Il Durum day quest’anno ha suonato campane a morto per la produzione di frumento duro ma ha anche lanciato un appello per la ricerca. La durogranicoltura – dopo essere arrivata nel nostro Paese ad un importante miglioramento della resa e dell’attitudine pastificatoria – in questi ultimi anni si è trovata ad affrontare scenari più complessi, sia per la crescita dell’impatto dei cambiamenti climatici (alte temperature, precipitazioni anche intense, ma intervallate da lunghi periodi senz’acqua), sia per la diversità di scelte del consumatore e di sistemi colturali possibili. Questo il quadro di partenza secondo il Crea. Ma tutta l’assemblea foggiana, svoltasi a Foggia giovedì, ha sottolineato che le aziende cerealicole hanno bisogno di stabilità di produzione e qualità che possono venire solo dalla genetica e da strumenti di difesa che riescano a coniugare agricoltura e ambiente.
ECCO COSA FA LA RICERCA PER IL GRANO DURO
Al Durum Day si è parlato di seme, fungicidi e Tea
L’ha detto Assosementi: «le aziende sementiere italiane forniscono inoltre un importante contributo alle sfide della filiera del grano duro grazie al costante impegno in innovazione» ha detto Andrea Demontis, Presidente della Sezione Costitutori. «Da sempre siamo in grado di offrire varietà performanti e sostenibili e in questo senso l’impiego delle Tecniche di Evoluzione Assistita potrà aprire scenari sempre più interessanti. Il nostro auspicio è che le istituzioni proseguano il percorso già iniziato negli ultimi mesi accelerando la fase di verifica in campo».
L’hanno detto anche le multinazionali. «Con il programma CerealiAmo – ha spiegato Mirko Guarise di Corteva – abbiamo raccolto la sfida della sostenibilità: oggi forniamo alle aziende Arylex (Zypar) per controllare il papavero resistente, Inatreq contro al septoria e poi BlueN che stimola la pianta a sfruttare l’azoto, limitando gli apporti». Guarise ha raccontato che Corteva ha scelto di sviluppare questi prodotti in Italia e di avere un team di tecnici in loco, perché «il digitale è importante ma poi bisogna andare in azienda, bisogna tornare in campo». Stefania Meloni, di Basf, ha detto invece che la società tedesca ha investito 900 milioni in innovazione ma è preoccupata perché in Europa il cammino delle Tea è lento e non si vuole riconoscere una protezione ai brevetti: «Se non si protegge l’investimento non ci sarà investimento, il quadro regolatori ci sta inchiodando» ha commentato.
Le Tecnologie di evoluzione assistita possono servire – ha detto il direttore del Crea cerealicoltura Nicola Pecchioni – per caratterizzare l’agrobiodiversità coltivata del grano duro e identificare il ruolo che le diverse varianti genetiche hanno sui caratteri importanti per la produzione, come, per esempio, quelle che regolano le fasi del ciclo del grano, le resistenze a tre diverse specie di ruggine (malattie fogliari del grano) la pigmentazione della granella per lo sviluppo di alimenti funzionali: tutte individuate e pubblicate in riviste scientifiche internazionali.
Si sta già sequenziando il codice di quelle varietà che hanno fatto la storia del miglioramento genetico, tra cui la varietà Cappelli. Il risultato sarà il pangenoma, cioè un atlante per studiare e caratterizzare su scala globale le variazioni genetiche alla base delle differenze tra le diverse varietà e specie. Tappa precedente al pangenoma, la revisione “platinum” del genoma sequenziato del grano duro. Approfittando di tecnologie di sequenziamento di lunghe molecole di DNA, l’assemblaggio è risultato più accurato e completo. All’interno del consorzio, il CREA cerealicoltura di Foggia ha individuato tra i network di interazione tra le migliaia di geni del grano, un cosiddetto “master regulator” fondamentale per la resistenza a siccità, un gene chiave che a cascata ne regola altri, che a loro volta, ne regolano molti altri. Sono questi i geni sui quali al CREA sono applicate le TEA o Tecnologie di Evoluzione Assistita, mediante la generazione di piccole, ma mirate varianti, che modulano l’espressione e quindi l’efficacia dei geni di resistenza agli stress e, così facendo, aumentano la sostenibilità di coltivazione dei nuovi genotipi. Importanza cruciale per l’innovazione assumono, poi, le informazioni di tipo digitale sulle caratteristiche del suolo e del grano.
Grazie alle informazioni raccolte da satellite e a quelle raccolte in prossimità, hanno spiegato i ricercatori CREA, è possibile oggi sviluppare modelli predittivi di resa, programmi di miglioramento genetico, gestione tempestiva e mirata delle operazioni agronomiche. Applicando le tecnologie digitali al miglioramento genetico, il CREA di Foggia ha sviluppato modelli mediante tecniche di machine learning ed intelligenza artificiale, per predire diversi caratteri tra cui la durata delle fasi del ciclo di vita del grano, l’altezza, la biomassa e la resa, aggiungendo uno strumento agli altri già disponibili per costituire nuove varietà. Al CREA si realizzano anche mappe di umidità dei suoli nelle zone di coltivazione del grano, tramite immagini da satellite e validazione sul campo, e recentemente è stato completato con successo il progetto AdP4Durum, finanziato dalla Regione Puglia, che ha reso disponibili le tecnologie della agricoltura di precisione alle aziende cerealicole specializzate.