Il grano duro è in difficoltà: la coltivazione è sempre più sottoposta alla pressione della instabilità meteorologica, nelle ultime annate sempre più evidente, ma anche alle stringenti richieste della filiera produttiva. Ne abbiamo parlato con il dott. Michele A. De Santis, ricercatore presso il Dipartimento DAFNE (Department of Agriculture, Food, Natural resources and Engineering) dell’Università di Foggia (UNIFG).Vediamo quali sono le evidenze di questa vulnerabilità, in particolare nell’areale foggiano, e quali strategie possono rivelarsi vincenti.
Il dott. Michele A. De Santis (nella foto) è socio di AISTEC, Associazione Italiana di Scienza e Tecnologia dei Cereali (www.aistec.it), partner di Grano italiano.
In che modo la variabilità meteorologica recente sta mettendo in difficoltà le coltivazioni di frumento duro?
L’Italia rappresenta il principale produttore europeo di frumento duro nonché il secondo a livello mondiale, dopo il Canada. La produzione è concentrata tipicamente nelle regioni del centro e, soprattutto, sud Italia, caratterizzato dal tipico clima mediterraneo, con temperature miti durante la maggior parte del ciclo colturale e precipitazioni tipicamente concentrate durante i mesi invernali. In realtà, negli ultimi anni ciò che si è osservato è una crescente instabilità degli andamenti termo-pluviometrici. Difatti, questa instabilità è motivo di drastiche conseguenze a livello di rese e qualità delle produzioni stesse.
Quali problematiche ci sono state nell’areale foggiano?
Prendendo come caso studio la provincia di Foggia, il maggiore areale produttivo nazionale (circa il 10% della produzione italiana) si è passati da un’annata agraria 2022/2023 con oltre 450 mm di pioggia durante il ciclo colturale, a circa 150 mm nel 2023/2024. A ciò si associa il fatto che le precipitazioni complessive, seppur in media non diminuite nel rispetto alla tendenza climatica, sono sempre più concentrate in un breve lasso di tempo. Si osservano, pertanto, precipitazioni violente ed agronomicamente poco utili, alternate a periodi più lunghi di deficit idrico. E la situazione in regioni come la Sicilia è ancora peggiore. Infatti, per la prossima campagna il rischio è che eventuali prossime precipitazioni autunnali non sufficienti a ripristinare le riserve idriche del suolo incoraggino le semine, senza garanzia di avere “benzina” sufficiente per garantire un raccolto accettabile.
La pressione sui cerealicoltori, però, viene anche dalla filiera…
Certamente la filiera è sempre più esigente dal punto di vista della programmazione della quantità e, soprattutto, qualità della produzione. Tale variabilità inter-stagionale rappresenta una sfida importante da affrontare. Ad esempio, nelle annate più siccitose, da una parte si osserva generalmente un maggiore accumulo di azoto nella granella e, dunque, un più alto tenore proteico; dall’altra si osserva un minor accumulo di amido con ripercussioni nel peso ettolitrico e nella qualità molitoria in generale.
Con il grano duro in difficoltà: quali strategie possono rappresentare una soluzione?
Sicuramente un approccio agronomico integrato ad una mirata scelta varietale ed all’uso di moderne tecnologie di monitoraggio dello status vegetativo delle colture (precision farming, DSS) rappresenta una necessità più che un’opzione d’uso.
L’intervista proseguirà domani, con un approfondimento sulle tecniche agronomiche che possano massimizzare il successo.
Autore: Azzurra Giorgio
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