con lo Stradivari. Offriamo sementi che sopportano la salinità…
Quale eredità lascia al suo successore?
Forse il più importante è quello delle filiere organizzate con Bonifiche Ferraresi. Quella dell’itticoltura ha già portato nelle risaie da cui proviene il riso venduto da Lidl – 700 ettari – due milioni di avannotti. Riporteremo anche le tinche che erano sparite dalle nostre risaie, e le stesse rane, che approfondendo le scoline hanno ritrovato il loro habitat. Quanto al grano stiamo lavorando sulle piante impollinatrici e che catturano carbonio, da coltivare in rotazione. Dal genoma alla tavola, passando per l’ambiente: la rotta resta quella.