Anche le aziende agricole che producono rifiuti pericolosi sono obbligate ad iscriversi al RENTRI (Registro Elettronico Nazionale per la Tracciabilità dei Rifiuti), in base a quanto stabilito dal Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 152/2006) e dal D.M. 59/2023 che dettano la tracciabilità digitale dei rifiuti speciali. Nonostante i nuovi obblighi, il legislatore ha considerato di mantenere alcune semplificazioni per le aziende agricole che, insieme alla facilità d’uso del sistema informatico, potrebbero rendere “indolore” questo passaggio. Cerchiamo di capire meglio cosa significa, anche con l’aiuto di Daniele Botti, Direttore di CIA Novara, Vercelli, VCO.
RENTRI: di cosa parliamo?
Quando parliamo di rifiuti pericolosi prodotti dalle aziende agricole, ci riferiamo ad una ampia varietà di casi tra cui possiamo annoverare, ad esempio, fitofarmaci esausti, oli lubrificanti contaminati, batterie esauste, così come la maggior parte dei rifiuti sanitari zootecnici quali siringhe, aghi, guanti monouso, contenitori di farmaci scaduti o residui, garze, ecc. prodotti in allevamenti o nell’ambito delle pratiche di cura degli animali.
Se una azienda agricola genera rifiuti pericolosi nella sua attività, è obbligata ad iscriversi al RENTRI, indipendentemente dal numero di dipendenti. In questo caso, dovrà tenere il registro digitale di carico e scarico ed emettere un Formulario di Identificazione Rifiuti (FIR) in formato elettronico.
E se non produco rifiuti pericolosi?
Nel caso in cui l’azienda non produce rifiuti pericolosi, non vi è obbligo di iscrizione (in questo caso si parla di imprese agricole ai sensi dell’art. 2135 del Codice Civile, agroindustriali, della silvicoltura e della pesca). L’iscrizione per questi soggetti è facoltativa e le tempistiche dipendono dal numero di dipendenti: per le aziende da 11 a 50 dipendenti, il periodo di iscrizione era dal 15 giugno 2025 al 14 agosto 2025; per quelle fino a 10 dipendenti, il periodo di iscrizione sarà dal 15 dicembre 2025 fino al 13 febbraio 2026.
“Nuova incombenza”
Daniele Botti, Direttore di CIA Novara Vercelli VCO, raggiunto al telefono, ci da qualche dettaglio in più per comprendere gli impatti che l’obbligo di iscrizione a RENTRI può determinare sulle aziende agricole. “Certamente” ci dice “si tratta di una nuova incombenza di cui sono caricati gli agricoltori; sono, però, da sottolineare anche una serie di aspetti positivi che non vanno a ridurre la complessità dell’obbligo”.
In primo luogo, ci spiega, vi è il fatto che per le aziende agricole è stata mantenuta la semplificazione esistente dal 2015, quella per la quale non vi è obbligo di tenere il registro dei rifiuti e di procedere alla compilazione del MUD. Inoltre, ci confermo Botti, la procedura informatica di iscrizione è particolarmente semplice e, agli agricoltori, è richiesta solamente la necessità di essere in possesso dello SPID.
Il nodo dei costi
“Resta, però, un nodo” ci dice Daniele Botti, probabilmente la criticità maggiore di questa novità. Per quegli agricoltori che effettivamente producono rifiuti pericolosi, infatti, è fondamentale selezionare un fornitore qualificato che, possibilmente, segua l’azienda agricola con una certa continuità. Questo consente all’azienda di rispettare non solo gli obblighi di legge, ma anche quelli dettati dalla Condizionalità per coloro che ricevono i contributi della PAC.
Come ci conferma Botti, questo servizio ha un suo costo ma il mercato offre numerose opportunità e, quindi, gli agricoltori hanno la possibilità di scegliere il fornitore migliore e, eventualmente, contenere i costi. Considerando una azienda zootecnica media del Novarese, ad esempio, i costi del servizio di ritiro rifiuti pericolosi potrebbero aggirarsi intorno ai 500 euro all’anno. Questa novità, quindi, sembra potersi configurare come un “passaggio indolore” per le aziende agricole.
Autore: Azzurra Giorgio
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