Torniamo sul tema del glifosate, per approfondire come usare il prodotto, in particolare in condizioni limitanti. Abbiamo già affrontato il tema in un articolo precedente nel quale, con l’aiuto del Prof. Aldo Ferrero dell’Università di Torino. Qui abbiamo introdotto la molecola, i principi che ne regolano l’autorizzazione e gli impieghi all’interno dei sistemi colturali erbacei che includono la coltivazione del frumento. Leggi l’articolo (prima parte e seconda parte).
Il glifosate è un erbicida ad azione totale appartenente alla famiglia delle glicine, inserito nel gruppo 9 (G) della classificazione HRAC. Il prodotto agisce inibendo l’EPSP sintasi, un enzima presente soltanto nei vegetali, siano essi piante annuali e poliennali, erbacee e legnose. In questo articolo affrontiamo, nuovamente con il supporto del Prof. Aldo Ferrero, quali sono le condizioni limitanti l’impiego del glifosate nei sistemi colturali erbacei e come, nelle situazioni più critiche, si possono affiancare delle strategie alternative e coadiuvanti. Chiudiamo, poi, l’articolo con una sintesi delle norme di impiego del principio attivo nei disciplinari di produzione e difesa integrata di tre grandi regioni italiane produttrici di frumento: Emilia Romagna, Lombardia e Puglia.
Prof. Ferrero, in presenza di condizioni che limitano l’efficacia del glifosate, quali sono le strategie utili?
«Per una più completa azione nei confronti delle specie poliennali o difficili si rendono necessari interventi integrativi meccanici (sfalci, lavorazioni del terreno) o chimici (es. con 2,4 D, dicamba, in presenza di specie a foglia larga)».
Quali sono le situazioni più critiche?
«Considerata la frequente presenza di specie poliennali di difficile controllo, particolarmente critica potrebbe risultare la gestione delle malerbe nei sistemi conservativi, dove la semina delle colture viene eseguita su terreno non lavorato».
Quali alternative sono possibili?
«In queste condizioni, le alternative all’impiego del glifosate, con risultati non sempre soddisfacenti, sono essenzialmente limitate all’applicazione di pochi prodotti a specifica azione nei confronti di malerbe graminacee o a foglia larga oppure alla semina di specie gelive, in grado di chiudere il ciclo prima dell’inverno (es. rafano americano, trifoglio incarnato) o di altre specie (es. veccia), da terminare con interventi meccanici».
E’ importante ricordare che il glifosate deve essere impiegato in modo corretto per avere l’efficacia richiesta, oltre che per evitare l’insorgenza di resistenze. Nel nostro paese, infatti, si sono manifestati fenomeni di resistenza soprattutto da parte di Lolium spp. e Conyza spp., in maniera occasionale anche in Eleusine spp. su colture arboree e in casi di semina su terreno non lavorato. Per ridurre i fenomeni di resistenza, è fondamentale adottare pratiche gestionali corrette come l’alternanza dei principi attivi e l’impiego di erbicidi non specifici. In questo quadro è indispensabile anche ricorrere a tutti gli strumenti agronomici e meccanici che consentono di limitare la diffusione di semi e propaguli di malerbe maggiormente esposte al rischio di sviluppare resistenze, ad esempio effettuando sfalci prima che le infestanti vadano a seme.
L’analisi sull’uso del glifosate nella coltivazione del frumento in Italia proseguirà domani con un focus sulla difesa in produzione integrata.
Autore: Azzurra Giorgio
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