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FRUMENTO RIGENERATIVO: COS’E’

Cosa vuol dire applicare le pratiche rigenerative nel frumento: lo scopriamo con Marsilea

Cosa vuol dire coltivare il frumento con pratiche rigenerative? Queste non riguardano solo difesa o concimazione: il vero cuore del sistema, infatti, sono rotazioni, lavorazioni conservative e coperture vegetali. Ne abbiamo parlato con Tommaso Gaifami (nella foto), dottor agronomo e fondatore di Marsilea srl, che da anni accompagna le aziende nella transizione verso sistemi rigenerativi basati sui principi dell’agroecologia.

Rotazioni rigenerative: nutrizione naturale, meno patogeni e più qualità

La rotazione è la pratica alla base dell’agricoltura rigenerativa e influisce su resa, qualità e stabilità del sistema. Una rotazione tipo consigliata da Tommaso Gaifami si articola su 4 anni di coltivazione e potrebbe comprendere:

  1. Leguminosa (favino, cece, pisello proteico, lenticchia);
  2. Frumento autunno–vernino;
  3. Oleaginosa primaverile (girasole, colza, lino);
  4. Cereale rustico autunno–vernino (farro, segale).

    Le leguminose fissano l’azoto nel terreno, e l’alternanza di famiglie diverse riduce la pressione di infestanti e patogeni e rende resiliente il sistema. Inserire frumento dopo una leguminosa permette una nutrizione più equilibrata e una qualità proteica superiore, riducendo gli input azotati esterni.
    In caso di ristoppio, laddove l’avvicendamento non fosse possibile, il suolo è necessariamente più impoverito. In questo caso, diventano fondamentali concimi organici e microrganismi che accelerano la degradazione della paglia, riducendo anche il rischio di diffusione di inoculi di funghi patogeni. In caso di indisponibilità di reflui zootecnici, si possono impiegare compost o concimi organici pellettati, ad esempio.

Lavorazioni conservative: meno disturbo, più fertilità

Le lavorazioni rigenerative si basano sul minimo disturbo e sul suolo sempre strutturato. Le minime lavorazioni entro 10–15 cm di profondità, effettuate con attrezzi che lavorano in verticale senza rivoltare gli strati, preservano porosità, stabilità degli aggregati e vita microbiologica.
Ridurre l’inversione degli orizzonti pedologici significa:
– minore ossidazione della sostanza organica;
– migliori capacità di infiltrazione e ritenzione idrica;
– riduzione di infestanti e malattie legate a squilibri del terreno.
In ambienti dove l’erosione e il compattamento sono problemi ricorrenti, questo approccio migliora resilienza, crescita del frumento e risposta agli stress climatici.

Bulatura: la copertura vivente che rigenera il terreno

Tra le tecniche rigenerative più interessanti illustrateci da Tommaso Gaifami c’è la bulatura, ovvero la trasemina di trifoglio, o anche di erba medica, tra le file del frumento.
Alla trebbiatura del frumento il trifoglio è già sviluppato e offre numerosi benefici:
– mantiene il suolo coperto, evitando erosione e dispersione di CO₂;
– crea un microclima favorevole alla microbiologia;
– migliora ritenzione idrica e struttura;
– fornisce azoto naturale per la coltura successiva.
Il trifoglio, poi, può essere utilizzata come foraggio, sovescio o come coltura da seme. È una pratica applicata storicamente che consente di anticipare la semina della leguminosa, risparmiando un anno di coltivazione, evita che il suolo rimanga nudo e contribuisce a rendere più stabili rese e qualità nel lungo periodo.

Alcuni esempi di bulatura del trifoglio

Foto di Tommaso Gaifami.

Autore: Azzurra Giorgio

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