Siamo tornati in Sicilia, dopo diverso tempo, in un periodo dell’anno che vede la conclusione della stagione delle semine di frumento e dei cereali autunno-vernini. Questa volta facciamo tappa in provincia di Catania, sulle pendici dell’Etna. Abbiamo parlato del futuro della Sicilia con con Gerardo Diana, cerealicoltore e agrumicoltore che gestisce una azienda con 30 anni di storia alle spalle. Gerardo Diana ci ha presentato una situazione ancora difficile per il frumento, invocando la necessità di dialogo tra gli operatori della filiera e dell’intervento delle istituzioni per porre le basi per un futuro più solido per la cerealicoltura siciliana.
Gerardo Diana, quest’anno ha seminato frumento?
«Per questa stagione ho deciso di seminare solo 25 ettari di grano duro, nell’ambito di una superficie a seminativi di circa 100 ettari: purtroppo ho operato una scelta di contrazione delle superfici destinate a grano per il timore che, anche quest’anno, non ci fosse stata pioggia a sufficienza. Poi, in effetti, le piogge sono arrivate…ma nella scorsa stagione, per la prima volta dal 1996, non abbiamo raccolto nulla in tutti i dedicati a frumento duro, nonostante avessimo concimato e diserbato.
Erano ormai due anni che non pioveva e le temperature erano molto elevate, anche a causa di venti caldi dal Sud: la situazione era drammatica. La poca acqua che avevamo a disposizione è stata destinata agli agrumeti che occupano circa 70 ettari: produciamo arancia rossa di Sicilia IGP per cui, considerata la nostra catena di distribuzione, dobbiamo garantire una certa qualità e pezzatura dei frutti e dobbiamo irrigare».
Quali strumenti avete avuto a disposizione qui in Sicilia per ridurre i danni da siccità?
«Purtroppo le polizze assicurative non erano una opzione: la siccità era ormai un evento certo, già ad inizio stagione, quindi non è stato possibile stipulare alcun contratto con le compagnie assicurative. Solo un provvedimento della Regione Sicilia ha offerto un contributo per dare ristoro agli agricoltori danneggiati: si parla di circa 100€ ad ettaro, un boccone di pane ma, almeno, è qualcosa. AGEA, ad esempio, non ha ancora versato il saldo dei premi spettanti a noi agricoltori della Sicilia: sarebbe ragionevole poterli versare velocemente, almeno nelle Regioni che hanno subito gravi danni come la Sicilia e l’Emilia Romagna (quest’ultima a causa delle alluvioni).
Purtroppo il sistema assicurativo, per come è strutturato al momento, non funziona. Anche Agricat non ha dato benefici…finora i contributi degli agricoltori sono stati versati ma non si sono ricevuti indennizzi. Dal punto di vista tecnologico, poi, le polizze parametriche non sono ancora diffuse ma potrebbero essere utili: se si considera il caso delle piogge, ad esempio, ormai esse si verificano in zone molto circoscritte e, nel raggio di pochi chilometri, le differenze negli eventi atmosferici sono rilevanti».
Il mercato, poi, non ha aiutato…
«Certamente…con i prezzi del grano così bassi non vale la pena neanche investire con irrigazioni di soccorso per salvare il raccolto, in particolare se si hanno altre colture irrigue a cui dedicare l’acqua, come è il mio caso con gli agrumi. Il valore del grano duro, anche quello da seme, è ancora molto basso: pensi che due anni fa vendevo il mio grano a 33 centesimi. Infatti, anche se il nostro mercato è considerabile una nicchia, è comunque correlato a quello del grano tenero e delle commodity. Inoltre, con i cambiamenti climatici che sono una realtà ormai tangibile, il nostro prodotto è coltivato anche al Nord con rese ben più elevate: bisogna fare i conti anche con questa evoluzione della competizione nella cerealicoltura».
L’intervista a Gerardo Diana proseguirà domani.
Foto di Gerardo Diana.
Autore: Azzurra Giorgio
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